Redazione | Sorprendentemente, a distanza di oltre 1 anno dall’ultimo atto assunto il 29/09/2014 relativo alla complessa e tormentata procedura di formazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTC, non più “provinciale” per effetto della istituzione della Città Metropolitana), con delibera del Sindaco Metropolitano n. 25 del 29.01.2016 il nuovo Ente ha finalmente “adottato” lo strumento urbanistico di livello territoriale che già sta facendo sentire i suoi non trascurabili effetti.
Si avvia così a conclusione un iter iniziato addirittura nel lontano 1999 e così dopo 17 anni si intravede, con l’“approvazione” da parte della Regione Campania, la possibile definitiva conclusione di tale percorso, anche se gli esiti positivi non sembrano del tutto scontati. In realtà la cosa, benché passata al momento quasi sotto silenzio stampa e mediatico, ha una forte rilevanza sull’attuale regime urbanistico dei vari comuni rientranti nell’ex Provincia di Napoli, tenuto conto che il PTC comporta importanti incidenze sul regime dei suoli, ancorché già codificati dagli strumenti di pianificazione a livello comunale.
E qui si pone una prima questione di fondo. Come dichiarato nello stesso Comunicato Stampa “Il PTC, come noto, ha carattere di ‘indirizzo”. Il che indurrebbe ad una certa tranquillità nell’azione ordinaria degli Enti Locali, che potrebbero continuare come se nulla fosse accaduto. Ma, colpo di scena, il complesso di norme assume anche valore conformativo e, quindi, prescrittivo per alcuni usi del suolo. Difatti nelle Norme Tecniche di Attuazione del Piano nella parte finale, all’art. 81, quasi un maligno colpo di coda, viene precisato che ”a decorrere dalla data di adozione del presente Piano si applicano le norme di salvaguardia di cui all’articolo 10 della Legge Regionale 22 dicembre 2004, n. 16”. La traduzione è contenuta nel testo dell’art. 10 della L.R. 16/04: “Tra l’adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, o delle relative varianti, e la data della rispettiva entrata in vigore sono sospese:
- a) l’abilitazione alla realizzazione di interventi edilizi in contrasto con la disciplina contenuta nei piani o nelle varianti in corso di approvazione; b) l’approvazione di strumenti di pianificazione sottordinati che risultano non compatibili con i piani o le varianti adottati”.In questo quadro assume particolare rilievo e importanza il problema dell’assetto del territorio procidano, ovvero, delle prospettive urbanistiche e paesaggistiche della nostra isola. Per riassumere brevemente l’antefatto, abbiamo chiesto al dott. Enzo Esposito, di raccontarci un po tutta la storia: « Va ricordato che Procida è un “territorio vincolato” con D.P.R. del 1956. E che dal 1971 tale vincolo è precisato in un piano territoriale paesistico (approvato col D.M. 1.03.1971). Siamo ormai a 45 anni di distanza: anzi, se si tiene conto degli studi preparatori, la normativa proposta ripercorre una realtà di 50 anni orsono, una realtà di un’isola che non c’è più. Ma la situazione normativa gravante su Procida nel settore è divenuta insostenibile dopo l’approvazione, da parte di un commissario regionale, del Piano Regolatore Generale (P.R.G. approvato nel 1984) in quanto la normativa urbanistica approvata risulta in gran parte difforme con il richiamato P.T.P. Questa è la causa principale del diffuso abusivismo edilizio verificatosi negli anni trascorsi: non la speculazione camorristica ma la necessità, da parte delle famiglie procidane di dare risposte alle proprie esigenze familiari.
