Redazione | L’ipotesi avanzata dal Presidente della Regione Campania Enzo De Luca, di “tagliare” alcune fondazioni “inutili”, ha allertato e non poco i procidani. Tra le fondazioni spiccherebbe anche l’Albano Francescano, fondazione che provvede ad accudire le persone indigenti. Per tutta la giornata di ieri la notizia ha fatto il giro dell’isola e non, tanto da essere oggetto di numerosi interrogativi anche dei media regionali. Il taglio ipotetico della fondazione “Albano Francescano” è stato assimilato alla chiusura di Vivaro, alle nefaste sorti dell’isolotto, che si priverebbe di chissà quali risorse economiche. Nulla di più confusionario. Lascia basiti che ad ingigantire questa opera di confusione ci abbiano pensato anche certi psieudo intellettuali molto addentro alle cose di Vivaro. Dimenticando la cosa più importante e cioè l’oggetto sociale della Fondazione Albano Francescano che certamente non è quello della gestione e del mantenimento di Vivaro.
A tal proposito, allora, le parole del Governatore De Luca – nel suo appuntamento con Lira TV che settimanalmente anticipa quello che si discuterà a Palazzo Santa Lucia – ci danno la possibilità di riannodare i fili degli ultimi mesi e rammentare a qualche smemorato come stanno le cose, tra Albano Francescano e Vivaro e tra Vivaro ed i legittimi proprietari.
La creazione della Fondazione Albano per finalità di assistenza ai poveri fu un grande gesto di solidarietà umana, come lo fu successivamente quello di Padre Ludovico da Casoria e dei Francescani Minori, dei donatori, tra cui Scotto Lachianca. Era quella la Procida solidaristica, per secoli, all’avanguardia nell’aiuto a chi ne aveva bisogno. Oltre l’Ospedale Albano Francescano, (Albano 1842, altra struttura Francescana 1862, fusione delle due strutture 1929) ricordiamo il Monte della Pietà (1562) il Pio Monte dei Marinai (1616), il Conservatorio delle Orfane (1651) e le tante Congreghe di Carità in varie epoche.
Vivaro – invece – fu riserva di caccia dei Re Borbone nel 1735, era stato un feudo fino al 1806 quando Giuseppe Napoleone li abolì l’isolotto divenne demanio comunale. Nel 1820 il Decurionato locale deliberò di affidare 40 moggia di Vivaro a 10 famiglie procidane per farlo coltivare e lasciare le altre 30 moggia come bosco ad uso della popolazione. Non se ne fece nulla e nel 1833 il Comune di Procida la diede in enfiteusi a Nicolangelo Scotto di Perta che vi coltivò vite, ulivo, frutta. I suoi due figli eredi la affrancarono nel 1868 versando £ 14.000.al Comune e dividendosela per metà. Uno dei due, Nicola, avendo contratto un mutuo col Banco di Napoli non onorato subì esproprio con aggiudicazione all’ Ing Young Lamont nel dicembre 1904. L’altro germano sac Antonio impugnò tale aggiudicazione e la lite si concluse con l’accordo tra le parti. Lamont Young voleva comprare anche l’altra metà dell’ isola dagli Scotto di Perta ma non vi riuscì. Antonio Scotti di Perta e i suoi eredi decisero essi di comprare la metà di proprietà Lamont Young. Si impegnavano a versargli £ 21.000 in quattro anni, a rate, mettendo l’isolotto a garanzia. Non essendo riusciti ad onorare l’impegno l’isolotto veniva messo all’asta giudiziaria presso il Tribunale di Napoli ed acquistato dal medico Biagio Scotto Lachianca in data 15 maggio 1911. Il 27 aprile 1912 la rivendette al fratello Biagio ma alla cui morte ritornò a Domenico per eredità. Questi non avendo eredi in linea retta decise con testamento olografo di nominare l’Ospedale Civico Albano Francescano erede universale dei suoi beni per l’assistenza ai poveri che vi trovano ricovero. Dal 18 luglio 1940, data della morte del donatore, l’Albano Francescano ne è stato il proprietario. Ricordiamo che l’apposizione del vincolo di “Riserva Naturale” non ha intaccato il diritto di proprietà.
