Gino Finelli | Intervengo con queste mie riflessioni dopo un lungo silenzio , voluto per non entrare in un piazza di polemiche che da sempre ha caratterizzato sia la politica procidana che (ahimè) anche quella cosiddetta intellighenzia che troppo spesso per prendere posizioni e seguire opinabili principi, ha contribuito alla confusione di idee e programmi.
Questa volta però sento il dovere, come esperto della materia e dopo aver letto le vicende dell’Ospedale di Procida, di intervenire avvalendomi della mia lunga esperienza di medico, ma soprattutto di profondo ( me lo lasci dire) conoscitore dei problemi della sanità della nostra Regione.
Parlare oggi dell’inefficienza o della modestia capacità di azione sanitaria del presidio, mi appare offensivo per tutti coloro che, da anni, hanno potuto constatare che quanto era stato costruito e con non poca fatica, non solo non era mai decollato, ma anno per anno dimostrava sempre di più la decadenza, soprattutto dal lato funzionale.
Una struttura dotata di una sala operatoria , di chirurghi, di un servizio anestesiologico , di una radiologia,con una tac , avrebbe dovuto e potuto funzionare, certo non per le gravi o complesse patologie, ma almeno per quella routine che affolla gli ospedali più grandi e più attrezzati. Avrebbe dovuto e potuto funzionare per l’ostetricia, facilitando e dando sicurezza atutte quelle donne costrette a recarsi in elezione o in urgenza sulla terra ferma. Avrebbe potuto e dovuto funzionare non solo per gli interventi di chirurgia in day hospital, ma anche per quelli in anestesia generale, compatibilmente con le specifiche patologie.
Avrebbe potuto e dovuto funzionare per la medicina generale, almeno come screening iniziale e per le emergenze cardiologiche in percorso di stabilizzazione ed infine, avrebbe dovuto e potuto funzionare per offrire un valente servizio ambulatoriale specialistico di tipo diagnostico almeno per le specialità più indispensabili e mi riferisco all’oncologia, alla diagnostica per immagini, alla cardiologia, alla dermatologia, all’otorino, all’endocrinologia , utilizzando le specializzazioni in possesso dei medici che vengono solo per il turno di pronto soccorso.
Ma tutto questo non è avvenuto e con il tempo la struttura ha perso il suo ruolo di riferimento e soprattutto quella credibilità nei confronti della popolazione e degli operatori sanitari locali ,indispensabile per dare quella fiducia che è alla base di un progetto di sviluppo.
Ma le colpe , dispiace rilevarlo, vanno ricercate anche se in parte, nel ruolo delle amministrazioni locali che si sono succedute. Avrebbero potuto e dovuto fare molto di più attraverso un lavoro di informazione a vertici dell’ASL e della Regione, di denuncia, di volta in volta ,degli accadimenti , investendo la stampa e aprendo un fronte di protesta popolare, incalzando chi ha gestito in questi anni l’azienda Sanitaria Locale nell’esplicitare quale era ed è il suo intendimento. Ho l’impressione ,e credo di non sbagliare, che tutti i direttori generali hanno visto sempre l’ospedale di Procida in termini di bilancio, come quella palla al piede che bisogna per forza tenere, ma che sarebbe meglio far rotolare. Per minimizzare i rischi, anziché investire in qualità e nelle migliori risorse umane, che pur abbondano nell’intera ASL, si è preferito “sterilizzare” dal punto operativo il presidio, mentre non sono mai mancati interventi strutturali di “pronta” spesa.
E questa filosofia del non fare, oltre quel minimo assolutamente inutile, improduttivo ed inefficace ai fini medici, ha condizionato con il tempo anche i sanitari ed il personale tutto dell’ospedale, che privo di quella spinta, utile in qualsiasi attività e, a maggior ragione, in quella sanitaria dove vi sono delle responsabilità civili e penali, ha finto con l’applicare quella cosiddetta medicina difensiva sulla quale tanto si discute e che sta creando enormi problematiche anche in termine di spesa per le strutture sanitarie
In breve non si opera perché non vi sono le garanzie minime e non ci sono le garanzie minime per operare. Un circolo vizioso a cui si voleva arrivare per trasformare il presidio in una sorta di accettazione dove arriva e subito parte il paziente.
L’esperienza mi ha insegnato che non bisogna mai mollare soprattutto in un paese dove qualsiasi legge non è certa e qualsiasi decisione può essere cambiata. Non bisogna mollare perché siamo su di un isola con esigenze e priorità di gran lunga diverse da quella della terra ferma, soprattutto in presenza di mutazioni climatiche imprevedibili e spesso catastrofiche. Non bisogna mollare perché i costi dei trasferimenti e la precarietà degli stessi non possono consentire una assistenza corretta e soprattutto tempestiva. Ed infine non bisogna mollare perché l’invecchiamento della popolazione non consente più quella faciltà di mobilità e di conseguenza la possibilità di diagnosi e cure appropriate e corrette.
Come medico e come cittadino Procidano che ha lavorato per quarant’anni in un grande Ospedale svolgendo un ruolo di elezione ed emergenza in chirurgia, sento il dovere morale e la necessità di vibrare una protesta ferma nel tentativo di spingere tutti a mobilitarsi per salvaguardare il bene più prezioso che ciascuno di noi possiede: la salute.
È necessaria la partecipazione di tutti amministrazione e cittadini, dobbiamo difendere un elemento prezioso e necessario per la ns isola…onestamente mi aspettavo un maggior coinvolgimento del popolo procidano….parliamo di banalità come il colore del palazzo merlato, delle panchine che sembrano loculi, dei vasi, si scende in piazza e si raccolgono firme per la guardia di finanza…. poi stiamo perdendo una cosa per noi fondamentale come l’ ospedale e nessuno dice niente ???? Booooooh!!!!