Redazione | Più che una semplice paura, oramai è pura fobia. La morte del piccolo Salvatore Giordano avvenuta giorni fa nel capoluogo partenopeo, dopo il crollo di un rosone nella Galleria Umberto I, ha riacceso i riflettori sugli edifici pubblici che versano in uno stato pietoso anche sull’isola di Arturo. Certi stanno pure peggio della Galleria Umberto I. E così mentre l’intellighenzia si diletta a discernere sul Totem della Pace, i pescatori rafforzano gli ormeggi alle barche e le pie donne accompagnano la prole in piscina, la Hall del porto di Marina Grande sembra una città in guerra, sotto assedio. Per ora i proiettili di calcestruzzo – del palazzo Merlato – non hanno ammazzato nessuno, ma la natura, (e l’incuria dell’uomo), è pronta da lassù a venire giù. E a sentire le lamentele degli abitanti e i commercianti di via Roma – i quali si ritengono dei sopravvissuti per averla scampata fino ad oggi – la paura, anzi la fobia è ben giustificata. Sono al porto di Procida, ma si sentono a Beirut in mano agli Hezbollah. La natura se le si concede di liberare tutta la sua potenza, è sempre più tenace della cultura. Scava, sbriciola, s’insinua, infila le sue radici dove trova il minimo nutrimento.
In effetti la zona è interessata dalla presenza di numerose attività commerciali sottostanti e da un’alta frequentazione di gente che in certe ore della giornata si soffermano all’ombra in attesa della partenza dei traghetti.
Già mesi fa, quando i martelli pneumatici della ditta – che sta lavorando agli scavi per il posizionamento delle condutture per il metano – iniziarono a trivellare, dovettero arrendersi quasi subito di fronte alle prime sollecitazioni del corpo merlato del palazzo Catena, tanto da far desistere e continuare il lavoro.
Luigi, commerciante della zona, è scuro in volto: “ Sono anni che denunciamo questo stato delle cose, noi tutto sommato trascorriamo ore ed ore dentro la nostra attività, ma ho paura per i clienti che entrano ed escono.” Gli fa eco Michele, pescatore della zona: “A me è capitato un paio di anni fa di essere preso in pieno da un pezzo di stucco o di pietra si “sfrantummò” sul parabrezza della mia autovettura che avevo parcheggiato nelle strisce blu. Nessuno mi risarcì ma da quel giorno giro a largo e l’auto la parcheggio verso il lato Grotte”.
Il palazzo Merlato è solo uno dei tanti edifici dell’isola di Arturo che andrebbe da subito messo in sicurezza. Anche a Marina Corricella e a Marina Chiaiolella ci sono palazzi ed abitazioni con balconi da cui si vedono fuoriuscire pezzi di ferro arrugginito dove il corpo di cemento armato è venuto giù. Come ad esempio le tegole poste provvisoriamente in molte case costruite abusivamente che sono li pronte a cascare. E se a questo ci aggiungiamo le scarse fondamenta anche di edifici storici, di palazzi gentilizi del centro storico, il quadro del corpo edile isolano appare molto fragile. Una trentina di anni fa quando la ditta Zecchino fu incaricata di realizzare gli scarichi fognari dovette arrendersi di fronte alla instabilità di certi edifici, costruiti con le cosiddette “pietre di centane”, con molta sabbia e poco cemento. La ditta non poté scavare a fondo nella intelaiatura delle due condutture previste dal progetto poiché le “volte” della caratteristiche case a cupole isolane, iniziarono a lesionarsi. Molti procidani approfittarono e denunciarono la ditta, che dopo qualche centinaia di metri, si convinse a scavare per una sola conduttura fognaria convogliando acque nere e acque bianche.
………..ma avete mai visto il parcheggio sotto il campo sportivo Mario Spinetti le pietre di rivestimento della facciata del lato che costeggia la strada cadono già da anni…………