Una domanda per rompere il ghiaccio: il mare, qual è il suo legame con esso?
Un legame viscerale, direi! Penso che in questo sia come per ogni isolano: il mare è come una seconda natura. Il mare è affascinante, mi attira sempre.. Starei volentieri a contemplarlo e sentirei sempre la sua forza, il suo vigore, la sua quiete come un dolce e forte invito a scendere con lui negli abissi più riposti del cuore, come nelle vette dell’anima che si innalza fino al Creatore. E potrei continuare a parlare tanto e tanto volentieri del mare, dei suo richiami malinconici come della sua voce suadente che invita ad elevarsi fino a Dio; parlerei soprattutto del ‘mare’ di Galilea, dove Gesù ha svolto tanta parte della sua predicazione, dove ha profittato per chiamare alcuni amici a diventare ‘pescatori di uomini’, invitandoli a non temere quando si scatena la tempesta del mare-male, perché Lui è più forte.
Se vogliamo amore dobbiamo darne, così anche per il rispetto e le passioni, allora le chiedo: come fare per trasferire questi valori ai giovani, che appaiono spesso indifferenti e distaccati da quanto gli accade intorno?
Intanto non dobbiamo generalizzare perché tanti giovani hanno veramente sangue nelle vene e si giocano la vita per darsi da fare nonostante la crisi, per vincere la banalità, per dedicarsi agli ultimi nelle tante forme del volontariato o con scelte forti di impegno, per esempio mettendo su famiglie solide Ma è vero, tra molti di loro regnano l’apatia, il disinteresse, le ‘passioni tristi’… come segni di un disagio profondo che noi siamo chiamati a interpretare, perché come dice qualcuno, sono un ‘urlo che aspetta una bocca’ per potersi esprimere. Per tramandare valori siamo chiamati a proporli con chiarezza, ma soprattutto a testimoniarli nella vita vissuta con scelte concrete e coerenti, pagando di persona. Preti, genitori, adulti, siamo chiamati a riattizzare nei giovani il desiderio di grandi ideali, provocandoli a “stare in alto” (don Milani) e a rifiutare la mediocrità. Per tanti adulti, invece, ultimamente c’è il vezzo di fare gli eterni adolescenti, e poi magari giudicando i giovani o gratificando la loro voglia di non crescere, di non affrontare la vita: così si uccidono i loro sogni, il loro futuro e li si lascia nel loro brodo…. Provocare, scomodare, inquietare con l’esempio ed il confronto, con il dialogo sempre, ma senza peli sulla lingua e però senza giudicare. Accogliere e scontentare, contestare affettuosamente, ma seriamente, l’istinto suicida che affascina chi dalla vita vuole solo avere e nulla dare, solo piacere e niente dovere, solo euforia e niente dolore, solo gratificazione e niente sofferenze, solo diritti e niente obblighi, solo vita senza morte : chi vuole conservare la propria vita la perde; chi è disposto a perderla la trova, dice Gesù: e questa proposta di Gesù resta sempre un grande pugno nello stomaco per tutti, me compreso!
Lei per un po’ di tempo è stato lontano dall’isola, come l’ha trovata al suo ritorno?
Il mio rapporto con l’Isola non si è mai interrotto, anche se è stato ed è ancora parziale. Procida è senza dubbio cresciuta , ma gli aspetti problematici e di regresso mi sembrano , purtroppo, prevalenti. Solo qualche esempio tra i tanti: trovo i rapporti umani più sfilacciati, talvolta inquinati da litigiosità o individualismo, con poca attenzione al bene comune e alla solidarietà. Ma la situazione più preoccupante, che mi coinvolge più direttamente come prete, mi sembra quella dei ragazzi e dei giovani… Anche qui, senza generalizzare e senza pessimismo: molti sono come canne sbattute dal vento delle mode, delle insulsaggini che assorbono da modelli deleteri della TV o dagli aspetti negativi della grande ‘rete’, dai troppi soldi a disposizione e da un conformismo trasgressivo anche di tanti adulti, nella famiglia e nella società, che danno un pessimo esempio! Sento dire e vedo tanti ragazzini con una vita ‘sregolata’ e ‘spericolata’ (droga, alcol, sesso precoce anche con gente più grande di loro), ‘schizzati’, rabbiosi…. Ma che cosa ci stanno dicendo i nostri ragazzi e a chi? Gli alibi o i modi per non vedere sono sempre tanti: “che c’è di male”… “che ci posso fare io?” … “tanto a Procida che cosa può succedere?”. E che cosa altro deve succedere per svegliarci dal sonno?! S. Alfonso ci ricorda: “La responsabilità è dei responsabili”…E Don Milani: “Tutti siamo responsabili di tutto”. Tanti, troppi adulti, anche tra i genitori, anche nelle varie istituzioni, quando non siamo complici, abbiamo fatto ‘abbandono nave’ e la nave va alla deriva! Ma quando il mare è agitato la presenza del comandante e dell’equipaggio deve essere più ferma, coraggiosa e compatta …. Chi ha orecchi per intendere, intenda!
