Redazione |Mentre a livello politico si dibatte sulla reale utilità delle Soprintendenze, col premier Renzi che pensa addirittura alla loro abolizione, dal Consiglio di Stato arriva una sentenza che invece rimarca (e, in un certo senso, rafforza) il ruolo di questi Enti preposti alla tutela del paesaggio e dei beni culturali. Con la sentenza n. 4492 del 2013, la Sesta Sezione presieduta dal dottor Maruotti, ha affermato il principio secondo cui anche nelle pratiche di condono edilizio (così come avviene nelle procedure autorizzative ordinarie) deve essere proprio la Soprintendenza ad esprimere preventivamente il suo parere, obbligatorio e vincolante. Esce fortemente ridimensionato da questo orientamento, quindi, il ruolo dei Comuni, che secondo il parere dell’avvocato Bruno Molinaro diventano così «dei semplici passacarte». Secondo il regime normativo anteriore (che il Consiglio non ha ritenuto applicabile ai casi di specie), il parere circa la compatibilità paesaggistica delle opere veniva rilasciato dal Comune, fermo restando il successivo potere di riesame e annullamento per motivi di legittimità da parte della Soprintendenza. Ora il Consiglio di Stato afferma che la medesima Soprintendenza, secondo il nuovo regime, a decorrere dal 1 gennaio 2010 non esercita più un mero riesame successivo di legittimità (con eventuale annullamento del parere reso dal Comune) ma bensì una funzione consultiva, scaturente in un parere preventivo di merito, obbligatorio e vincolante.
Mani legate, quindi, per gli Enti comunali, che di fatto restano “schiavi” della Soprintendenza.