Mimmo Spartivento | Un evento di fine estate da raccontare , per trasmettere – anche a futura memoria – l’ancora intatta bellezza dei nostri mari e la grande capacità delle nostre donne a far fronte positivamente a situazioni, in un certo senso, insolite e difficili.
Dunque, giovedì 3 settembre, siamo nella baia del “Caraugno”, lato “Campaniedde”, per trascorrere la nostra giornaliera ora di sole e di mare. Con noi, lo stuolo delle belle signore della zona: Mariuccia, Annamaria, Carmelina, Anna, Rachele, tutte rigorosamente in bikini, a fare gossip sulla scogliera del bagnasciuga. Salvatore è steso al sole con le immancabili parole crociate, Vittorio fa il subacqueo in cerca di “taratufi” e ricci.
Ad un tratto si levano delle grida: è una giunonica signora romana che sta facendo il bagno sulla “secchetella” lì davanti con il marito, che richiama l’attenzione. Agita le braccia, cerca di guadagnare la riva, si agita a più non posso. Dice che ha sentito un pesce che si dibatteva fra le sue gambe, ha paura di essere morsicata. Annamaria, nota nella comitiva per la sua voce squillante, è la prima a rendersi conto della situazione. Si alza, corre verso il mare e vede un “pescione” che si dibatte fra le onde. Per niente impaurita, le propina due urla addosso: la sua voce vibrante forse lo stordisce: allora cerca di afferrarlo con le mani, ma il pesce le scivola tra le dita, cerca di riguadagnare il mare sulla “secca”. Annamaria non si scoraggia, prende un asciugamano e glielo lancia addosso. Intanto anche Carmelina si dà da fare: anche lei prende un asciugamano e lo lancia sul pesce , che s’impiglia prigioniero.
E così le nostre donne catturano il “pescione”: è uno splendido esemplare di cernia, di circa tre chili che, buttato al secco sulla roccia del costone, si agita e si sbatte, con l’occhio da vero pesce morto verso le signore del “Caraugno”: l’occasionale signora romana che si è calmata e prende il telefonino per fotografare il pesce e guarda con passione il marito, Annamaria che continua a gridare di gioia, Carmelina che osserva pensierosa il pesce e suggerisce a Salvatore la parola di 5 lettere che inizia con “p”. Mariuccia, Anna, Rachele sono le più premurose.
Prendono il pesce, lo avvolgono nell’asciugamano che è servito per la cattura, lo mettono al fresco, all’ombra di uno spuntone del costone, e iniziano a discutere su come cucinarlo. Intanto sono arrivati gli “uomini” dello scoglio, Vittorio e Rino. Dopo una rapida consultazione, decidono di pulire il “pescione”. Le interiora sono buttate in mare, due gabbiani si lanciano “a pesce” e beccano il saporito cibo ancora grondante sangue: la Natura fa il suo corso di vita.
Paolo completa l’operazione, si dà da fare sciacquando la scogliera dove la cernia è stata squartata; Alessia, il suo amore romano, affettuosamente lo guarda, pensa che sarà un buon uomo di casa! Ma è l’altra signora romana che sprizza contentezza, ma anche malinconia e delusione, nel suo bikini azzurro: pensa ancora a quel “pescione” vivo e turgido che aveva trovato rifugio tra le sue gambe e che ora giace, floscio e squartato, sugli scogli della baia.
“Com’è strana la vita che continua anche non c’è più” – si consola la giunonica signora – Il pesce del Caraugno anche da morto continuerà a svolgere la sua missione di vita, allietando la bocca delle signore del Caraugno, al forno o con i “paccheri”della signora Rosaria.