Gino Finelli | Una bella giornata di un’estate appena iniziata e al risveglio, come sempre, dopo il caffè che apre la mattina, la discesa al porto per una colazione.
Al bar in un angolo tra la parte interna e la porta che dà sui tavolini all’aperto, in un posto ombreggiato che riceve il beneficio dell’aria condizionata del locale senza però avere addosso quell’aria fredda che è malefica nelle giornate così calde, un amico di vecchia data sorseggia il suo caffè mentre scorre le pagine dei quotidiani appena comprati.
Come al bar Casablanca di Giorgio Gaber, seduti all’aperto, una birra, gli occhiali e là sulla sedia i titoli rossi dei nostri giornali, con aria un po’ stanca …… si parla si parla ……. Lentamente intorno al mio amico si seggono altre persone, Giovanni, Giuseppe, Francesco ecc. ecc e nasce la spontanea conversazione che trae spunto da episodi accaduti o letti, ma che molto spesso riguarda la nostra Isola. Come sempre la discussione spesso si anima e le critiche che sono indispensabili per avviare una conversazione con uno spiccato contraddittorio, sono numerose e spesso anche pesanti
Il traffico, la mancanza di accoglienza turistica, la incapacità di capire dove e come affrontare il futuro del territorio, l’incuria, l’Ospedale, i trasporti sono l’oggetto della discussione.
Arrivo appena in tempo per sedermi e partecipare alla animata conversazione. Mi si offre il caffè che arriva sempre con molto ritardo ed iniziano le lamentazioni a cui non riesco sempre a dare una adeguata risposta.
Il mio amico silenzioso continua a leggere e, occupando sempre lo stesso posto, segue con attenzione il via vai dei passanti e degli avventori. I cavalieri del bar sono in esercizio, svolgono la loro funzione di osservatori e percepiscono con attenzione le considerazioni e le riflessioni dei frequentatori.
E così tra avventori, residenti e turisti occasionali si delinea uno squarcio significativo del turismo isolano.
Cresciuto in misura considerevole in questi ultimi anni, complice anche la pubblicità televisiva nazionale ed internazionale che ha immortalato luoghi e bellezze del territorio, l’Isola ha iniziato a comprendere che una porta del suo futuro, oltre a quella tradizionale del mare, è il nascente e crescente interesse soprattutto internazionale dei turisti. Per cui non è difficile trovare al bar seduti a fare la colazione francesi, inglesi, giapponesi, americani e addirittura cinesi.
Con il loro arrivo mediato soprattutto dalla rete e dai siti attraverso i quali è possibile individuare e prenotare la vacanza, è cresciuta enormemente la recettività alberghiera con l’apertura di case vacanze, bed and breakfast e alberghi, che se anche di piccole dimensioni, hanno acquisito gli standard indispensabili per una dignitosa accoglienza. Anche la ristorazione è migliorata e l’offerta, anche in termini di varietà di cibo pur sempre nella tradizione mediterranea, è cresciuta. Allora se tutto questo è vero cosa manca ancora e cosa si deve fare per sviluppare ancora di più un trend in avanzata crescita.
Al bar si discute di questo. Mancano i soldi, il comune è quasi in dissesto, le iniziative sono poche ed affidate ai singoli. L’amministrazione, insomma, è carente rispetto a quanto sta avvenendo e non ha un progetto turistico del territorio, e forse neanche la volontà di portarlo avanti.
Si perché ancora una volta si è ciechi difronte all’evidenza, difronte alla realtà che vede l’isola proiettata, con la sua immagine di bellezza e di semplicità, nelle location più alte tra quelle attrattive del turismo internazionale. E a nulla serve sapere che gli alberghi, le case, ecc. ecc sono pieni, che le prenotazioni hanno superato la possibilità di accoglienza, che i ristoranti, in particolare, della Corricella traboccano di clienti.
A nulla serve scoprire che la tassa di sbarco applicata sul biglietto di navigazione può divenire, insieme ad una tassa di soggiorno, fonte di guadagno, e che il numero di sbarchi è fortemente aumentato.
Al bar, ai miei amici seduti, racconto che quando ero molto giovane un sindaco di allora in un comizio elettorale nella piazza della Chiaolella, escalmò: “Volete trasformare l’isola dei naviganti in un Isola di camerieri? “ Quel sindaco in quel tempo, forte della ricchezza proveniente dai marittimi imbarcati che stavano a mare anche un anno, voleva conservare e preservare il territorio, ma dimenticava che il mondo cambia e con esso si modificano velocemente le condizioni sociali e la ricchezza che, a volte, diviene povertà; dimenticava che la politica è e deve essere poggetto e che bisogna sempre guardare avanti per non lasciare un’eredità difficile alle generazioni future; dimenticava che la diversificazione delle attività, là dove è possibile, è la ricchezza stessa del territorio e il suo avvenire.
E allora, pur comprendendo le difficoltà in cui la attuale amministrazione si trova ad operare, oltre a risolvere i quotidiani problemi emergenziali, progetti un percorso di sviluppo che, pur salvaguardando la storia e la tradizioni, guardi avanti aprendosi a quanto ci è stato offerto su un piatto d’argento senza peraltro averlo ne richiesto ne cercato.
Al bar con l’amico seduto al limite tra lo spazio esterno e l’interno, ogni mattina sempre alla stessa ora, in quel posto che oramai gli spetta per diritto acquisito, continuiamo a parlare di tutto questo, continuiamo a sperare che un giorno qualcuno ci dica: avevate ragione.