Redazione | La storia di Luigi è solo una delle tante dei volti nascosti del decreto Salva Banche. Pensionato marittimo Luigi trova il coraggio di raccontarci il dramma che sta vivendo: «Oltre ventimila euro in azioni subordinate, nessuno ci ha spiegato i rischi che correvamo, sono indignato e amareggiato». Luigi, sposato e padre di due ragazzi, una vita in mare, aveva investito parte del suo patrimonio proprio nella piccola banca Marche : «Da sempre sono correntista del Banco di Napoli e lo sono ancora. Per anni grazie ad un’amicizia locale, Mimì P., avevo investito i miei capitali alla banca d’America e d’Italia che si trova a Santa Brigida a Napoli. I tassi erano alti e si facevano dei buoni investimenti. Poi con gran parte dei risparmi, negli anni novanta mi sono rifatto la mia casa che era di mio padre con tanto giardino e prosciugai le casse dei miei risparmi. Un po’ come facevano all’epoca ogni marittimo procidano. Il passaggio poi della Banca d’America e D’Italia alla Deutch Bank, mi convinse a tornare al Banco di Napoli. I tedeschi non mi piacciono».
Veniamo ai giorni nostri dove la storia di Luigi si intreccia con la vita del figlio. «Mio figlio grande conobbe una ragazza di Monterubbiano in provincia di Fermo e spesso e volentieri ci recavamo da lui a trovarlo. Lui conviveva con lei che all’epoca faceva la farmacista. Una domenica, a tavola si discuteva di soldi e di tasse e la ragazza ci parlò della possibilità di investire anche piccole quote proprio nella banca delle Marche, che offriva dei buoni guadagni e che ci avrebbe fissato un appuntamento informale con un suo prozio, che si intendeva di risparmi e proponeva formule vantaggiose a piccoli risparmiatori».
Luigi riavvolge il nastro del tempo e prosegue. «Tornati a Procida io e mia moglie riflettemmo su quanto ci era stato detto e decidemmo anche la cifra da investire, un BOT scaduto proprio in quei giorni di circa 25 mila euro. Un piccolo gruzzoletto che a dire il vero avremmo poi destinato proprio ai nostri figli. La settimana successiva o l’altra dopo non ricordo bene, ritornammo a trovare mio figlio e preciso e puntuale si fece trovare a casa anche quel parente della sua fidanzata. L’uomo sulla sessantina con un fare affabile e da buon venditore ci spiego un pò le strategia della banca – per quello che potevamo capire – e ci rassicurò sul fatto che avremmo fatto un buon investimento. Anzi e devo essere sincero a testimonianza di quanto stava dicendo si portò una decina di altri contratti e una serie di documenti che attestavano la validità delle sue parole. Ci fece vedere una serie di prodotti che offriva la banca e si soffermò sulle azioni e comunque ci disse di rifletterci e di investire anche una cifra non cospicua. In poche parole ci convinse, fu bravissimo tanto che decidemmo di fare l’investimento».
E qui Luigi tira fuori le carte che testimoniano quanto ci racconta. «Non più tardi di un mese, esplicate tutti gli adempimenti sottoscrivemmo quelle azioni. Eravamo contentissimi». Il racconto di Luigi si interrompe di un tratto, squilla il telefono ed è proprio il figlio che dall’altro lato della cornetta racconta quanto ha saputo da un incontro avuto con i vertici della filiale dove il padre aveva sottoscritto le azioni. Poi si risiede e ancora più deluso: «Sono davvero schifato, scusa il termine ma lo puoi anche scrivere, si sono guardati bene dall’avvisarci che stavano messi male e che stavamo facendo un investimento sbagliato, fra l’altro con interessi non eccezionali, facendomi firmare le solite paginate che non si leggono fidandomi di quel funzionario».
La faccia di Luigi si fa scura, stralunata, con foglietti bianchi in mano pieni di numeri e percentuali che finiscono tutte inesorabilmente con un numero: zero. Carta straccia di bond subordinati e azioni, niente fra le mani se non la rabbia e lo shock di chi si è impoverito nel giro di 24 ore.