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E’ Morto “Armandino: le sue ultime parole un anno fa. Riproponiamo quell’intervista

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Ott 23, 2011

Tommaso Strudel | «Dottore posso entrare?»  Così, quasi all’ora di chiusura del mio ambulatorio medico, mi ritrovai  di fronte un signore anziano, dai folti e lunghi capelli bianchi, con un bermuda coloratissimo e scarpe da ginnastica, e quasi non feci caso al bastone al quale pure si appoggiava.

Con fare discreto e cortese si presentò dicendomi di chiamarsi  Armando Zingone,vedovo con otto amatissimi figli, e che aveva deciso alla veneranda età di 88 anni di andarsene dalla sua casa di Poggio Catino, in provincia di Rieti. Una volta arrivato al porto di Napoli, scelse istintivamente  Procida scartando Ischia e Capri, ricevendo subito in cambio affetto e amicizia dai primi isolani che incontrò. Solo in successivi incontri, in occasione di qualche prescrizione, provai a chiedergli qualcosa di più, e lui mi disse che era stato un musicista, con lo pseudonimo di Armandino.

Lì per lì sinceramente pensai che fosse un povero diavolo, che chissà come aveva sbarcato il lunario, magari suonando ai matrimoni o su qualche cigolante palco di sagre paesane, e quando tornai a casa cliccai distrattamente il suo nome su Google, certo che nulla sarebbe emerso.

E invece, con mia somma sorpresa, su www.wikipedia.org/wiki/Armandino, scoprii che il Nostro è stato  un artista vero, e che artista! Cantante, chitarrista ed attore, dal 1950 ha lavorato prima con Marino Marini, Van Wood, Carosone, e poi con la sua orchestra nei locali più in voga di tutta Italia, incidendo per Philips e Cetra. Successivamente ha partecipato ad alcuni “musicarelli” ed ha recitato per la regia di Orlandini ed Enrico Maria Salerno.

Un giorno mi ha invitato nel suo appartamentino a Palazzo Ferraioli, dal quale si gode una vista stupenda sulla Chiaia e Capri, e su un giardino di quelli descritti da Elsa Morante.  Entrando  rimasi colpito da due cose: da un lato un televisore sintonizzato su un canale di musica Jazz e un notebook su un tavolino, quasi a voler dimostrare che non bisogna avere per forza 20 anni per usare la tecnologia, e senza che questo sia sinonimo di stravaganza o peggio di arteriosclerosi senile. Mi ha regalato una pen-card sulla quale aveva scaricato orgogliosamente foto della sua carriera e gli echi sui giornali dell’epoca.

E la chitarra di tutta una carriera? A questa mia domanda un senso di tristezza gli velò gli occhi chiari. Mi rispose che purtroppo non era più nella sua disponibilità, e guardandosi quelle dita che una volta pizzicavano veloci le corde dello strumento e che ora gli sembravano  contorte foglie tremule  al soffio della brezza, mi disse che comunque non sarebbe riuscito più ad usarla.

Quando mi sono congedato da Armandino ho avuto la conferma che spesso l’anzianità è certamente una condizione del fisico, ma spesso non lo è della mente e dello spirito, e forse il nostro istinto fanciullesco di Peter Pan non muore mai completamente se non è soffocato dalle convenienze sociali prima ancora che dagli acciacchi.

Se per strada riconoscerete Armandino, salutatelo, lui ne sarà felice e capirete che per la nostra vecchiaia  è pronta una nuova giovinezza.

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