Sebastiano Cultrera | A grande richiesta, dopo il successo dello scorso dicembre, il 29-30 agosto presso il centro polivalente “ProMusic” torna “Io speriamo che me la cavo”, tratto dall’omonimo libro di Marcello D’Orta. La partecipazione di ragazzi adolescenti al progetto teatrale di Vincenzo Esposito è la strada giusta per diffondere valori positivi tra le giovani generazioni, impegnandole direttamente in realizzazioni culturali di un certo interesse.
Non potetti assistere alla rappresentazione invernale, che la stessa “compagnia” di giovanissimi attori locali aveva proposto, con grande successo, durante l’inverno scorso, al Procida Hall. E me ne dolsi. Quest’anno cadrà (a novembre) il terzo anno dalla scomparsa di Marcello d’Orta. Che fu un assiduo frequentatore della nostra isola. Con la sua direzione, e su iniziativa di Rino Scotto di Gregorio (già assessore alla Cultura), si sono organizzate, qualche anno fa, alcune edizioni del Premio “Il mondo salvato dai ragazzini” con il coinvolgimento delle scuole isolane e molti ragazzini isolani ebbero, quindi, il piacere di conoscere il Maestro. Sembra, quindi, particolarmente appropriata questa riproposizione del lavoro di D’Orta.
Si tratta di uno dei libri più venduti in Italia in assoluto (con traduzioni in moltissime lingue). Oltre la famosissima versione cinematografica, con la regia di Lina Wertmuller, (e mi sembra di capire che l’adattamento di Vincenzo Esposito prenda a base la sceneggiatura del film, in un incedere dinamico e godibile) sono state innumerevoli le trasposizioni teatrali di quel testo, in Italia e all’Estero.
Mi è stata data la fortuna di assistere, a questo proposito, ad un evento straordinario, a fianco di Marcello D’Orta. Voglio raccontarlo, brevemente. Nell’estate 2004 lo scrittore, di cui nel frattempo ero diventato amico, (anche grazie alla comune amicizia con il giornalista Massimo Sparnelli) mi offrì di accompagnarlo in Francia, dove era stato invitato in occasione della riproposizione teatrale, in lingua francese, del suo testo. Lo accompagnai volentieri, quindi, ad Avignone, la città dei papi, e sede del festival del teatro più famoso al mondo. In due o tre settimane si susseguono, là, centinaia di rappresentazioni teatrali (molte in contemporanea in svariate location) da parte di compagnie convenute lì da tutta la Francia, e da tutto il mondo. Una vera festa del Teatro!
Giungere a destinazione fu, tuttavia, un avventura! Il Maestro pose la condizione di andare col treno, ché la macchina lo affaticava e lui, oltre che ipocondriaco, era anche terrorizzato dall’idea dell’aereo. Ci avventurammo, quindi, nel cuore di un Luglio memorabile per il caldo, in un percorso ferroviario complesso. Non esiste, infatti, un treno che va direttamente da Napoli ad Avignone. Mi fidai di Marcello che scelse, temo, il percorso più scombinato, con cambi a Torino e a Lione; naturalmente in pieno caldo e con un percorso finale con un treno locale senza aria condizionata, nel bel mezzo della calura estiva di una Provenza bellissima, ma particolarmente infuocata. Giungemmo finalmente ad Avignone, sudati ma felici. E lo scrittore fu accolto con tutti gli onori, e anche io. Alcuni giorni di una esperienza indimenticabile, nel cuore pulsante della cultura europea, in un ambiente dinamico e giovane, con incontri e scambi di grande arricchimento umano e culturale. Eravamo stati invitati dalla compagnia Remuè-Meninges di Chambery, cittadina della Savoia, che ogni sera, per tre settimane di seguito, proponeva quel lavoro. Girando per le strade dello splendido borgo di Avignone “intra muros” e approfondendo il calendario e la storia del festival mi accorsi, con stupore che “J’esperon que je m’en sortirà” (questa era la brillante traduzione del titolo, ugualmente sgrammaticato in lingua francese) era stata ed era uno dei testi più rappresentati, di anno in anno (e lo sarà ancora, fino ai giorni nostri). Ma QUELL’ANNO, addirittura, c’erano, infatti DUE RAPPRESENTAZIONI in contemporanea con due compagnie e due letture diverse del testo. E l’altra, in verità mi sembrò godere di migliore visibilità e di un pubblico maggiore. Lo dissi a Marcello; ma sapeva tutto e mi rispose con un sorriso: “beh rimaniamo, però, con questi amici che ci hanno invitato per primi, sennò facciamo loro uno sgarbo”. Era fatto così: e quei giorni passati con lui, notte e giorno, servirono a farmelo conoscere meglio. Ora posso dire che Marcello D’Orta era un intellettuale a tutto tondo, per nulla capitato per caso al successo, ma dotato di una grande cultura, sensibilità e conoscenza di base. Amava i classici. La letteratura francese e britannica. Aveva una grande passione per il noir. Da lui ho imparato tante cose, della lingua, della letteratura, dell’animo umano. Lo ringrazierò sempre della sua amicizia (e di avermi fatto amare Chesterton, un gigante della letteratura contemporanea).
