Redazione | All’improvviso, un singhiozzo rompe quasi l’aria di religioso silenzio che accompagna il racconto di quel tragico 18 novembre di vent’anni fa. E’ la lacrima di una ragazza del secondo liceo scientifico che, insieme ad un’altra classe del secondo Nautico, è presente nella sala comunale “Vittorio Parascandola” alla commemorazione di Antonio Raimondo e Gaetanina Scotto di Perrotolo. Con loro, i rappresentanti delle Forze dell’ordine con il Mar. dei Carabinieri Massimiliano Albero, la comandante della Guardia Costiera Sabrina Di Cuio, i rappresentanti delle associazioni locali e soprattutto i familiari e gli amici di Gaetanina Scotto. Tra i relatori un amico e collega dello sfortunato copilota, nonché giornalista e scrittore, Paolo Miggiano. Dopo un breve saluto del sindaco Dino Ambrosino, che ricorda la grande generosità delle due sfortunate vittime, è proprio Paolo Miggiano a rapire l’attenzione dei presenti. Il giornalista ripercorre gli anni della sua amicizia con Antonio Raimondo, da quando giovane allievo arrivò da Palermo alla scuola di volo, fino purtroppo a quel maledetto giorno di 20 anni fa. Il racconto si sofferma sugli attimi che precedettero la sciagura e le varie dinamiche di quella giornata. Quei ricordi anche se raccontati chissà quante volte, fanno luccicare gli occhi anche a lui. «Lo dico senza giri di parole, la morte di Nina e Antonio, è una morte dovuta ad una serie di ERRORI. Il primo errore – che poi è alla base dell’accaduto – fu invocare un soccorso urgente ed immediato per un ustionato. Situazione non grave tanto che il ragazzo scappò dal campo sportivo e fu ritrovato dopo qualche ora e trasportato in terraferma con calma. Poi punto secondo. All’epoca non c’era l’elisoccorso. C’era una procedura ben precisa che indicava cosa fare e chi chiamare in caso di soccorso. Bene. La prefettura per le isole chiamava sempre la Polizia. Non si è mai capito il perché. Basta pensare che nel soccorso del 18.11.1995 se fosse stato allertato un elicottero dell’aeronautica, forse, l’incidente si sarebbe potuto evitare. Tutti sanno che gli elicotteri dell’aeronautica sono più attrezzati. Terzo punto – e continua Miggiano – la disorganizzazione in seno alla sala comando della Polizia. Basta pensare che il primo pilota allertato disse di No, “Non parto per Procida, per salvarne uno non ne ammazzo tre”, e allora nel verminaio più totale si alza un altro Pilota e si prende la briga di partire. Antonio non potè rifiutarsi, ma ai colleghi disse “ Andiamo a Morire”. Il poli51 si alza in volo, dalla torre di comando confermano che c’è un vento sui 55 nodi. Basta pensare – dice ancora Miggiano – che per arrivare a Procida l’elicottero impiegò più del doppio necessario con condizioni meteo normali».
All’incontro – sapientemente moderato da Antonio Carannante, che per una giornata ha smesso i panni di assessore – hanno partecipato anche la Preside Maria Salette Longobardo, il cons. comunale Maria Capodanno e l’assessore alla sanità Carlo Massa. La preside, nel suo intervento, ha richiamato l’attenzione dei discenti presenti in sala, sulla serietà da tenere nel percorso di apprendimento, ricordando gli studi di Gaetanina tra sacrificio e abnegazione. Maria Capodanno, memoria storica della politica isolana e per anni anche regionale, ha ripercorso le tappe istituzionali che hanno poi visto negli anni l’istituzione dell’idrambulanza, dell’attuale eliporto e le varie conquiste raggiunte nel campo della sanità sull’isola. Proprio sulla sanità e sulla gestione delle emergenze si è soffermato l’attuale assessore Carlo Massa. Senza troppi giri di parole – com’è nel suo modo di fare – da collega di Gaetanina ( dopo averne ricordato alcuni momenti ) e da persona addentro alla sanità, l’assessore ha illustrato una serie di problematiche che ancora oggi afferiscono alla struttura ospedaliera. «Purtroppo nonostante il buon lavoro di chi mi ha preceduto, non abbiamo ancora tutto, abbiamo si l’elicottero, la pista, ma dobbiamo fare di più per la cosiddetta “golden hour”, l’ora d’oro. Nella prima ora dopo un incidente, un trauma, si gioca la vita di una persona. Abbiamo bisogno di protocolli standardizzati. Vi do un dato oggi per fare un trasferimento in terraferma ci vogliono dalle due alle tre ore. Assurdo. Basta pensare a quanto accaduto qualche mese fa. Un esempio di ottima sanità dovuto solamente alla bravura del chirurgo di guardia. Oggi, non abbiamo l’ecografo. Non abbiamo una rianimazione. Insomma un bellissimo ospedale ma vuoto. Sarà mia dovere e mio impegno far si che le procedure in caso di emergenza siano univoche. L’ospedale va riorganizzato e potenziato. Avere la degenza non basta – e conclude – dobbiamo batterci tutti perché questo avvenga e noi come amministratori faremo la nostra parte».
A chiusura dell’incontro è di nuovo Paolo Miggiano a riprendere la parola, chiosando e leggendo un pezzo della piece teatrale presentata a Procida anni fa dal titolo “Le mie lacrime non le Vendo” : «Le medaglie, i risarcimenti non sono serviti e non servono. Per queste due morti c’era bisogno che qualcuno si prendesse la responsabilità. Così non è stato. Tre gradi di giudizio e tutti assolti. Io purtroppo sono convinto che un responsabile ci sia, basta leggere le carte dei vari processi che si sono tenuti. In una nota di un avvocato difensore del pilota, si legge che l’assistito ( il pilota ) una volta atterrato a Procida, lasciò i motori in moto con le pale che giravano lentamente. La verità è che con quel vento, le pale per equilibrare la forza, dovevano girare al massimo. Se girano lente possono inclinarsi, cosa che è puntualmente accaduta».