Redazione | Il noto amministrativista Bruno Molinaro commenta con grande preoccupazione la sentenza con cui la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha “bocciato” le tesi sul condono. Per l’avvocato Molinaro l’orientamento espresso dal Consiglio rischia di sminuire oltremodo il ruolo degli Enti comunali in materia.
Avvocato, in sintesi cosa ha affermato il Consiglio di Stato?
«Trattasi di sentenza dirompente negli effetti per tutti i comuni (alle prese con migliaia di pratiche di sanatoria ancora inevase), i quali non potranno fare a meno di sottostare allo “strapotere” della Soprintendenza prima di rilasciare qualsiasi condono edilizio».
Perché questa sentenza è significativa?
«Si riteneva, in precedenza, che il parere paesaggistico dovesse essere in prima battuta espresso dal comune e solo successivamente trasmesso alla Soprintendenza per il rituale controllo di legittimità. Il Consiglio di Stato avalla, invece, un diverso modulo procedimentale, che si traduce in una vera e propria “tagliola” per le competenze, di rilevanza costituzionale, pur spettanti all’ente locale, in attuazione del principio di “condominialità istituzionale” e di “leale cooperazione” nella “gestione” del vincolo paesaggistico».
E, invece, cos’ha affermato il Consiglio di Stato?
«Ritiene, in pratica, il Supremo Consesso Amministrativo che sia applicabile anche alla materia del condono edilizio il nuovo articolo 146 del Codice Urbani, secondo cui è la Soprintendenza a doversi pronunciare per prima con parere obbligatorio e vincolante per il comune che finisce, in pratica, per diventare un semplice “passacarte”, così come avviene per le procedure autorizzative ordinarie».
Nel caso di specie, che ha visto il comune di Ischia soccombente, cosa è accaduto?
«Il comune d’Ischia aveva, in giudizio, sostenuto la “specialità” (e, dunque, la inderogabilità) della sanatoria straordinaria rispetto alla normativa generale contenuta nel Codice Urbani. Il Consiglio di Stato, nel confermare la decisione del TAR Campania che aveva espresso il medesimo orientamento, ha invece bocciato questo ragionamento ed affermato in sentenza il principio secondo cui “le carte” debbono andare necessariamente prima alla Soprintendenza, potendo solo in seguito essere esaminate dal responsabile del paesaggio del comune che, però, in caso di parere negativo, ha le mani legate ed è tenuto a rigettare l’istanza di condono, essendo quel parere dell’amministrazione statale, come detto, non solo obbligatoriamente “preventivo” ma anche vincolante per i suoi contenuti di merito».
Che ripercussioni ci saranno in concreto?
«È un bel pasticcio dal momento che il protocollo di intesa applicato nel comune d’Ischia prevede, con l’accordo della regione e della stessa Soprintendenza, che ad esprimersi in ordine al parere paesaggistico sia chiamato in primo luogo l’ente locale e solo dopo l’amministrazione statale. Va, tuttavia, precisato che, se rilasciato dopo i 45 giorni previsti dall’articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, il parere della Soprintendenza smette di essere “vincolante” e, in ogni caso, se non interviene entro 60 giorni, il comune può rilasciare (o negare) l’autorizzazione paesaggistica a prescindere. Questo perché, come da ultimo chiarito dal T.A.R. Puglia (sentenza 6 febbraio 2014, n. 321), la legge dice che decorsi i 45 giorni il comune può indire una conferenza dei servizi cui è invitata la Soprintendenza per esprimere in quella sede il parere non emesso prima. Non va dimenticato che, nella conferenza dei servizi, tutti i pareri concorrono a formare la volontà finale ma nessuno è “vincolante” per il comune. Di qui la minore “forza” del parere della Soprintendenza. Quel che più rileva è, comunque, il fatto che, decorsi i 60 giorni, il comune può e deve decidere».