Michele Ambrosino | Parlare di Don Michele Ambrosino a poche ore dalla sua scomparsa non è facile. Lo è ancora di più per un suo parrocchiano, per un suo “figlio”, peraltro con lo stesso nome e cognome (quante volte abbiamo scherzato sul fatto che se avessi avuto la stessa vocazione non ci sarebbe stato bisogno, per la successione, neanche di cambiare la carta intestata …) L’ultima volta che l’ho incontrato è stata l’ultima domenica di marzo, in via Rivoli. Non lo vedevo da un pò, dopo i seri problemi di salute che aveva avuto negli ultimi tempi. Accompagnandolo nella sua passeggiata, mi sono sentito chiedere della mia salute, del mio futuro, dei miei problemi. Ne abbiamo parlato e mi sono sentito rinfrancato e confortato, mentre la meraviglia per l’ennesima dimostrazione di vicinanza di Don Michele non era proprio tanta.
Ed è propria da questa dimensione, da questo rapporto fra Padre e Figlio che vorrei cominciare la mia riflessione. Don Michele per anni, fino all’ultimo, è stato un punto di riferimento per ogni uomo e donna della Parrocchia di San Giuseppe (e non solo), per i loro bisogni spirituali e non, per i loro problemi, per le loro speranze.
E’ stato un sacerdote fra la gente, che ha saputo parlare a tutti. Per far sentire ancora di più la sua voce nel 1957 si inventò il “Campanile di San Giuseppe”, per diffondere la catechesi anche e soprattutto ai “figli lontani” e fin dall’inizio la pubblicazione fece trasparire l’impegno, il lavoro, l’attenzione di Don Michele per i suoi parrocchiani.
Un impegno, un’attenzione che non è mai venuta meno. Ha saputo parlare a tutti ed in particolare ai giovani.
Nel tempo si può far riferimento ai tornei di calcio organizzati sulla spiaggetta sotto S. Margherita negli anni 50-60 con Don Massa al “campetto” degli anni 2000, dalle sperimentazioni teatrali ai recitals, alla “Schola cantorum”.
Tutte iniziative che insieme a tante altre (un altro esempio è la Fiera del Libro) hanno segnato la vita di uno straordinario Pastore che con il suo esempio di uomo di Dio ben presente nella realtà di tutti i giorni, ha fatto sì che la Parrocchia del Santo giusto diventasse una vera e propria “fucina”di sacerdoti sparsi per l’intera Diocesi napoletana. Attento ai cambiamenti, ha sempre vissuto da protagonista la vita sociale, civile e religiosa dell’isola, fiero oppositore di ogni intolleranza, sempre pronto all’ascolto, al confronto, all’incontro. E col passar degli anni questo atteggiamento di attenzione e di vicinanza vera ai bisogni della gente non è stato mai scalfito (è stato, ad esempio uno dei promotori della battaglia vinta del dispensario farmaceutico a Marina Chiaiolella come pure fondatore della Caritas di Procida).
Don Michele, naturalmente, non è stato soltanto il Parroco di S.Giuseppe alla Chiaiolella.
E’ stato molto di più, per anni è stato la guida forte, autorevole ed illuminata, del clero procidano: uomo di profonda cultura ne è stata la sua espressione più importante (almeno negli ultimi 50-60 anni) .
Voglio concludere questi miei pensieri con quanto scriveva anni fa (inizi anni 2000) Don Michele nella sua rubrica settimanale “La Parola che non passa” su “Il Golfo” di Domenico Di Meglio, a commento dei passi evangelici: “La nostra non è la religione del buon senso, che non mi pare possa tanto andare a braccetto con l’amore al nemico, col porgere l’altra guancia, col dare due cose a chi te ne aveva chiesto solo una. L’umanissimo invito a fare agli altri quanto vorremmo che gli altri facessero a noi o del non fare agli altri quanto non vorremmo che fosse fatto a noi, potrebbe anche essere letto come un comportamento che non ha niente o poco di cristiano, se non è un’iniziativa d’amore, come quella che caratterizza l’azione del Padre. E la proposta di Dio è diventata carne e sangue nell’esempio di Gesù.
Tutto questo incatena la libertà o è finalmente la patria della vera libertà, raggiunta e conquistata. Come siamo lontani da quel dare che presuppone la legge ferrea della restituzione. Solo ciò che è gratuito è grande e solo ciò che donato non è sciupato per sempre.
Muore così la paura di soffrire e di morire. E’ questa la verità. E perciò solo questo è la libertà.” Anche queste parole, nel segno del dono e della gratuità, rappresentano quello che è stato Don Michele per tutti noi, un esempio, appunto, un Pastore che mai potremo dimenticare.
Ora Don Michele (con i funerali celebrati nello stesso giorno a distanza di anni) va a raggiungere l’amico di sempre Don Liberino Lubrano, altra grandissima personalità del clero procidano. Da Lassù imploriamo la loro benedizione e la loro benevola attenzione.
Alle sorelle Celeste e Giulia, ai tanti nipoti, in particolare a Maria, a tutti i familiari ed amici, al clero procidano e napoletano, un affettuoso abbraccio, nel ricordo di una persona speciale che lascia un segno indelebile nei nostri cuori e nelle nostre menti.
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Franco 27 aprile 2015 a 21:17
Ho appreso della tua dipartita caro Don Michele. Sono addolorato, innanzi tutto ti ingrazio di aver donato tutto Te stesso ad intere generazioni. Quanti ricordi già dai primi giorni dl tuo sacerdozio alla Chiaiolella, mostravi quell’amore verso la gioventù che ci ha permesso di crescere sempre con il desiderio di Gesù sacramentato. Ci hai fatto innamorare di Maria Santissima ci hai abituati ai più bei momenti di preghiera. Grazie Don Michele Dio Te ne renda merito. Anche se vivendo Lontano dalla Chiaiolella per me sei stato sempre un riferimento. Quante cose ci sarebbero da dire. Ma ormai sei in paradiso. Adesso potrai conoscer anche tutta la storia dei martiri di Otranto, purtroppo non ho fatto in tempo a darti le pubblicazioni aggiornate, che mi avevi chiesto. Spero un giorno di rincontrarci insieme a tutti gli amici dalla cosidetta SALA del Santuario di San giuseppe, insieme anche a Lui e alla Vergine Celeste. Grazie sei stato il nostro Don Bosco. Ti accompagneremo con le preghiere che tu ci hai insegnato.