Sebastiano Cultrera | Il libro presentato sui misteri del Venerdì Santo, che parla della teatralità della processione, la proposta di Elisabetta Montaldo sul costume procidano in processione e le polemiche conseguenti aprono interessanti spunti di riflessone. Prometto, quindi, che, a breve darò seguito alle sollecitazioni dell’amico Leo Pugliese e tenterò di esprimere un mio modesto parere su questi temi. Ma vorrei farlo dopo questa settimana. Perché questa è la settimana della gioia, della risurrezione, e della conversione. E’ la grande opportunità per ognuno di noi di vivere un reale rinnovamento interiore e nel rapporto con il prossimo. Continuo a pensare, infatti, che i sentimenti (e i pensieri e le azioni e i desideri) che in questi giorni volgono verso la tristezza sono inappropriati. La Resurrezione è Gioia, ed è il Fatto centrale della vicenda cristiana. Tutto il resto, compreso le passioni tristi, sono comprensibili umanamente; ma sono il necessario percorso funzionale alla rinascita: al mistero rivelato della Pasqua. Certo ci sono molti modi di vivere e di approcciare alla settimana santa, da parte dei credenti e dei non credenti. E si possono sottolineare diversi approcci, diversi modi di vivere questo periodo di feste: da laici, da fedeli, da partecipanti in qualunque maniera all’evento. Per alcuni anni di seguito (insieme con gli altri amici di ProcidaTV) mi è stato dato il privilegio di assistere e di commentare dal vivo questo evento in diretta web. La partecipazione di tantissime persone (da tutte le parti del mondo) alle nostre dirette mi ha sempre stupito, e mi ha fatto sentire una grande responsabilità. Ho compreso che la Processione del Venerdì Santo entra, in tenera età, nei cuori di noi procidani e non ne esce più, neanche emigrando nell’altro capo del mondo! E’ quindi un fenomeno che correttamente può essere interpretato e compreso in chiave religiosa, sociologica, antropologica e perfino folkloristica! E’ corretto valutarne la portata emotiva, turistica, economica e culturale.
In questo quadro, nella sua complessità, si possono legittimamente avanzare ogni tipo di proposte: migliorative, fantasiose, seriose, conservative e innovative. E possono essere adottate (come è successo in tempi passati) novità e modifiche del caso. La Congrega (Congregazione dell’Immacolata dei Turchini) e il Clero locale sono i depositari della tradizione e del valore religioso dell’evento. E, con la giusta prudenza, hanno introdotto, a tappe, alcune innovazioni e modifiche al percorso e all’evento. Così sia per il futuro.
Non mancheranno come sempre il dibattito e le chiacchiere. Anche verso lodevoli iniziative. Quest’anno la famiglia di Fabrizio Borgogna ha voluto ricordare, con un Premio, il fondamentale impegno di Fabrizio a salvare la tradizione misteriale procidana, con l’invenzione dei capannoni e della prima associazione, al fine di recuperare spazi alla manifatture dei misteri da parte dei giovani procidani, mano a mano che gli “storici” portoni si rendevano indisponibili. Ma gli stessi “misteri” reinterpretati di anno in anno dai giovani procidani (e che costituiscono una forte caratteristica della nostra Processione e del suo coinvolgimento popolare) non erano presenti nelle origini della stessa. Anzi i “Misteri” sarebbero, in origine, le Statue portate a spalla, rappresentante personaggi della Passione.
Trovo, per questi motivi, disdicevoli gli atteggiamenti “puristi” rispetto ad una Processione che, negli anni (e nei secoli) ha cambiato pelle più volte. La coerenza, anche in questo caso, non dovrebbe essere affidata a tratti meramente estetici, ma al vero senso religioso (e sinceramente Cristiano) della partecipazione di ciascuno: senza il quale nessuna coerenza e nessuna tradizione è possibile. Comprendiamoci: è legittimo partecipare o presenziare con gradi diversi di coinvolgimento all’evento. Non è coerente essere tiepidi o indifferenti al vero messaggio (quello del Verbo) e, nel frattempo, invocare improbabili filologie estetiche o purismi astratti. La coerenza espressiva e interpretativa può essere invocata solo all’interno del vero fine della processione, del suo motivo di essere. Che continua ad essere, sostanzialmente, la rappresentazione e il ricordo del Mistero Rivelato: quello del Cristo e della sua Resurrezione! La stessa “seriosità” e mestizia invocata da taluni come sentimento di base “imposto” dalla processione è fuori luogo. Il percorso penitenziale di questi giorni per un credente, può trovare nella “compassione” della processione un alto momento, a patto che questo percorso avvenga soprattutto nei cuori di ciascuno. Talvolta l’eccessiva “teatralità” del dolore si sovrappone, sino a farlo impallidire, al dolore vero funzionale alla nostra penitenza. La quale, temperata dalla Fede nella Misericordia, non ha finalità tragiche, bensì gioiose!
Già l’anno scorso mi è toccato di dire che la stessa rappresentazione plastica della Passione non è un rito (rinnovato annualmente) per nulla assimilabile ad un funerale, tanto meno al funerale di Nostro Signore, che è morto una volta sola ed è (una volta per tutte) Vivo e Risorto, ed è, quindi VIVO E PRESENTE tra i fedeli nella Processione. “Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi”.
Godiamoci, quindi, con Gioia e con il grado di partecipazione che ciascuno sente, questo bel momento collettivo. E affidiamo al Redentore, al Cristo Vivo, i nostri cuori!