Ma torniamo a Procida: ciò che ho raccontato non fa altro che confermare che la scelta del testo in questione non è da confinarsi in un gioco tra ragazzi, o in un calembour popolaresco, ma ha radici profonde nelle contraddizioni della dinamica sociale e pedagogica dei tempi nostri, focalizzata al SUD, ma dai caratteri universali (come internazionale è stato il successo del suo libro). L’umorismo che pervade l’intera opera ha un retrogusto amaro. Si tratta di “Qualcosa che invita a pensare e che difficilmente un serioso tomo di sociologia potrebbe darci con altrettanta naturalezza”, come scrive lo scrittore stesso nella sua introduzione.
La passione di Vincenzo Esposito è volta quindi a recuperare un dialogo con i giovanissimi anche nell’obiettivo di renderli consapevoli del proprio ruolo, nell’intento dichiarato di trasmettere loro la passione per un’arte, quale è il teatro, che è sempre momento di crescita umana e culturale.
Gli attori sono ragazzi tra i 12 e i 14 anni alla loro prima esperienza affiancati da ragazzi più grandi componenti di altre compagnie isolane Antonio Ambrosino, Davide Calise, Pio Cerase, Marco De Candia, Michele De Rubertis, Sara Esposito, Arianna Fanti, Serena Lubrano Lobianco, Luigi Mammalella, Genny Onorato, Cristiano Scotto di Galletta, Filippo Trapanese, Sara Visaggio.
L’invito, quindi, ai cittadini e ai turisti presenti sull’isola è quello di venire a questa bella e divertente rappresentazione. Al centro ProMusic, in via Salette, il 29 e 30 agosto, dalle 21,00.
IL TEATRO HA SEMPRE RAPPRESENTATO LA SOLUZIONE CATARTICA D’OGNI NOSTRO ESSERE ;
NON SEMPRE PERO’ASSUMENDO TALE RILEVANZA . TUTTI I LIVELLI
CULTURALI DOVREBBERO COLTIVARE QUESTO POTENZIALE STRUMENTO DI PARTECIPAZIONE ATTIVA ALL’ AZIONE DEL CREATIVO, PRIVILEGIO D’OGNI COMUNITA’ CHE DONA STRUMENTO E RAGIONE PER OGNI NOSTRO COINVOLGIMENTO, . Message
IL TEATRO………………………………di pierarotella@libero.it
ILTEATRO NON RAPPRESENTA UN LUOGO
DEFINITO NELLO SPAZIO O NEL TEMPO,PER CHE
E’UNA” DIMENSIONE DELLO SPIRITO
COME UNA DIRETTA PROIEZIONE. DEL NOSTRO ESSERE.
..IN SENSO REALISTICO E/O METAFORICO,
OPPURE ANCHE SURREALE E/O ADDIRITTURA ASTRATTO…
IN OGNI CIRCOSTANZA E’ RAPPRESENTATIVO,
ED IN NOSTRA COMUNIONE…VIVE . …
DI SOLITO SOLLECITA LE NOSTRE PIU’ PROFONDE EMOZIONI E, RIMUOVE LE RESIDUE NOSTRE INIBIZIONI ..
ATTRAVERSO AZIONI FANTASTICHE…CANTATE…MIMATE …..
SI SNODA COL ILSIGNIFICATO DEL TESTO .
CI ACCOGLIE PER INTIME SUGGESTIONI,
D’ UN MONDO ONIRICO
IL TEATRO CI CONSENTE COSTANTE PARTECIPAZIONE E,
CONDIVIDE CON NOI GLI SPAZI PREPOSTI
SOLLECITA …..EMOZIONI LIBERATORIE,
ACCOGLIENDOCI PER OGNI CATARSI .
RIFLETTERE…CAPIRE..CONDIVIDERE…
E’ LO SCOPO PRIMARIO DEL TEATRO
COMUNICARE..SOGNARE..RIVIVERE..
E’ IL MESSAGGIO CHE IL REGISTA HA CERCATO !
Message