Redazione | Un sottile filo di storia e fede, lega San Ludovico da Casoria , più noto come Padre Ludovico da Casoria, proclamato santo domenica da Papa Francesco a San Pietro, e l’isola di Procida. I fili di una presenza silenziosa e proficua del frate sulla terra di Arturo. Padre Ludovico, come raccontano le cronache di quegli anni giunse a Procida molto presumibilmente nel 1860, come racconta nella storia di Procida, M. Parascandola. Invitato da un amico sacerdote giunse sull’isola con un battello a vapore e appena messo piede a terra, si fermò nella prima chiesa in preghiera. Tanto da sorprendere anche il parroco che gli chiese a quale ordine appartenesse e cosa ci facesse a Procida. Da allora il frate torno diverse volte sull’isola, la sua opera di evangelizzazione ormai era nota. Il 1847 segnò la svolta verso un intenso impegno sociale: Ludovico cominciò con l’aprire una piccola infermeria per religiosi a San Pietro ad Aram, e poi radunò intorno a sé un folto gruppo di laici – Terziari francescani – che coinvolse in svariate attività di assistenza ai bisognosi. Grazie all’appoggio di ricchi benefattori, nel 1852 acquistò in località Scudillo – poco fuori Napoli, sulla collina di Capodimonte – la Casa della Palma, in cui insediò un piccolo convento francescano e un’infermeria-farmacia per religiosi e poveri.
E proprio tra l’anno 1859 e l’anno 1862 Ludovico fondò, a sostegno delle sue opere caritatevoli ed assistenziali, due importanti congregazioni: la Congregazione dei Frati della Carità, detti «Frati Bigi» e la Congregazione delle Suore Francescane Elisabettine. Fondò con spirito instancabile (tanto da meritare l’appellativo alle sue opere di “Carità sfrenata”), numerosissime case di accoglienza, di studio e di formazione professionale per giovani abbandonati, in particolare per gli scugnizzi, che egli stesso raccoglieva a centinaia dalle strade. I ragazzi, che affidava ai sui Frati Bigi o alle Suore Elisabettiane, li chiamava, bonariamente, “accattoncelli” e “accattoncelle”. Tanti furono i centri di accoglienza che nacquero “a macchia di leopardo“, sia in città che nel suo immediato contado: come a Piscinola, a Procida, a Capodimonte…, e in tantissimi altri posti ancora, anche fuori Napoli; tanti ne furono, che lo stesso padre Ludovico negli anni ne dimenticava l’esistenza… Infatti egli rispondeva a chi chiedeva quanti erano i centri da lui fondati: “Non lo so. Io, vede, son fatto così. Quando un’istituzione è riuscita a camminare con i suoi piedi, non ci penso più! Passo a fondare qualche altra cosa e di quelle non mi ricordo più. Son tante, uh! “.
Il suo impegno si estese anche nella società e nella vita culturale del suo tempo, infatti nel 1864 fondò a Napoli il periodico La Carità e un’Accademia di religione e scienze, ottenendo il consenso e l’adesione di molti uomini di cultura e di scienza.
Nel 1866 fondò il collegio scolastico per l’istruzione dei giovani napoletani, che fu chiamato La Carità, tra i suoi insigni frequentatori ricordiamo lo storico Benedetto Croce, all’epoca ragazzo già orfano di entrambi i genitori, a causa del terremoto di Casamicciola.
Sull’isola di Procida – dunque – fondò il cosiddetto “Ospedaletto per i poveri retta dal Terz’Ordine di San Francesco, che aveva sede nella chiesa di San Vincenzo. Struttura che poi nel 1929 si fuse con l’Ospedale Civico Albano dando vita all’”ospedale civico albano Francescano”, tutt’oggi fondazione fiore all’occhiello procidano e ente proprietario dell’isolotto di Vivara.
“Nella settimana della sua ascesa agli onori degli altari la comunità procidana vuole rendere omaggio ad un grande uomo che ha lasciato traccia della sua vita e delle sue opere anche sulla nostra isola” – ci dice – Peppino Ambrosino, noto cultore della materia. “Al primo piano della chiesa di San Vincenzo c’è ancora la sua stanzetta. Le quattro mura in cui sapeva rinchiudersi per pregare e riposare la notte, quando decideva di rimanere a Procida”.