Redazione | L’eldorado degli anni ’80 e ’90 ha smesso di luccicare. Per non dire di esistere. Solo fino a pochi anni fa nel comparto edile, sull’isola di Procida, lavoravano un gran numero di manovali e tecnici. Secondi – forse – solo ai marittimi. Un numero considerevole di uomini che decidevano di dedicarsi alle costruzioni e alle ristrutturazioni piuttosto che al mare. Ma negli ultimi anni complici la crisi economica e le politiche dei governi nazionali e regionali, la crisi dell’edilizia vive una fase di caduta perenne che non trova freni e che appare a tutti inarrestabile. Proprio ieri l’altro a Napoli circa tre mila lavoratori – compresi alcuni isolani del comparto edilizio – hanno sfilato in corteo nel centro della città i nell’ambito dello sciopero nazionale del settore costruzioni indetto da Cgil, Cisl e Uil.
“In Campania la crisi è drammatica – ha detto il segretario regionale della Uil, Anna Rea – sono 35 mila i lavoratori in meno e oltre 2.000 le imprese scomparse. In termini di monte salario la perdita secca negli ultimi 5 anni, secondo dati delle Casse Edili, è di 243 milioni di euro“. Un vero e proprio dramma sociale che ha radici anche locali. In effetti l’iter burocratico dei permessi a costruire ha assunto nel tempo carattere straordinario. Se nella forma con le nuove norme bastano poche carte, nella sostanza se si va piu in la di una banale tinteggiatura di casa, la cosa diventa più difficile. Permessi, sopralluoghi ecc ecc. Cosa che ovviamente scoraggia e di molto i proprietari e gli affittuari di case.
E questo soprattutto per un’isola abitata per piu decenni a costruire abusivamente e senza permessi e senza licenze. Dimostrazione di quanta sfiducia ci sia in giro, lo sono le tante imprese edili che hanno mollato tutto, chiuso la partita iva, venduto mezzi e macchinari e intrapreso un’altra attività. Il più delle volte molti di questi lavoratori sono tornati per mare, libretto di navigazione alla mano e “cucchiara e callarredda” a casa. Sebbene le amministrazioni continuino a pronosticare un primo accenno di ripartenza per l’inizio del nuovo anno – come dicevamo – l’edilizia continua ad arrancare in maniera molto pesante e non vede la crescita neppure alla lontana. E con essa tutto l’indotto che gira attorno. Architetti, ingegneri, geometri, e poi idraulici, elettricisti, falegnami e compagnia cantante. Un mercato in ginocchio. Solo pochi giorni fa “Day Off” – Io spengo lo studio” la manifestazione indetta su scala nazionale da tutti gli Ordini professionali del settore. “In gioco è la sopravvivenza di decine di studi professionali — sottolinea il presidente della Consulta regionale architetti, Giovanni Lazzari — ma anche la stessa dignità di centinaia di professionisti strangolati dal blocco del settore edile, da leggi vecchie, burocrazia invadente e spese in aumento“. In Italia il 68 per cento degli architetti — è la stima dell’Ordine — vanta crediti da clienti privati, il restante 32 per cento dalla pubblica amministrazione. Il 57 per cento risulta indebitato con le banche, il 29 per cento dei giovani professionisti è disoccupato e il reddito medio di un architetto di 32 anni è di appena 1.200 euro lordi al mese. Una situazione al collasso che non fa altro che accrescere la concorrenza a scapito della qualità. E allora pur di risparmiare e di velocizzare, le opere di ristrutturazione appaiono obbrobri edili e oscenità strutturali senza sicurezza.