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VIVARA: FUORI IL TESORO SEGRETO

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Set 10, 2014

Alessandra Vuoso |  La riapertura è stata attesa per dodici, lunghissimi anni. «Ma finalmente ci siamo riusciti: le ricerche archeologiche sull’isola di Vivara sono ripartite». Massimiliano Marazzi, docente dell’università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’ateneo capofila nel progetto di riapertura del sito archeologico di Vivara, è il responsabile scientifico del Programma Operativo Nazionale SINAPSIS, il sistema nazionale di protezione dei siti sensibili. «A Vivara però – precisa Marazzi – le ricerche, questa volta, sono condotte nell’ambito di un programma più ampio che parte da un progetto strategico nazionale per la elaborazione di nuove tecnologie applicate ai beni culturali. Il PON coinvolge diverse piccole e medie imprese campane e tre atenei, il Suor Orsola Benincasa di Napoli, la Federico II e la siciliana Kore».

Le isole di Procida e Vivara diventano, dunque, oggetto di una articolata ed importante impresa di cultura che si irradia dalla ricerca archeologica al marketing culturale del territorio. L’archeologia, che è sempre stata la base della conoscenza storica, oggi diventa anche caposaldo della cognizione e della diffusione della cultura di un contesto, permettendo di potenziare ed elaborare le possibilità che un’area può offrire in termini di turismo sostenibile, interessato ai patrimoni ed alle dinamiche culturali. «E come spin off del progetto – aggiunge il professore – abbiamo scelto di costituire, nel Palazzo della Cultura a Terra Murata, lo spazio espositivo multimediale TERRA, che prende il nome proprio dall’acropoli procidana».
L’isola di Vivara, originariamente un promontorio dell’isola di Procida posto in posizione strategica, in età preistorica dominava e controllava contemporaneamente l’imbocco del Canale d’Ischia, quello del Canale di Procida e l’arrivo di qualsiasi imbarcazione che, doppiata la Punta Campanella, si affacciasse nel Golfo di Napoli.  La superficie di Vivara, che oggi, dopo alterne vicende, è in fitto alla Regione Campania, la quale ha il compito, attraverso l’assessorato all’Agricoltura e Foreste, di garantirne il rispetto quale oasi per la fauna e la flora mediterranea, è stata indagata per la prima volta negli anni Trenta dello scorso secolo da Giorgio Buchner, poi scopritore, ad Ischia, di Pithecusa.
Buchner, all’epoca laureando all’Università degli Studi di Roma, cominciò i primi saggi di scavo al fine di raccogliere dati per la tesi di laurea, arrivando a stabilire che l’isola era stata intensamente abitata nell’età del Bronzo. Le successive ricerche archeologiche, avvenute a cavallo fra la metà degli anni Settanta e la fine degli anni Novanta, hanno riportato alla luce molti reperti a Punta Mezzogiorno ed un insediamento abitativo preistorico a Punta D’Alaca, dove peraltro sono venuti alla luce reperti ceramici considerati fra le testimonianze più antiche relative alle navigazioni micenee in Occidente. Durante il progetto SINAPSIS sono state riaperte proprio le trincee di Punta D’Alaca, chiuse dal 2002, rimettendo in luce una serie di strutture sottoposte, poi, ad un’accurata documentazione mediante tecnologie che durante gli anni Ottanta e Novanta, all’epoca dei ritrovamenti, non esistevano ancora.
Una folta équipe di giovani ingegneri informatici sta lavorando alla elaborazione più strettamente tecnica di queste apparecchiature, come spiegano l’architetto Leopoldo Repola e la dottoressa Alessandra Ferraro, ricercatori collegati con il PON. «Sono tecnologie estremamente innovative – spiegano – e in buona parte non esistenti sul mercato. I dati raccolti stanno confluendo all’interno dello spazio TERRA per essere elaborati ed inseriti nel sistema espositivo e turistico del comprensorio procidano. Tutti i risultati di questa prima azione di ricerca, che naturalmente si svolge con l’appoggio del Ministero dei Beni Culturali, il quale ha accordato al Suor Orsola Benincasa la concessione di scavo sull’isola di Vivara, saranno esposti sotto forma di filmati, di sale multimediali, di ambienti immersivi».
