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CONSIGLIO COMUNALE: RIAPPROVATI I PIANI DI RIEQUILIBRIO E DI RIACCERTAMENTO DEI RESIDUI

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Ott 5, 2016

Redazione | Il 30 settembre, ultimo giorno utile secondo le normative vigenti, il Consiglio Comunale di Procida ha approvato all’unanimità il complesso delle misure riguardanti il Piano di riequilibrio finanziario e quello di riaccertamento dei residui senza significative novità di rilievo. Il provvedimento è apparso un atto dovuto in attesa delle imminenti novità legislative che eliminino le incongruenze e le discriminazioni tra i Comuni, come sostenuto dalle rappresentanze degli Enti locali e da ben due ordini del giorno approvati dalla Camera all’unanimità nel giugno scorso. Tali incongruenze furono rilevate dalla nostra Redazione, oltre un anno fa, molto prima che il problema emergesse a livello nazionale, a firma di Pasquale Lubrano. Incomprensibile, anche alla luce di ciò; la decisione imposta dal sindaco Dino Ambrosino ai consiglieri di “La Procida che vorrei” di votare contro un o.d.g. presentato dalla minoranza di “Per Procida” a sostegno all’azione in campo nazionale dall’ANCI, dalla Fondazione IFEL e dalla Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali che si battono per ottenere le modifiche legislative.

Le poche novità introdotte nel nuovo Piano di riequilibrio riguardano l’ampliamento della sua durata da 7 a 10 anni e l’aggiunta di nuovi beni da vendere, tra essi l’immobile detto “la casa del semaforo” a Terra Murata, adiacente l’ex Conservatorio delle orfane, da qualche mese trasferito al Comune. (Singolare sorte di quest’ultimo bene acquisito. All’epoca dell’acquisizione dell’ex carcere a Terra Murata, l’opposizione di allora spargeva l’ipotesi che l’Amministrazione l’avrebbe venduto, possibilità inesistente per legge. Diventata maggioranza il primo bene immobile che viene trasferito, un mese dopo è stato posto in vendita). Viene confermata la vendita della quota di partecipazione del 25% alla società che gestisce il porto turistico di Marina Grande per 2,9 milioni di Euro. Chissà quale sarà la considerazione della Corte dei Conti che contestò fortemente la previsione d’incasso dalla vendita per 3 milioni della quota societaria al 49% ora che si ipotizza di vendere il 25% ad appena 200 mila Euro in meno.

Per quanto riguarda il contributo propositivo che abbiamo sempre cercato di fornire insieme ad una corretta informazione, dobbiamo riferire che a seguito del recente articolo sull’argomento da noi pubblicato in cui Pasquale Lubrano, esperto di finanza pubblica, dava la disponibilità ad un confronto operativo con l’Amministrazione e i Consiglieri Comunali, il gruppo consiliare “Per Procida”, in assenza di riscontro da parte della Giunta, ha invitato il nostro collaboratore a partecipare alle sedute della Commissione Finanziaria convocata per discutere i Piani.

Il contributo tecnico di Pasquale Lubrano, nella sua concretezza, ha trovato attenzione e disponibilità alla verifica da parte del delegato al Bilancio Villani e del Vicesindaco Titta Lubrano ma, non se n’è fatto nulla. Le proposte sono state condivise e riferite al Consiglio Comunale negli interventi di Menico Scala e Maria Capodanno di “Per Procida” e restano agli atti

Come è ben specificato nelle dichiarazioni pronunziate da Maria Capodanno durante il dibattito sull’argomento, le proposte di Pasquale Lubrano si basano sul calcolo delle economie progressive di spesa per il pensionamento in atto dei dipendenti comunali, della riduzione della spesa corrente e per le maggiori entrate da tassazione vigente. Ciò sarebbe utile rappresentare per dimostrare di rispettare gli impegni assunti, rendere meglio governabile l’Ente, senza vendere i beni o farlo senza svenderli con continui ribassi, nell’intero arco della durata dei Piani con il risparmio di spesa superiore di molto a impegni passivi.

In attesa degli sviluppi legislativi, per quanti sono interessati ad approfondire ci sembra utile pubblicare un estratto dell’intervento di Maria Capodanno agli atti del Consiglio Comunale.

“Ringraziamo Pasquale Lubrano per la disinteressata collaborazione e riteniamo sottoporvi le sue osservazioni che facciamo nostre ad ogni buon fine.

Il Comune è stato accusato dalla Corte dei Conti di non aver ottemperato nelle annualità fino ad oggi degli impegni assunti col Piano di Riequilibrio 2013/2019, che erano: vendita di beni disponibili per 6,4 milioni circa e solo 560 mila Euro per riduzione del costo del personale e della spesa corrente per un totale di 7 milioni nei 7 anni) per colmare il disavanzo di Bilancio (4,6 per disavanzo di Amministrazione, 2,4 per debiti fuori bilancio e passività potenziali).

