Enzo D’Errico | 11.06.1996 | Se n’ e’ andato a morire nell’ isola che gli aveva dato il nome. E adesso affiora dal mare come la carcassa d’ una vecchia balena: la fiancata sinistra, dipinta di blu elettrico, risplende sotto il sole, mentre la chiglia azzurrina sfiora il pelo dell’ acqua. Guardandosi intorno, nessuno direbbe mai che, appena un paio d’ ore prima, su quelle timide onde increspate dal vento s’ e’ posata la morte, cancellando la vita di quattro persone. E’ bastato un attimo per trasformare l’ aliscafo “Procida”, un “monocarena” di 170 tonnellate gioiello della compagnia privata Snav, in una trappola per topi. Fluttuando a vista nella fitta foschia del primo mattino, l’ imbarcazione ha virato improvvisamente a destra cozzando contro la scogliera del porticciolo turistico. L’ urto e’ stato terribile: la carena s’ e’ squarciata come una scatoletta e dalla falla una valanga d’ acqua e’ piovuta sui 162 passeggeri, travolgendo chi non ha avuto la forza di mettersi in salvo. A morire, infatti, sono stati i piu’ anziani, quelli che forse non sono riusciti a sgomitare nella ressa e si sono arresi al destino. Rosa e Letizia Cardito erano due sorelle procidane: la prima, a 75 anni, campava con il marito centellinando una magra pensione; la seconda, un’ insegnante elementare di 62 anni, avrebbe presto lasciato la scuola dopo una vita spesa fra i banchi. Stavano andando a Napoli per una visita ortopedica: da giorni, infatti, Rosa camminava a fatica ed aveva chiesto alla sorella di accompagnarla da uno specialista. Quando il mare ha cominciato ad insinuarsi nella falla, Letizia ha cercato di trascinarla via. Inutilmente, pero’ . I loro cadaveri sono stati ripescati, pochi minuti dopo, accanto al relitto. Susanna Bello, una crocerossina milanese di 70 anni, e’ morta insieme al marito Sergio Gallina, un medico di 78 anni originario di Vigevano: tornavano a casa dopo una breve vacanza ad Ischia. L’ aereo delle 10.15, che avrebbe dovuto riportarli a Linate, e’ partito senza di loro. Sono rimasti incastrati fra i sedili dell’ aliscafo. Susanna aveva la gola serrata dal filo di un salvagente. Il maresciallo della guardia costiera, Vincenzo Vitiello, l’ ha trovata cosi’ quando, primo tra i soccorritori, si e’ immerso nei saloni dell’ aliscafo allagati. “Aveva la testa bloccata sotto il sedile e le gambe che dondolavano in alto cullate dalla marea . racconta .. Ho provato a tirarla su da solo, ma non ce l’ ho fatta. L’ abbiamo identificata grazie ad una piastrina d’ oro che le pendeva dal collo. Riconoscere il marito, invece, e’ stato piu’ difficile. Portava una vera nuziale con su inciso: “Mario 4.3.1919″. E questo ci aveva messi fuori pista”. Ma il bilancio della tragedia si spinge oltre. Nell’ impatto con la scogliera sono rimaste ferite 110 persone: per 28 di loro s’ e’ reso necessario il ricovero per fratture, mentre gli altri se la sono cavata con un bel po’ di spavento e qualche graffio. Resta tutto da scrivere, invece, il capitolo delle responsabilita’ . I sommozzatori dei vigili del fuoco hanno notato una gomena avviluppata all’ elica destra del motore: la fune potrebbe aver bloccato le pale determinando la brusca virata che ha scaraventato l’ aliscafo sugli scogli. Ma non si escludono le ipotesi di un’ improvvisa avaria o di un errore di manovra provocato dalla nebbia. L’ inchiesta giudiziaria, affidata al sostituto procuratore Luciano D’ Emmanuele, dovra’ fare luce. Una cosa, pero’ , e’ certa: Vincenzo Castagna, il sessantatreenne comandante del “Procida”, non era un pivello. Da 16 anni solcava lo stesso tratto di mare per otto volte al giorno. A meno di non pensare ad una leggerezza causata dalla “routine”, riesce difficile immaginare che abbia commesso un errore tanto banale: lo assicurano gli amici e gli stessi dirigenti delle capitanerie di porto di Napoli e Procida. Ma allora cosa e’ accaduto ieri mattina? Proviamo a ricostruire i fotogrammi della tragica sequenza. L’ aliscafo parte da Ischia alle 7.20 e fa scalo a Procida dieci minuti dopo. Cielo e mare si confondono nell’ impenetrabile coltre di foschia che ammanta la zona. Due traghetti della Caremar restano agli ormeggi: non si vede un accidenti ed e’ meglio non rischiare. Alle 7.50, invece, l’ imbarcazione della Snav abbandona il porto e punta la prua verso Napoli. Vira a destra per aggirare un paio di gozzi fermi in rada, ma la sterzata all’ improvviso si fa troppo brusca e sospinge l’ aliscafo contro la scogliera. Il “Procida” s’ avvita su se stesso per due, tre volte, poi s’ inabissa in pochi istanti. Il boato giunge fino al molo, dove decine di pescatori e villeggianti si lanciano nelle barche e corrono a prestare soccorso. E’ una scena da apocalisse. A cinquanta metri dalla spiaggia, decine e decine di persone si dibattono tra i flutti: chi prova a fuggire nuotando, chi s’ aggrappa a quel che trova in acqua, chi urla disperatamente. Ma, per quattro di loro, il mare e’ gia’ un sudario che avvolge di morte un’ estate appena sbocciata.
corriere della sera
Ricordo molto bene quel giorno anche io mi trovavo a bordo del monocarena Procida.Menomale che il mare era calmo anche se c’ era una nebbia fitta.