Redazione | “La mia isola ha straducce solitarie chiuse fra muri antichi, oltre i quali si estendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali”, così Arturo Gerace descrive la sua terra, in quei luoghi a cui Elsa Morante ha dato vita nel romanzo L’isola di Arturo. E proprio di queste straducce e muri, si è riscoperta la bellezza, giorni fa. Non che fosse necessario, tanta la bellezza che riesce ad emergere nonostante certe peculiari criticità. Ma perché da sempre la riscoperta della tradizioni isolane è stato, è e deve continuare ad essere un tratto distintivo della più piccola delle perle del golfo di Napoli.
“Intorno al porto, le vie sono tutti vicoli senza sole, fra le case rustiche, e antiche di secoli, che appaiono severe e tristi, sebbene tinte di bei colori di conchiglia, rosa o cinereo” e molte sono state le sfumature che negli anni hanno tinteggiato i portoni che nella loro imperfezione, nel loro insieme, hanno raccontato lo scorso weekend , un’ indimenticabile percorso storico-culturale: “Procida, Portoni Aperti”.
L’interno dei portoni fatto di agrumeti, giardini fioriti, viali e terrazze panoramiche sul mare, è stato un viaggio negli edifici signorili del XVII e XVIII secolo, respirando l’aria che si addensava tra quelle mura secoli addietro e deliziare la vista con i tipici –quanto esclusivi- cornicioni in piperno, gli infissi degli archi in legno con tanto di sovrastante posata lavorata.
I palazzi storici dell’isola (Palazzo Di Costanzo, Palazzo Porta, Palazzo Fabrizio, Palazzo Schiano Lomoriello e Palazzo Manzo, Palazzo Scotti La Chianca, Palazzo Lubrano-Veneziano, Palazzo Pescarolo e Palazzo Rosato) conservano, difatti ancora, al loro interno, tesori di architettura, ma soprattutto magnifiche storie.
Una di queste ha rapito l’attenzione e la curiosità dei visitatori. E quella riguardante la famiglia Porta e il loro palazzo ubicato in Via Flavio Gioia.
E ci riferiamo una camicia appartenuta a San Giuseppe Moscati, custodita dal proprietario Salvatore Schiano di Zenise, lasciatagli dalla famiglia Porta. La storia narra che il sabato 26 Maggio 1923 Giuseppe Moscati, per il tramite della famiglia Del Giudice, fu improvvisamente catapultato sull’isola e in quel palazzo, per visitare il giovane Aniello Porta che – da giorni – non riusciva più a deambulare. A nulla erano valse le amorevoli cure della famiglia.
Il dottor Moscati, primario all’Ospedale Incurabili, giunse sull’isola e visitò il malato. La diagnodi fu subito chiara tanto da prescrivergli i giusti medicinali. Nel pomeriggio – però – sull’isola imperversò un temporale di quelli di inizio esatte e le condizioni meteo marine peggiorarono a tal punto che il dottore Moscati fu costretto a rimanere sull’isola e a pernottare nel palazzo.
La famiglia Porta fu contentissima di ospitare il dottore, tanto che per la serata fece preparare anche una succulenta cena. Proprio durante il consumo del pasto il dottor Giuseppe Moscati si macchiò la camicia con del vino rosso. Le poche ore della notte purtroppo non bastarono per asciugare la camicia, e così i familiari del giovane Porta offri al medico dei poveri una camicia pulita
Il dottore Moscati la lasciò sull’isola con la promessa di tornare a riprenderla e per far visita al malato. La mattina seguente – con le condizioni meteo marine migliorate – il dottor Moscati fece rientro in terraferma. Oggi la camicia è custodita come una reliquia in un quadro e posto su un comodino a latere di una foto del santo napoletano.