Redazione | A meno di altri colpi di scena, a pochi giorni dalla fine dell’anno solare, saranno Luigi Muro e Dino Ambrosino a contendersi la carica di primo cittadino dell’isola di Arturo nell’anno che verrà. Se per Luigi Muro le primarie si sono “giocate” con il voto alle Europee del maggio scorso, quando nella conta dei voti su FLI ha prevalso ( seppur di poco ) contro il sindaco uscente Capezzuto, apertamente schierato con FI, per Ambrosino e per il gruppo politico della “Procida che vorrei”, si è dovuti attendere l’altra sera, quando dalle urne il verdetto – del resto ampiamente previsto alla vigilia – è apparso inequivocabile. Un risultato che da qualsiasi punto lo si guardi, può sembrare eccezionale o deludente. Tanto da fare apparire – commentatori e clown – come contro o a favore. Ed è proprio a differenza di questi “tanti” che in questi due giorni si sono affrettati a fare analisi e commenti, noi non ci arrampicheremo su questi specchi analitici, non ci addentreremo in un sentiero contorto come quello delle preferenze sull’isola di Procida. Parlano i numeri, freddi e precisi.
Numeri che disegnano uno scenario a pochi mesi dal voto – o marzo o maggio cambierebbe poco – tutto in divenire. Due schieramenti che – per come appaiono oggi – sono monchi nella loro composizione, tanto da rendere difficile anche la compilazione delle liste. Mancherebbero ad entrambi gli schieramenti un migliaio di voti e più decisivi per la vittoria, restando immutato il corpo elettorale di circa 7000 votanti. Quel migliaio di voti e più che abbiamo definito provocatoriamente “La Procida di Mezzo”, per identificare quel cospicuo numero di consiglieri comunali, ex assessori, ex consiglieri, che sono stati alla finestra a guardare quanto accadeva in questi mesi: la gestazione lunga e tribolata di programmi ed idee e candidature che nascevano sulle macerie di due ectoplasmi: Procida Prima ed Insieme per Procida. Infarciti di demagogia e di qualunquismo.
Per anni abbiamo assistito al suicidio giornaliero del dialogo e del dibattito, per poi riscoprire che c’era “un senso di democrazia”, di partecipazione, come ad esempio le primarie, che ci avrebbe destato dal mondo dei sogni. Come se la “democrazia procidana” fosse calpestata chissà da cosa o chissà da chi. Da tempo chi racconta Procida – quotidianamente – ha chiesto che fossero messi al centro dell’attenzione i numerosi problemi dell’isola, affiancando alla stessa azione finanche la denigrazione dell’avversario, (perché ci sta in politica) purché ci fossero però proposte sul tavolo. Nulla da una parte e dall’altra. E poi ci meravigliamo o facciamo finta di non capire perché Muro si è auto candidato a Sindaco e altri – sicuri della vittoria – hanno avanzato e poi vinte le primarie. Ma davvero c’era qualcuno che pensava che Scotto di Carlo vincesse le primarie? O anche che Michelino le vincesse? Suvvia. Siamo seri. Forse solo i diretti interessati. Forse. Almeno fino all’altra sera, quando il risultato ha portato tutto nella norma. Ha normalizzato quello quello che già era bello e pronto. Dino Ambrosino doveva essere il candidato a Sindaco e il popolo della sinistra, ed in particolare del PD locale, lo ha certificato vergando il suo nome. Ne più e ne meno delle tante altre “esperienze democratiche” – chiamate Primarie – che in questi anni hanno visto il popolo della “sinistra” chiamato ai seggi.
Nulla sotto l’albero – dunque – e nell’immediato orizzonte. Se non fosse che il risultato del riposizionamento che verrà, sarebbe un passo indietro di 20 anni quando più o meno gli stessi politici erano alla ricerca di una nuova primavera politica dopo la lunga esperienza nei partiti della prima repubblica. Il banco di prova di possibili alleanze intorno “al bene dell’isola” dovranno per forza di cosa sbocciare a breve. In un’ottica sostanziale e non formale; l’orientamento decisionale non sembra però andare nella direzione meno traumatica per tutti – come acrobati sulla fune – fatta di frasi dette e non dette, di una campagna elettorale appena ai nastri di partenza.
La Procida che vorrei? SICURAMENTE SENZA I POLITICI DI OGGI.
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A destra continuano ad usare ancora il ‘ politichese ‘. Aggiornatevi sul linguaggio !