Vediamo le varie fasi della controversia più recenti: L’avv. Giuseppe Diana, nell’ottobre 1999, ritenendosi erede in via collaterale (ramo materno) di 8° grado degli Scotto Lachianca, con supporto di amicizie locali e su attestato del Curato Luigi Fasanaro, avviava azione giudiziaria per riaprire la successione in suo favore ed avere in proprietà l’isolotto di Vivaro e tutti gli altri beni dall’Ente ereditati. Egli sostenne di essere nipote, in linea materna di Antonio Schiano Lomoriello, a sua volta parente di 5° grado di Scotto Lachianca. Il motivo della richiesta di annullamento della donazione era il fatto che, a suo giudizio, l’Ente non erogava più assistenza sanitaria, perché di competenza dell’ASL e, dunque, disattendeva lo Statuto, facendo venir meno la motivazione della donazione. stessa.
Faceva riferimento a modifiche del Regolamento interno avvenute nel 1993, adottate per adeguarlo alla normativa Regionale (Legge n° 17/91). Aderiva alla richiesta del Diana anche la signora Maria Schiano Lomoriello di Monte di Procida che riteneva di vantare i suoi stessi diritti di erede. Oltre l’Albano Francescano anche il Comune di Procida si costituiva sostenendo il rigetto delle pretese dell’avv Diana. Nel 2001 il Tribunale di Napoli e nel 2002 la Corte di Appello di Napoli respingevano le richieste dell’avv Diana che ricorse in Cassazione. Questa Corte affidava ad altra Sez. della Corte di Appello di Napoli il giudizio per approfondimenti. Intanto deceduto Giuseppe Diana, subentravano i figli Antonio e Francesca, residenti a Monte di Procida e a Napoli rispettivamente. Questa volta la sentenza fu favorevole ai Diana e a ricorrere in Cassazione furono l’Albano Francescano ed il Comune e la suprema Corte inviò nuovamente alla Corte di Appello di Napoli, diversa Sezione, il contenzioso per ulteriori approfondimenti. Nel gennaio scorso la Corte inviava la vertenza a sentenza, poi emessa il 7 maggio scorso.
Da allora e prima delle dichiarazioni del Presidente De Luca, su l’Albano Francescano c’era un silenzio assordante. Si sa che il CDA ha dato mandato nell’estate scorsa ai propri legali di proporre istanza di ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Napoli, ma nulla è dato sapere per tutto il resto. Anche il volenteroso assessore Antonio Carannante, in questi primi mesi di amministrazione, ha cercato di capirci di più. Allo stato dei fatti Vivaro non è visitabile, pende un (dis) sequestro della Guardia di Finanza. La proprietà Montese ( Diana ) non manca occasione per rivendicare il suo ruolo nelle more di un qualsiasi programma di valorizzazione del bene. Il Presidente del Comitato di gestione, Maurizio Marinella il re delle cravatte, confida un giorno si e l’altro pure che vuole lasciare l’incarico. Insomma un bel casino. Ovviamente su tutto ciò dovrebbe – diciamo così – intervenire anche per fare chiarezza, l’attuale presidente Emilia Carannante, che da quando si è insediata e cioè da quasi tre anni, non ha mai sentito l’esigenza di presentarsi alla stampa ( e alla popolazione) per illustrare lo stato di “salute” dell’ente e rendere la popolazione procidana partecipe delle iniziative da intraprendere.
…..questi Carannante!!!!!
…….ma Emilia Carannante è in linea con l’attuale amministrazione????
O si deve dimettere perchè nominata da Caldoro???