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Raccontare il presente, capire il futuro

Grazie papa’, il bene si fa e non si dice!. Come Michele Lubrano Lavadera riesce a tornare a casa “vestito da donna

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Giu 23, 2015

Franco Ambrosino | Chi l’avrebbe mai detto che vestito da donna sarebbe riuscito a scampare ad una fucilazione!
“Il pericolo e il rischio  aguzzano l’ingegno , saresti capace di cose inimmaginabili, finanche di mangiare la merda!”.
Forse questi  ed altri pensieri simili dovevano  affacciarsi  nella mente di Michele quando si trovava a rammentare i particolari della sua vicenda Resistenziale ai figli ed agli amici.
Correva l’anno 1943 e Michele Lubrano Lavadera, primo di nove tra fratelli e sorelle era un militare della Regia  Marina Militare Italiana  in servizio presso una nave ancorata nel porto di Castellammare di Stabia. Il porto di Castellammare in quel periodo  era tra i cantieri navali militari e civili  più importanti del centro sud, per la sua posizione nevralgica  di prossimità a Napoli e Salerno e  a poche ore dalla Capitale tale da renderlo  di fatto un obiettivo strategico fondamentale. Per tutto il corso del ‘43 la città, il porto , come il resto del paese si preparano a quello che sarà il “redde rationem” contro il fascismo e l’alleato tedesco. Un susseguirsi di avvenimenti  che annienteranno  ogni minima fiducia nel regime e culmineranno nei  tremendi eventi   definitivi della Liberazione. Decine, centinaia di testimonianze orali, documentali, video, hanno messo in luce  come  si sia passati dalla fedeltà al Regime alla sua completa abiura, alla sua totale eliminazione,  attraverso un processo  di liberazione progressivo  da ogni vincolo, materiale ed ideale. Una popolazione civile e militare ormai stremata dalla fame e stanca dei soprusi e dei privilegi del regime, quando venne messa alle strette riusci’ a trovare la forza di  ribellarsi per sopravvivere, per riaffermare la democrazia. Furti, rapine, razzie sono ormai all’ordine del giorno, ma rappresentano solo e soprattutto un istinto primordiale,  quello della mera sopravvivenza in ragione del quale si stabilisce nella società un tacito  consenso verso una Legalita’ superiore, che forse non sta scritta in nessuna Tavola, in nessuna Legge, ma sta radicata nella coscienza di tutti coloro che intendono difendere il bene più prezioso che hanno, la propria vita. Le prime avvisaglie si ebbero già nella primavera dello stesso anno, quando il Direttore del Cantiere chiese al Commissario prefettizio, che reggeva le sorti dell’amministrazione comunale, l’autorizzazione a costruire un rifugio antiaereo dove poter ricoverare le maestranze in caso di attacco, ed altri due furono poi costruiti in citta’ , uno presso la ferrovia ed un’altro presso la scuola media, a dimostrazione che ormai si attendeva ciò che poi ufficialmente si formalizzerà nel settembre successivo. Dopo lo sbarco alleato anglo-americano (10 luglio 1943), e i primi  bombardamenti tra il15 e 16 e il 17 e 18 luglio che generano le prime vittime, furono individuati  altri rifugi  nelle gallerie  della Circumvesuviana. Dopo   l’arresto di Mussolini del 25 luglio e lo scioglimento del Gran Consiglio del Fascismo anche Castellammare inizia a mutare la propria pelle rapidamente , con il cambiamento dei nomi di due delle piazze più importanti :  “ Piazza Italo Balbo” tornerà ad essere Piazza Municipio e “Piazza Ciano”  cedera’ al tradizionale Piazza Terme. La forte presenza militare non arresta l’organizzazione più o meno clandestina dei movimenti antifascisti, il sindacato stabiese forte della consistente e storica presenza operaia annovera tra le sue fila alcuni dei protagonisti dello sciopero del 1* settembre che porto’  in strada migliaia di stabiesi nella protesta per il pane, con a capo gli operai dei cantieri navali. L’armistizio non fa altro che formalizzare  ciò che di fatto era già avvenuto da tempo, l’ asse è ormai rotto ed esiste un unico nemico, la Germania.
La città si prepara allo scontro finale!
La  “battaglia” dell’11 settembre diventa per Castellamare la strenua difesa del proprio patrimonio, il porto con il suo cantiere, la difesa della propria identità di fronte all’assalto tedesco . L’ordine germanico era quello di distruggere il porto di Castellamare. L’esercito prima, la Regia Marina Militare , la popolazione civile poi, cercarono di resistere e se anche alla fine non riuscirono ad opporsi alla violenza tedesca, innescarono l’animo della rivolta che poi trascino’ i napoletani ed i campani fino  alle Quattro Giornate di Napoli.
In questo contesto Michele matura la decisione di tornare anzitempo a casa.  Ce’ una famiglia numerosa che l’aspetta, tante bocche da sfamare , un lavoro da riprendere, una vita normale da riorganizzare.