Un progetto di ampio respiro, come spiega la dottoressa Paola Villani, curatrice del corso di Turismo per i Beni Culturali all’università Suor Orsola Benincasa e della parte turistica del progetto SINAPSIS «La ripresa delle ricerche sull’isola di Vivara e nelle acque che la circondano, – una parte cospicua delle sperimentazioni e delle ricerche che stiamo conducendo sono infatti subacquee – questa volta si inquadra in uno schema progettuale decisamente più ampio, che tocca ricadute non solo tecnologiche, ma anche di carattere turistico e comunicativo, di diffusione di una serie di patrimoni che l’ambito flegreo ha e può offrire. Il progetto ha previsto anche l’organizzazione di un Master che l’ateneo UNISOB ha condotto in parte con la collaborazione della Federico II».
Quindici studenti, scelti tramite concorso, sono stati impegnati nelle operazioni subacquee, in quelle su terra, ed in tutte le attività, ancora in corso di svolgimento, connesse con l’area espositiva, e quindi alle ricadute di carattere più turistico e comunicativo. Allo stesso tempo anche una selezione di studenti dell’Ateneo, già laureati, ed anche alcuni studenti  provenienti dal corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali e dalla Scuola quinquennale di Diagnostica e Restauro, hanno fatto parte della équipe. «Questo stage di Archeologia e Valorizzazione del Patrimonio Culturale emerso e sommerso – aggiunge la professoressa Villani – si è articolato in quatto diversi percorsi – Archeologico, Turistico, delle Tecnologie e del Restauro – intersecati fra loro, come lo sono, appunto, le discipline in questione. Gli studenti hanno potuto adoperare in prima persone le alte tecnologie utilizzate durante le ricerche su campo, elaborare i dati, svolgere attività di restauro ed archeologia sperimentale – oltre a quelle di scavo vero e proprio -, partecipare a lezioni frontali di comunicazione ed exhibit design al fine di comprendere come progettare ed allestire uno spazio espositivo».
«Lo scorso anno c’è stata una prima apertura dell’area espositiva, divenuta, ora, un vero e proprio museo virtuale dell’isola di Procida e del territorio flegreo» illustra la dottoressa Carla Pepe, ricercatrice presso l’UNISOB e responsabile del coordinamento archeologico laboratoriale nell’ambito del PON. «L’inaugurazione dei locali laboratoriali collocati al di sotto dello spazio TERRA, ed un’area espositiva sostanziata da nuovi contenuti raccolti, in parte, durante la campagna di ricerca scientifica che stiamo conducendo, è stata fissata, d’accordo con l’amministrazione comunale, con l’amministrazione regionale, con il Ministero, l’Università ed i partner che hanno dato vista a questo progetto, per la seconda metà di ottobre».
L’obiettivo per Vivara, però, resta ambizioso. «La speranza – conclude Marazzi – è quella di continuare non solo il progetto a Terra Murata, dove certamente l’area espositiva è destinata a diventare una sorta di museo laboratorio, ma soprattutto di riprendere in maniera più organizzata, più accentuata, le ricerche archeologiche sull’isola di Vivara e, finalmente, dare all’isola di Procida un parco archeologico che potrebbe essere un attrattore culturale di non trascurabile potenzialità».

2 commenti su “VIVARA: FUORI IL TESORO SEGRETO”
  1. Spero fortemente

    che il premier Renzi nei vari tagli che si appresta a fare ai Ministeri per la ” spending review ”

    dedichi un’attenzione particolare al Ministero del B. Culturali, falcidiandolo senza pietà

    perchè fonte primaria di inutili progetti e sovvenzioni inutili.

    Se VIVARA fosse un paziente , potremmo dire che i vari ” salassi economici” di spreco hanno dissanguato il malato.

    Vogliono ancora spillare soldi dopo che essa è stata scavata di dentro e fuori( in mare ) per anni e anni.

    Come fare a non ricordare lo squallido scenario degli anni ’90 quando nel mese di settembre,per anni ed anni,

    veniva la comitiva del Ministero di roma con tutta la troupe e soggiornavano da nababbi alla chiaiolella con mogli figli amici: “Che vergogna” !

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