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TGPROCIDA

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DROGA: UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA

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Lug 3, 2014

Sebastiano Cultrera | Nella nostra tranquilla isoletta succedono cose che ci fanno pensare che non siamo, poi, così tranquilli. L’accertamento di un giro acclarato di spaccio di droga e, prima, di morti sospetti, forse riconducibili allo stesso fenomeno, ci fanno pensare.

Rispetto a questi temi, tuttavia, sta vincendo l’ipocrisia, il girarsi dall’altro lato, anche (e specialmente) da chi è coinvolto fino al collo.  L’ipocrisia è, però, l’antidoto alla consapevolezza, è la barriera che si frappone, troppo spesso, ad una franca riflessione che affronti, alla radice, questi drammi. E la consapevolezza è necessaria premessa alla soluzione del problema.

L’amico, direttore di questa testata scrisse anni fa una accorata lettera alla madre di una vittima della medesima piaga: l’ho riletta pubblicata in una edizione de “Il Golfo” di 20 anni fa.  Era una dolce lettera ad una madre provata dal dolore, un bel messaggio pieno di spiritualità, ma non priva di spunti analitici e critici. In particolare proponeva un dubbio: sul ruolo delle agenzie educative, della scuola, della famiglia, della parrocchia, delle istituzioni, dei media e della società in genere. Quindi, nella puntale analisi, concludeva sulla necessità di “ritrovare la bussola, oramai persa”: e intendeva la bussola del Bene, della Verità, della  condivisione dei problemi, della Misericordia!

Temo che quella bussola, in questi anni, non si sia più trovata. Abbiamo continuato, nelle piccole e nelle grandi cose, a credere in una società isolana che non esiste più, in un modello che una volta ha funzionato, ma che (forse malauguratamente) è stato superato dai tempi. Certamente il modello di società del passato aveva un suo equilibrio: ma, ora che si dissolto (per molteplici ragioni), non c’è nulla di peggio che volerne tenere in piedi il feticcio. Così è il trionfo dell’ipocrisia. Non abbiamo bisogno di un intimo e indisturbato raccoglimento una volta all’anno, magari il Venerdi Santo: abbiamo bisogno invece di urlare tutto il nostro malessere, condividere i disagi personali, familiari e di gruppo. Per scioglierci nella consapevolezza del Perdono, della Conversione, nella dolcezza della Misericordia, nella Forza della Speranza!

Mai più ipocrisia!

Basta guardarsi attorno: le famiglie sfasciate non si contano più, la scuola è sempre più autoreferenziale, e gli altri riferimenti per i giovani vivono momenti di incertezza.

Non è in piedi un disegno educativo consapevole e non è scandaloso dire che, allo stato, la società procidana (e parlo di noi adulti principalmente) non è all’altezza delle domande dei giovani: in particolarmente delle domande che i giovani NON ci fanno.

“La vera educazione deve essere un’educazione alla critica” diceva don Luigi Giussani. Il nostro compito è quello di dare ai nostri giovani gli strumenti giusti, a partire dalla Verità, strappando i veli delle ipocrite convenienze del momento. Dal “rischio” del confronto con l’ambiente circostante si genera la personalità di chi è educato: questa è la chiave del “Rischio Educativo”, che mette però in gioco, criticamente e clamorosamente, anche chi si propone come educatore, e, in genere, il contesto della società tutta.

Solo quando saremo pronti, come persone e come collettività, a questa profonda trasformazione potremo, insieme ai nostri figli, cercare la bussola, e magari, ritrovarla!

4 commenti su “DROGA: UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA”
  1. Arriva l’ estate e l’ unica cosa che la gioventu procidana puo fare e buttarsi a mare o nei bar e sale giochi, nessuno s’ interessa per il canottaggio, per la vela per il diving tutte cose per ora ancora possibili…. ma quanto ancora nel disinteresse generale, tanto tempo fa si poteva fare windsurf e altro ora non e rimasto niente buttarsi a mare e fare la doccia ecco cosa offre procida, e i ragazzini che fanno vela alla lega quando poi sono bravi devono smettere perche secondo le mamme d’ inverno fa freddo!!!! e gia i poveri bambini che poi sono gli stessi che senza interessi sfrecciano in moto per le strade e affollano i bar e sale giochi……non possono neache piu farsi un giretto con il gozzo con la ragazza senza il rischio di una multa ( perche si deve stare a 300 metri!!!) se mai il padre se lo puo permettere ancora il gozzo..insomma una volta passata l’eta dei vari corsi di danza e canto non rimane che scappare da procida o dalla realta, una volta era un isola di mare ora e un isola con dei marittimi che portano i soldi e bisogna dire che non e solo colpa dei ragazzi perche non hanno spazii e possibilita, windsurf e vietato, diving e regolamentato, il canottaggio se ne frega anche il nautico, la vela non ci sono possibilita (aparte per i bambini piccoli), pescare ci sono un sacco di divieti e multe, insomma quel immobilismo instaurato dalla gestione politica nei ultimi 20 anni sono anche loro a pagarlo, anche le maestre invece di uscire preferiscono tenersi i bambini a scuola e piu facile e fa meno fatica… e poi potrebbero sporcarsi…………e cosi crescono tra tv e scuola (portati con la macchina senno poveretti sentono freddo o si bagnano…) e quando arriva la realta si beccano una botta e non si riprendono piu, a e dimenticavo manco a ferragosto possono organizare una festa perche da fastidio che i vecchietti devono dormire……..e a natale affitare una casetta per divertirsi tra di loro e giocare a carte NO NO che chissa che fanno??? insomma tutti si lamentano che non fanno niente e nello stesso momento non hanno nessuno spazio per fare niente……