Attualmente, la normativa del settore prevede che i due piani (urbanistico e paesaggistico) debbano essere unificati in un solo strumento denominato piano urbanistico comunale (PUC), contenente, nel nostro caso, norme sia di carattere paesaggistico che urbanistico. Nella scorsa legislatura regionale, in previsione di un disegno di legge che avrebbe dovuto approvare il nuovo piano paesistico della Campania, a Procida fu istituito (ottobre 2010 – febbraio 2011) un tavolo di lavoro cui parteciparono tutti i tecnici dell’isola, nonché un economista e un agronomo. Il tavolo elaborò un documento contenente un “contributo al nuovo piano territoriale paesistico regionale” riguardante l’isola di Procida. Questo contributo fu presentato in un convegno denominato “Identità e futuro” 11.02.2011, alla presenza dell’allora Assessore Regionale all’Urbanistica e del Consigliere Regionale responsabile dei rapporti tra Giunta e Consiglio. In proposito nel prendere atto delle osservazioni contenute nel documento, nella relazione al disegno di legge regionale di cui si è parlato innanzi, il piano paesistico di Procida viene definito “superato e obsoleto”. Al di là di ciò, il contributo, attraverso una analisi puntuale dei dati di partenza e della normativa esistente, ed altresì mediante un esame sul fenomeno dell’abusivismo, svolge una precisa analisi economica e sociale,
partendo dalle dimensioni dei problemi e dalle possibili linee di sviluppo ed esaminando i vari aspetti secondo la seguente scansione: filiera mare, filiera turistico – culturale, filiera commerciale – artigianale, filiera agricola. E avanza precisi interventi da proporre partendo dalla “città costruita”. In particolare tale interventi riguardano la tutela e l’uso della fascia costiera, la zona agricola, la promozione della ricettività, le aree di riserva residenziale per insediamenti produttivi, nonché di riserva naturalistica archeologica e verde pubblico. Come già detto, il disegno di legge per il nuovo piano paesistico non fu approvato durante la scorsa legislatura regionale: ne consegue che la situazione è rimasta bloccata. Nelle settimane scorse i tecnici della Città Metropolitana, che nell’ordinamento ha sostituito la Provincia, hanno organizzato alcuni incontri con i rappresentanti dei Comuni per la redazione del piano territoriale di “coordinamento provinciale” P.T.C.P., al quale il futuro PUC di Procida dovrà attenersi. Va sottolineato che questo pressing dell’area metropolitana si spiega, probabilmente, con la imminente scadenza elettorale del Comune di Napoli, visto che il Sindaco di Napoli è anche Presidente della Città Metropolitana».
La proposta avanzata dai tecnici dell’area metropolitana è assolutamente inadeguata e insufficiente perché addirittura più restrittiva del vecchio obsoleto ed esaurito piano paesistico di Procida. I rappresentanti della nostra amministrazione hanno tentato invano di evidenziare tale inadeguatezza, ma si sono trovati di fronte ad un netto rifiuto in quanto i tecnici redattori hanno risposto che non c’era più niente da fare, giacché l’esistenza del piano paesistico vigente li costringeva ad attenersi a questo e quindi a redigere la proposta di cui si è detto. Ognuno Si rende conto, a questo punto di quanto sia grave la situazione, giacché una tale prospettiva impedirebbe all’isola ogni ipotesi sia pur minima di sviluppo in tutti i settori di attività, a cominciare da quello turistico ma anche artigianale, commerciale, agricolo, residenziale. La soluzione a questo punto è di tipo politico; e consiste, in primo luogo, nell’impegnare la Regione alla redazione del nuovo piano paesistico o comunque di creare una normativa di settore che possa favorire il superamento del P.T.P. di Procida dalla stessa Regione definito obsoleto e superato. E qui casca l’asino! Infatti, in nove mesi, l’amministrazione non è ancora riuscita a incontrare l’assessore competente, quasi fosse un marziano, né contattare sul piano politico, né sul piano istituzionale con i competenti organi regionali, nonostante che l’amministrazione regionale sia a prevalenza PD, come lo stesso Sindaco e Vicesindaco. Come si vede c’è da preoccuparsi molto in quanto il problema dello sviluppo della nostra isola riguarda l’avvenire dell’intera comunità e non può essere sottovalutato in alcuna maniera essendo anzi uno degli aspetti prioritari di ogni azione amministrativa.