Riesce a digiunare  per una settimana la propria porzione di pane riservata  a militari e civili ( a ciascuno spettavano circa 200 grammi di pane giornalieri) e a nasconderla in una sacca per poi prepararsi alla prima occasione. utile.
Questa si presenta con un vestito di donna!
Michele si fa prestare un  abito femminile da una delle stabiesi che si recano a bordo per lavare gli indumenti militari e riesce a scendere dalla nave sulla quale era imbarcato, sfuggendo ad una pattuglia  tedesca  che non riesce a riconoscere la sua reale natura ( anzi deve resistere alle conseguenze di un tentativo di approccio di un soldato non troppo sobrio ).
Così abbigliato  raggiunge a piedi Monte di Procida  con passo spedito  e con in mano la borsa del pane conservato, attraversa lo stretto di mare nuotando a ridosso di un imbarcazione di un pescatore fino a raggiungere la spiaggia della Silurenza.
Se le donne sono come i gatti che hanno sette vite, quella volta  Michele ne porta in dote  nove, tante quante furono necessarie alla propria famiglia per andare avanti. Ormai capofamiglia da anni assolse a questa responsabilità nel momento per lui più difficile, portando loro sostentamento materiale ed economico  ma soprattutto il conforto e l’aiuto che proseguì tutta la vita. Con la fine del conflitto difatti continuò’ nelle sue consuete occupazioni, di pescatore, contadino e  marittimo ( alcuni suoi imbarchi durarono anche 24 mesi su navi mercantili e poi nel Golfo di Napoli , Span e poi Caremar) riuscendo con i soldi guadagnati  a far maritare la sorella maggiore ed ad avviare alla realizzazione il resto della famiglia. Si sposerà più tardi, a 33 anni  ed ebbe  tre figli ( Porfilio , Rachele e Giuseppe) riuscendo a non far mancare nulla a loro  ( un affermato professionista il primo con una splendida figlia, madre di due  la seconda) e soprattutto resterà continuamente accanto alla moglie ( incapace di provvedere a se stessa a seguito di un tragico evento) con amore e dedizione.
La pensione di guerra gli fu negata, perché risultava “disertore” ( reato poi amnistiato), avendo abbandonato la  divisa anzitempo.
Come si può accusare di tradimento o diserzione una persona che riesce in condizioni difficilissime a tornare a casa portando in una busta il pane risparmiato per una settimana? Primo di nove tra fratelli ( 7) e sorelle (2) .
Quale valore possono avere per Michele  le leggi e i regolamenti militari?
Quale senso dello Stato era andando ridisegnando Michele con il proprio gesto, con tutta l a propria esistenza?
Molto precocemente si avvia al lavoro, a 14 anni pescatore a Trieste ( e precocissimo governerà un peschereccio da solo) , poi di nuovo  pescatore e poi marittimo a Procida. Assume la responsabilità della famiglia, della madre , dei fratelli e delle sorelle, dopo il suo ritorno antepone la propria realizzazione a quella della sorella Memena, che aiuterà a sposarsi , per poi riuscire a formarsi la sua famiglia più tardi.
Castellamare paga un alto tributo umano ( 31 morti negli scontri tra l’11 e il 28 settembre , data ultima del conflitto più cruento e  di prigionieri e deportati nei campi di lavoro dai tedeschi) e nel 2005 ricevette la medaglia d’oro al Merito civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per aver resistito ed essersi opposta alla violenza nazifascista.
“ Importante centro del Mezzogiorno, all’indomani dell’armistizio , fu oggetto della violenta reazione delle truppe tedesche che, in ritirata verso il Nord, misero in pratica la strategia della “ terra bruciata”, distruggendo il cantiere navale, simbolo della città eroicamente difeso dai militari del locale presidio  e gli altri stabilimenti industriali. Contribuì alla guerra di liberazione con la costituzione spontanea dei primi nuclei partigiani, subendo deportazioni e feroci rappresaglie  che provocarono la morte di numerosi concittadini . 1943-1945 Castellamare di Stabia (NA)”. ( questo il testo dell’onoreficenza).
Michele proseguì la sua vita accanto alla famiglia, ai fratelli, alle sorelle, ai figli e soprattutto alla moglie, convinto in cuor suo e dei cari che non ci sia  miglior premio che quello dell’affetto delle persone che ti vogliono  bene , serbando dentro di se per sempre  l’idea per cui il bene si fa e non si dice. Michele, forse non sarà stato un ‘eroe nella accezione  convenzionale del termine , ma appartiene a quelle rare persone  che trovandosi in determinate    situazioni hanno saputo prendere la decisione giusta per i figli, per la moglie, per i propri cari.
Per  la comunità.

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