Don Lello, qual è la situazione attuale della chiesa procidana, in termini di partecipazione e devozione?
Le ultime cose dette trovano anche la Chiesa e le comunità ancora piuttosto sguarnite, ma – in tutta verità – c’è molta sensibilità e passione educativa, forse più di tanti altri! Ma anche noi pastori e fedeli stiamo facendo un serio esame di coscienza, e una autocritica serena, ma seria sulle nostre responsabilità e sul da farsi. Trovo, però, una comunità ecclesiale cresciuta in questi anni a livello qualitativo, con tante iniziative sul piano della della catechesi e della carità…L’Azione Cattolica è una realtà molto attiva e vivace, specie tra i ragazzi e i giovanissimi. La pietà popolare è ancora molto viva e, rispetto a tanti altri luoghi del nostro meridione, è meglio orientata; tanti operatori pastorali portano lavorano con grande generosità. In questi mesi, poi, ho potuto inserirmi, nel tanto lavoro già svolto dai confratelli sacerdoti, ma insieme con loro stiamo cercando di fare verifica anche su non pochi segnali di difficoltà: un certo calo nella partecipazione ai Sacramenti, alla Messa Domenicale, ma soprattutto alla Confessione, specialmente tra i giovani, ma non solo… C’è un tasso di divorzi elevato, come anche un numero notevole di convivenze, con il carico di sofferenze, illusioni e delusioni che tutto ciò comporta, specialmente nei figli; alla pratica del culto non corrisponde un altrettanto forte impegno ecclesiale e civile … Insieme, sacerdoti e laici, vogliamo continuare a cercare nuove vie per rispondere alle sfide che la situazione attuale ci pone, per attuare in maniera intelligente le indicazioni del nostro Cardinale per il bene dell’isola.
Qual è il lavoro di un prete ed in quale modo può essere utile alla crescita della comunità parrocchiale?
Il lavoro di un prete innanzitutto è quello di fare , come ogni cristiano, la volontà di Dio ogni giorno, compiendo bene e per amore il servizio che gli affida il Vescovo. E il suo ministero è di aiuto se non si sente mai arrivato come uomo, cristiano e prete, con le sue forze e le sue debolezze…! Il lavoro che aiuta è quello di un prete che impara innanzitutto da Gesù, ma anche da tutti i compagni di strada. Il lavoro di un prete aiuta se egli è un cercatore di Dio insieme a chi lo ha già trovato, ma anche uno che condivide la fatica di chi non lo trova o di chi è scettico, indifferente, sapendo provocare se stesso e loro riaprire il capitolo della fede e la domanda su Dio, sui valori ultimi, sull’eternità…Il lavoro di un prete aiuta se egli è un uomo ‘di Dio’ e che perciò può e sa essere di tutti, senza lasciarsi catturare da nessuno e senza nessuno solo per sé. Per essere utile alla comunità parrocchiale , poi, paradossalmente un prete dovrà imparare ad essere utile a tutti, anche al di fuori, come ha fatto Gesù… Come Gesù, con un cuore mite e umile; come Gesù, dedito all’azione e alla contemplazione, che dice a tutti la bellissima notizia che il Padreterno tutti ama e per tutti sogna una vita bella, buona, vera, qui e per l’eternità. Il prete aiuta quanto più educa alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, a impegnarsi dando il proprio apporto per il bene di tutti. Un prete aiuta la sua comunità quando per essa celebra l’Eucaristia, quando guarisce le ferite provocate dal peccato, offrendo il perdono nel Sacramento della Confessione; un prete aiuta la comunità quando la guida con fermezza e amorevolezza, quando vuole bene e lavora in comunione e collaborazione con gli altri preti, con i frati, le suore, tutti i consacrati, i laici, specialmente le famiglie, in unione al suo Vescovo e al Papa, e con tutti gli uomini di buona volontà. Un prete aiuta la sua comunità quando sa riconoscere e apprezzare i doni e i carismi che lo Spirito Santo ampiamente dona. Un prete aiuta la Comunità quando non le consente di chiudersi in se stessa, ma la spinge ad uscire dal tempio, per essere tutti “buoni cristiani e onesti cittadini” , come diceva don Bosco. Il prete aiuta quando , con l’aiuto di Dio, è prete e fa il prete ventiquattro ore al giorno e tende sempre alla santità, niente di più ma neanche niente di meno.
Se non avesse sentito la vocazione e dunque non avesse scelto di essere sacerdote, quale lavoro avrebbe fatto?
Il medico… e il medico missionario, con moglie e figli ma medico in terra di missione. Ricordo che accompagnavo don Michele Ambrosino al Gesù Nuovo …Lui si andava a confessare ed io andavo a pregare davanti a San Giuseppe Moscati: gli dicevo sempre la stessa cosa….Se devo essere medico, vorrei essere come te. Se però il Signore vuole altro da me digli che me lo facesse capire. E così è stato.
tratta dal mensile il foglio del mare