Redazione | Durante la consueta attività di polizia marittima da parte dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Procida, gli uomini a comando del T.V Sabria Di Cuio hanno portato – ieri l’altro – all’elevazione di un processo verbale di 4.000 euro e il sequestro di circa 300 esemplari di ricci di mare, pescati nelle acque procidane, in un quantitativo nettamente superiore a quanto consentito dalla legge per la pesca sportiva, che pone quale limite, un numero massimo di 50 esemplari al giorno per persona.
L’attività, posta in essere dai militari della Guardia Costiera, ha visto l’intervento via mare di una squadra di militari, attivata a seguito di una segnalazione di un bagnante, che aveva notato la presenza di pescatori di frodo intenti l’attività di pesca vietata in zona Faro. Si è resa, altresì necessaria, la presenza di un pattuglia via terra, che è intervenuta per cercare i contravventori, che, alla vista del battello della Guardia Costiera, al fine di sottrarsi ai controlli, si erano rifugiati in prossimità di un rudere abbandonato.
Una volta recuperato il pescato, gli esemplari ancora viventi sono stati rigettati in mare.
Il Capo del Circondario marittimo ha colto l’occasione anche per evidenziare alcuni obblighi normativi fondamentali della pesca sportiva:
- il pescatore sportivo può pescare pesci e molluschi (cefalopodi, seppie, polpi e calamari) e crostacei in quantità massima di kg. 5 giornalieri, salvo il caso di pesce singolo di peso superiore;
- la vendita dei prodotti ittici pescati è vietata.
- Non può essere catturata giornalmente più di una cernia e, come già citato, i ricci di mare possono essere pescati in un quantitativo massimo di 50 esemplari a persona.
Infine come disposto dalla vigente ordinanza di sicurezza balneare nr. 8/2014 del Ufficio Circondariale Marittimo di Procida, durante la stagione balneare, dalle ore 07.00 alle ore 20.00, qualsiasi tipo di pesca anche subacquea, fatti salvi gli altri limiti vigenti, può essere esercitata solo oltre il limite delle zone di mare riservate alla balneazione.
Il fatto di ieri rientra purtroppo nell’ambito del fenomeno della pesca abusiva, attività sovente perpetrata da individui non appartenenti al ceto peschereccio e non iscritti nei registi professionali dei pescatori i quali, oltre ad effettuare l’attività di pesca con modalità illegali o loro non consentite, pongono in vendita quanto pescato in maniera altrettanto illegale, con notevole rischio per la salute dei consumatori in special modo, per l’incerta provenienza del prodotto ittico venduto e le modalità con cui lo stesso viene conservato e posto in vendita.