Lo sapevate che il materiale tufaceo per costruire i Quartieri Spagnoli è stato letteralmente “tagliato” dalla Tavolara, scogli affioranti a Trentaremi? Che il Golfo di Napoli è attraversato da veri e propri canyon che incanalano correnti di acqua fresca, ricca di gorgonie e specie marine che nulla hanno da invidiare al Mar Rosso? Che la collina di Posillipo altro non è che il bordo di un vulcano?
Queste e tante altre “curiosità”, forse poco conosciute, sono state “raccontate”, anche con immagini, dal geologo Fabrizio Pisani Massamormile, intervenuto ad una conviviale del Rotary Club Napoli Castel Sant’Elmo, presieduta da Biagio Vallefuoco, a Villa Lancellotti.“Il nostro Golfo – ha spiegato il conversatore – ha una strana forma rettangolare il cui asse lungo misura circa 17,5 km ovvero 32 miglia marine e due tipi di chiusure differenti, quella data dalla terraferma Capo Miseno e Punta della Campanella di circa 16,47 miglia e quella delle isole… In questo spazio, avviene una circolazione di acqua particolare poiché la corrente s’incanala da nord est o da sud ovest, negli stretti bracci di mare, formando come dei fiumi tra le isole”.
Altra particolarità da un punto di vista geologico è che tutti i territori che affacciano nel Golfo hanno differente struttura rocciosa: Capri e la Penisola sorrentina sono formate da terreno carbonatico-dolomitico, del tutto diverso da quello vulcanico del Vesuvio e la Zona Flegrea con Ischia e Procida e la cui attività è collegata ad una decina di km di profondità.
Il prof. Pisani Massamormile è partito dalla Gaiola e dalla sua isoletta – la più piccola del Mediterraneo e che vanta una lunga storia di disgrazie – un’area marina protetta con una sua particolarità: i fondali conservano preziosi resti romanici e le famose falesie come quelle del Parco della Rimembranza. “Tra queste pareti rocciose che strapiombano in un mare che ribolle a causa dell’attività vulcanica – ha svelato il conversatore – in primavera, si può notare una parte verde che scende fino alla spiaggia sottostante: è l’erba che cresce sui detriti accumulati dopo la seconda guerra, quando si scaricava qui il materiale da costruzione, che quindi frana in continuazione”. Altro cratere è Porto Paone di Nisida, inaccessibile per la permanenza del carcere minorile. Il Golfo di Pozzuoli è poi formato da due caldere vulcaniche una dentro l’altra: 37.000 anni fa venivano eruttati prodotti poi usati per costruire i portali di via Roma!
In questa grande caldera ci sono tanti piccoli punti di eruzione, più di venti, tra i quali gli Astroni, l’Averno, Baia, Montagna Spaccata, la Solfatara, il più clamoroso ma non il più attivo.
E ancora: la particolarità del “saliscendi” del tempio di Serapide a Pozzuoli, in realtà mercato del pesce, la villa di Baia, sommersa a meno di due metri, preda di sommozzatori senza scrupoli, la nascita nel 1538 del Montenuovo, ultimo vulcano attivo del Mediterraneo, il caratteristico porto di Bacoli, altro cratere, Capo Miseno che in una stampa del 1700 è raffigurato come un’isola…
Si approda poi a Procida che sarà meta di una visita guidata programmata dal Club Castel Sant’Elmo per il prossimo 2 ottobre in occasione della chiusura della mostra intitolata “La storia della subacquea attraverso la testimonianza delle attrezzature”, curata da Claudio Ripa.
“Vivara è il primo cratere sorto 50.000 anni fa – conclude il geologo – eruzione dopo eruzione l’isola di Procida emerge dalle acque”. Qui tutto tace, non ci sono le terme, non ci sono fenomeni eruttivi…