Redazione | Prendiamo a prestito il titolo del romanzo di Elsa Morante per rappresentare ciò che abbiamo percepito di recente sul decollo turistico dell’isola e la connessa valorizzazione di Palazzo D’Avalos. Nel corso delle nostre ricerche storiche in merito al destino turistico di Procida ci siamo imbattuti in uno scritto del 1950 di un giornalista in cui si sostiene che la nostra isola deve essere vittima di un maleficio che non consente il decollo del turismo malgrado che le sue bellezze, la sua storia, le sue tradizioni lo meriterebbero.
Per Palazzo D’Avalos di cui si è parlato in recenti pubblicazioni, in un convegno sulla valorizzazione, a mezzo stampa ed in rete, sono emerse strane congetture sugli influssi negativi del Palazzo sulla mentalità della popolazione, sui comportamenti tra gli abitanti e con le istituzioni, con angosce ancestrali nei secoli, pesanti eredità di devianze sociali, tra camorra, droga, e altro, presenti nell’isola, a sentire certi “letterati”, malgrado siano trascorsi trent’anni dalla chiusura come carcere. Non ci sembra necessario soffermarsi oltre. Le leggende sul Castello di Dracula in Romania a confronto di Palazzo d’Avalos appaiono, a sentir loro, fiabe per fare addormentare i bambini. Malgrado le riferite presenze in loco nei secoli scorsi di fattucchiere, possessori di facoltà divinatorie o medicamentose, finanche di esorcisti, noi non abbiamo molte dimestichezze con questi personaggi del “fantastico” e delle loro “qualità”.
Lasciamo ai cultori della materia le elucubrazioni sul nostrano simil “Castello di Dracula”, così come non prendiamo in seria considerazione il “maleficio” prospettato dal giornalista. Lo scritto, però, ci ha portati a ripensare alle cause del mancato decollo turistico dell’isola. Dal susseguirsi degli eventi relativi al fenomeno ci viene da rilevare un qualcosa che ciclicamente è dato registrare: a periodi amministrativi con scelte che ne promuovevano lo sviluppo hanno fatto e fanno seguito altri che, per volontà, per limiti culturali e politici, hanno riportato e riportano indietro le lancette dell’orologio. In fondo è il contrasto che vige tra coloro che vedono nella valorizzazione della peculiarità dell’isola con la sua bellezza, la sua cultura, i suoi valori un’opportunità per tutelarla ed ottenerne anche una ricaduta economica importante e coloro che vedono con fastidio o ostilità tale prospettiva. Questi contrasti si riverberano evidentemente a livello amministrativo.
Al tempo in cui il giornalista aveva sentore del “malefizio” scriveva di aver osservato l’entusiasmo con cui molti procidani in quel periodo affrontavano il problema e sperava che, con l’aiuto di San Michele protettore, il “male” fosse sconfitto. Con le Amministrazioni democristiane Totonno Ambrosino e Mario Spinetti questa volontà di aprirsi all’esterno è stata chiara. Fu l’epoca, tra altro, dell’organizzazione della Sagra del Mare di respiro nazionale, del tentativo di impiantare la “Città dell’Arte” a Santa Margherita Vecchia, dell’avvio di iniziative produttive turistiche, alcune ancora attive, del “Premio Procida”, della stessa istituzione della Cattedrale della Concordia a S. Margherita Nuova, con un’attività di promozione su scala nazionale, europea e verso le due Americhe, pur con le modeste risorse del tempo. Seguì il lungo periodo delle Amministrazioni DC di Cennamo fino ai primi anni ’80, senza grade impegno per tale problema. Fu il periodo in cui si sosteneva, per intenderci, “non bisogna trasformare i comandanti in camerieri”.
E furono venticinque anni durante i quali le isole vicine sorpassarono e distanziarono di molto Procida in questo settore. Buon per tutti che il mare pompava petroldollari e non molti furono coloro che pensarono ad una necessaria fonte di reddito sussidiaria, sia per chi non poteva solcare i mari sia perché utile in tempo di crisi delle attività tradizionali. Nel quinquennio 84/89 furono le Amministrazioni Parascandola, Enzo Esposito, Aiello, a guida e partecipazione socialista insieme alla DC, che reimpostarono il problema con respiro europeo, non solo adottando iniziative culturali di cui ancora oggi il ricordo è vivo, a distanza di tanti anni, nelle università italiane (come hanno dimostrato alcuni professori presenti all’ultimo convegno su Palazzo D’Avalos) o con collegamenti stabili come il Centro Traduttori Europeo, il Premio Elsa Morante, ma avviarono con la Comunità Europea un rapporto che portò all’approvazione e finanziamento del progetto di sviluppo, con tutela del territorio e le sue peculiarità culturali, con sistemazione dei servizi collettivi con lo sviluppo economico e sociale dell’intera isola. (Nel 1985 l’Europa finanziava Progetti Integrati Mediterranei andati tutti a buon fine, come nel caso di Ibiza e ci fu la visita nella nostra isola del Vicepresidente della Comunità a sostenere il progetto.).
Poi seguirono le Amministrazioni Aniello Scotto e Antonio Capezzuto, l’Europa sollecitava inutilmente ad utilizzare il Progetto: trascorsero cinque anni senza risposta e fu tutto archiviato. Nel 1999, Amministrazione Muro e poi Gerardo Lubrano, ci fu il progetto della Città dell’Arte e degli Artisti nell’ex penitenziario a Terra Murata, con interesse da parte del Ministero, Regione, Sovrintendenze e I.D.I.S. (città della Scienza), progetto che poi è alla base del Programma di Valorizzazione col trasferimento del complesso al Comune nel 2013. Altre iniziative importanti promozionali a livello internazionale hanno caratterizzato l’Amministrazione Vincenzo Capezzuto e ne abbiamo avuto riscontro questa estate. Ed ora? Torna, seppure con ritardo, l’interesse per Palazzo D’Avalos da parte dell’Amministrazione Dino Ambrosino. Il problema è fondamentale ma non unico. Complessivamente da ciò che è stato detto, da ciò che è stato fatto in oltre un anno, è evidente che c’è un riflusso verso una dimensione “domestica”, tutta rivolta all’interno e l’apertura all’esterno è vista in negativo, anche se qualche volta ci scappa la parolina “Europa”.
Ci auguriamo che certe posizioni vengano riviste e presto. Non vogliamo che Procida viva un’altra fase di stasi e arretramento per quanto attiene la sua valorizzazione che non si realizza con parole di circostanza. A quanti storcono il muso difronte alla presenza di turisti, facciamo osservare che il turismo, pur con tanti inconvenienti, è un’opportunità economica, specie in un tempo in cui sono in crisi le attività tradizionali, pesca, agricoltura, artigianato e la stessa navigazione (fonte primaria). Fondamentale è il ruolo dell’amministrazione del paese per indirizzarlo, qualificarlo e quantificarlo: governarlo. E’ ciò che va fatto.
ProcidaOggi