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TGPROCIDA

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DE LUCA E CALDORO, DIVERSAMENTE DEBOLI

Ditgprocida

Mar 9, 2015

Paolo Macry | Dunque ai blocchi di partenza si ritrovano Stefano Caldoro e Vincenzo De Luca. Ma non sarà la stessa musica del 2010. Da allora è cambiato quasi tutto e i contendenti dovranno tenerne conto. Per loro sarà difficile appoggiarsi ai tradizionali apparati di partiti e non meno difficile sollecitare il voto d’opinione.

Cinque anni fa, Caldoro potè contare su un centrodestra ancora robusto. Oggi sembra una città bombardata. Sbriciolato da defezioni, faide intestine, vendette covate. Al punto che l’elemento più solido è l’Udc-Ncd. Che però, guarda caso, non ha ancora sciolto le ultime riserve e costituisce comunque un fattore altamente critico per il centrodestra nazionale. E il Cavaliere? Nel 2010 diede una mano importante a Caldoro. Oggi non è detto che la sua presenza a Napoli gli gioverebbe.

Quanto a De Luca, è vero che alle sue spalle sta il maggiore partito italiano. Ma è quello stesso Pd che fino all’ultimo l’ha implorato di non presentarsi e che, a livello locale, non è meno stracciato e turbolento della destra. Naturalmente il sindaco di Salerno spera nell’effetto Renzi, ma Renzi sembra assai riluttante a metterci la faccia. Un motivo ci sarà.

Più che sui partiti, perciò, Caldoro e De Luca dovranno far conto sulla propria immagine di leader. E neppure questo sarà facile. Il governatore ha sempre scelto la cifra dell’understatement . Ma non è detto che la sobria enunciazione delle cose fatte (trattandosi di politiche di risanamento, ovvero di tagli ai servizi) gli conferisca l’appeal di una leadership efficace. Caldoro resta debole sul piano comunicativo.

Tutt’altro il profilo che De Luca si è costruito: debordante, enfatico, aggressivo. Un mix di invettive e promesse. Ma anche un’arma a doppio taglio. Il sindaco di Salerno è molto popolare nel Paese, oltre che in Campania. E tuttavia stampa e televisioni lo citano per le vicende giudiziarie, più che per i meriti amministrativi, mentre i leader della sinistra, a partire da Vendola, lo accusano di essere un uomo d’ordine, più che apprezzarne la vena populista. De Luca rischia di pagare, per eccesso di esposizione, un’immagine che sta a metà tra lo sceriffo e Masaniello, il fustigatore dei vizi pubblici e il garantista anti-Severino. La sua trasversalità ideologica sembra un atout forte, ma non è detto che non finisca per danneggiarlo. Dopotutto (e anche questa è una differenza rispetto al 2010) oggi esistono grillini che potrebbero contendergli lo stereotipo dell’implacabile nemico dei corrotti e demagistrisiani che potrebbero sfidarlo sul linguaggio del capopopolo.

Sarà una competizione tra due leader che più lontani non potrebbero essere e che tuttavia appaiono accomunati da un cocktail di debolezza politica e mediatica. Una competizione aperta, perciò.

corriededelmezzogiorno

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