  2. “Criticare è facile,non costa niente,lavorare per il miglioramento…
    è un’altra cosa! “

  3. gli spazii di movimento sono estremamente ridotti, poi basta guardare quanto rompono le scatole a azione primavera per rendersi conto di come siamo messi male………..l’ unica cosa che non da fastidio e l’ immobilismo tutte le altre cose vengono viste male da quelli che stanno al comune e tanti altri, preferiscono che non si muova niente cosi nessuno si rende conto che da 20 anni non si riesce ad andare avanti, ci sono un sacco di realta sul isola che avrebbero l’ energia per fare qualcosa ma non gli viene permesso, meglio lasciare crollare tutto il carcere che darne una parte in uso a delle associazioni procidane, meglio lasciare il giardino del carcere incolto che darlo in uso ad azione primavera, meglio non permettere niente …….

  4. Da brividi i fallimentari (visti i risultati) “programmi speciali” più e più volte conclamati negli anni, da brividi aver bisogno di un centro di ascolto per i giovani, da brividi aver bisogno di “educatori” come se fossero dei venditori di educazione.
    Di una comunità dove tutto questo sembra lecito e logico, anzi necessario, bisognerebbe solo vergognarsi. Non tramandiamo più niente, se non brutte abitudini e mancate conversazioni. Brutte abitudini che tramandiamo attraverso le nostre azioni malsane, che vengono assorbite dai nostri figli, in generale dalle nuove generazioni, come il grasso ed il superfluo difficile da mandar via. Tante, troppe, mancate conversazioni, tra amici, compagni, sconosciuti, familiari, padri o madri e figli. Impotenti di fronte alla “mancanza di tempo”, non sappiamo più riconoscere i momenti in cui “l’altro” ha bisogno di una parola, di affrontare un discorso, di trasmettere un’esperienza, di una guida o interpretazione delle cose. Ci arroghiamo il diritto di insegnare ed educare a nostro piacimento, fin anche in palese dissonanza tra il nostro dire ed il nostro fare, più che sentire il dovere di conversare e condividere le riflessioni importanti della vita. La comunità educa i propri membri, con l’evidente risultato del quale, quantomeno, dovremmo considerare profondamente l’insuccesso. Salvo le dovute, e sempre meno diffuse purtroppo, eccezioni.
    I figli di Procida, che fino a 20 se non 30 anni fa, potevano camminare per il mondo a testa alta, fieri della propria particolarità, una spanna sopra tutti gli altri, per la professionalità (e penso ai marittimi e non solo), per la moralità, per la spiccata umanità, per le innate capacità di adattamento della propria gente in ogni ambito, per le sentite tradizioni storiche, e tantissime altre peculiarità. Di cui la più importante era, probabilmente, la solidità della comunità. Procidani che si occupavano di Procidani, famiglie che si occupavano di familiari, amici che si occupavano degli amici, persone che si occupavano del proprio territorio.
    Oggi, probabilmente uno dei momenti storici con maggiori opportunità, più incline alla progressione positiva verso una comunità ancora più civile, con maggior possibilità di accesso e partecipazione ad ogni forma culturale, sportiva e ricreativa, dove veramente potremmo fare qualsiasi cosa……… ci condanniamo alla morte civile, vittime del delirante “volere di più”, che scandisce ormai costantemente il nostro quotidiano, caduti nella trappola immorale del “mors tua vita mea”.
    Siamo passati dall’essere una comunità di “cristiani a volte bigotti” ad un’accozzaglia di “singoli atomi senza alcun legame”. Resta solo la famiglia, che purtroppo sembra dare i “primi segni” di cedimento, come faceva notare l’amico Sebastiano.
    Una comunità che ricerca la sua felicità non più nelle persone ma nelle cose, è una comunità che è destinata a sgretolarsi.
    La nostra è una comunità dove il “diritto” a girare in macchina è più sentito di quello alla continuità territoriale, dove il diritto a gettare rifiuti per strada vale più del diritto alla salute, dove il diritto al profitto dei singoli calpesta il benessere del’intera comunità…. per citare solo alcune lordure.
    Ditemi dunque, visto i presupposti, perché meravigliarsi tanto del “fenomeno droga”?

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