Le misure tra maggiori entrate e minori spese dovevano quindi pareggiare il disavanzo strutturale di 7 milioni.

In realtà, non sono stati venduti gli immobili né le quote sociali del porto ma, fa osservare Pasquale Lubrano, la riduzione della spesa per il prepensionamento del personale nei sette anni, la riduzione della spesa corrente, le maggiori entrate da calcolare rispetto all’anno iniziale di vigenza del Piano sommate anno per anno danno un recupero di risorse pari a gran parte dei 7 milioni indicati e richiesti dal Piano approvato. Resterebbe da reperire la differenza che dovrebbe essere minima, ricorrendo alla vendita di beni nei prossimi anni, senza essere più sottoposti a rilievi da parte della Corte per le annualità pregresse.

Poiché è possibile per legge riformulare il Piano, questa diversa impostazione può essere utile a rappresentate l’impegno del Comune verso il riequilibrio finanziario.

Pasquale Lubrano proponeva, inoltre, di spostare in avanti nel tempo la vendita di beni, sia in attesa che la normativa venga uniformata su un arco temporale di 30 anni, con la prospettiva di non doverlo fare per le facilitazioni procurate dal minor costo del personale di 1milione e 100 mila Euro circa a partire dal 2020. Al più prevedere di venderli, se obbligati, nel 2019 a società finanziarie o banche con diritto di riscatto proprio dal 2020, cosa prevista dalla nuova normativa, utilizzando le maggiori disponibilità. Ciò comporterebbe, anche nel caso di dover procedere alla vendita per ragioni diverse dalle esigenze del piano di riequilibrio. di non dover svendere beni con continui ribassi

In ogni caso ampliando da 7 a 10 anni l’arco temporale della durata del Piano non ci sarebbe necessità di vendere nulla perché da sole le economie della riduzione dei costi di parte corrente sarebbero sufficienti alle necessità del Piano di riequilibrio.

Pur tra diversità di dati, da confrontare in modo puntuale da parte degli Uffici per poterli inserire nel Piano, le riduzioni dei costi per l’uscita anticipata del personale, a grandi linee, nei 7 anni oscilla tra i 3 e i 4 milioni di Euro, se si sommano detti risparmi calcolati rispetto alla spesa iniziale.

Nei 10 anni si arriverebbe tra i 6 e 7 milioni, a cui aggiungere la riduzione della spesa corrente ulteriore e le maggiori entrate.

Nei successivi 25 anni, fino alla fine temporale del Piano di riaccertamento dei residui, il risparmio complessivo, ai costi attuali, si aggirerebbe su ulteriori 25/26 milioni, somma di gran lunga sufficiente a coprire i rimanenti impegni anche nella ipotesi di mancato incasso di consistente parte dei residui attivi e ci sarebbe anche spazio per procedere a coperture di posti in pianta organica, se necessario.

Va sottolineato che i risparmi strutturali hanno maggior incidenza cumulativa nel tempo rispetto ad entrate una tantum da vendita di beni.

La riduzione delle spese di personale, di quelle correnti in genere e le maggiori entrate sono state e saranno utilizzate per pagare gli impegni di spesa, ciò è naturale che non rende visibile il risparmio procurato, mentre il risultato di gestione complessivo, è utile rilevarlo, viene condizionato anche da ulteriori residui prodotti con la gestione corrente. Ciò rende necessario praticare una puntuale gestione anche nelle previsioni di entrata e di spesa poiché i nuovi residui che si generano a partire dal 2015 vanno ad incidere sull’intero piano sommandosi all’ammontare complessivo e quindi sulle annualità da accantonare.

La normativa attuale che ci auguriamo sia modificata entro l’anno, impone di sommare una quota annuale costante dei 15 milioni in 30 anni di cui, è bene ricordare, 12 milioni sono accantonamenti per eventuali svalutazione dei crediti.

Il Piano, sottoposto all’approvazione, nel rispetto delle norme impone il recupero di ulteriori risorse per far fronte all’accantonamento di questa quota fissa e dei debiti fuori bilancio, in aggiunta ai provvedimenti per il Piano di riequilibrio. Per questo è stato necessario prevedere la vendita di beni, in attesa dell’auspicata variazione della legge. Fin qui il contributo offerto da Pasquale Lubrano che partecipiamo al Consiglio con l’intento che possano trarsi indicazioni positive per le scelte odierne e di prospettiva. Noi l’abbiamo condiviso e proposto per una più utile formulazione dei Piani in esame.”

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