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Raccontare il presente, capire il futuro

L’editoriale di Gino Finelli: L’Isola: un paesaggio fuori dal tempo

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Dic 22, 2017

Gino Finelli | Vi racconterò una favola. Un uomo di bassa statura con un volto bruciato dalla salsedine e dal sole, sedeva sul molo di ponente guardando l’orizzonte lontano. Di tanto in tanto tra le onde increspate da un forte vento di ponente, scorgeva qualche imbarcazione che, incurante delle avverse condizioni meteo marine, solcava con audacia il mare in burrasca. Il suo comandante avvezzo agli oceani tempestosi ed ai mari complessi e difficili del nord, con perizia, diligenza e con un pizzico di imprudenza, riusciva a navigare quel mare assicurando così i rifornimenti alle isole.

Il piccolo uomo vedeva quella nave inabissarsi lontano tra le onde e il suo sguardo diveniva sempre più fisso su quella prua che, ad ogni onda, si immergeva nei flutti per poi risalire come ina una sorta di altalena spinta dal vento imponente.

Sapeva, per la sua grande esperienza, che di li a poco il tempo sarebbe ritornato clemente e con esso il mare di nuovo accogliente e facile da solcare.

Si domandò perché era così necessario navigare tra quelle onde in quel giorno tempestoso, perché affrontare un pericolo se l’attesa era così breve. E ricordò il suo tempo trascorso quando sulla sua isola per giorni si era isolati dalla terra ferma, quando appena quattro navi attraccavano al porto durante la giornata, quando non vi era un ospedale, un supermercato, la condotta idrica, il telefono, quando per riscaldarsi bisognava accendere il fuoco e per cucinare utilizzare la fiamma del camino o della cucina a legna.

In quel tempo la vita scorreva nella dimensione propria dell’Isola che rappresentava il guscio protettivo, la casa comune dei suoi abitanti e soprattutto la terra dalla quale si poteva cogliere quanto occorreva per la sopravvivenza. La ricchezza del mare incontaminato e le fertili campagne producevano prodotti che riempivano le case e nutrivano le genti.  Allora non era necessario correre sulla terra ferma a prendere quanto occorreva per vivere, e la dimensione dell’Isola era il fascino e allo stesso tempo il senso dell’esistenza.

Il piccolo uomo d’improvviso si ricordò che quel tempo era trascorso e, con esso la semplicità e le necessità di quel tempo. Intravide alle sue spalle dei giovani che passeggiavano sulla scogliera del porto e capì che il suo tempo si era inevitabilmente esaurito e si rese conto che il vento impetuoso ed il mare infuriato non potevano più fermare la vita di oggi. Capì che la sua isola non era più un Isola, ma la continuità di quella terra vicina che lui un tempo vedeva lontano. Capì che i campi, il mare, il sole non bastavano più a soddisfare le esigenze del popolo e intuì che il domani sarebbe stato diverso dall’ieri e dall’oggi, ma ancora più schiavo di quella terra vicina e lontana.

Si allontanò infreddolito con i capelli arruffati dal  vento  e,  avviandosi verso il porto, provò per la prima volta nella sua vita, il desiderio di lasciare lo scoglio e, nonostante il mare in tempesta, prendere la nave affrontando la burrasca che lo avrebbe portato lontano dalla sua dimensione di vissuto verso un nuovo progetto. Ma mentre pensava tutto ciò si rese conto che stava commettendo un grosso errore e tornò indietro, consapevole che la vita è anche quello spazio di attesa nel quale si compie l’evoluzione del pensiero e si alimenta la propria coscienza. In quell’isolamento, oggi forse forzato, si ritrovò a parlare con sè stesso e a capire il senso della sua esistenza.

E disse, gridando a tutti: non lamentiamoci se una nave non parte o se il mare fa il mare. Attraverso queste piccole disavventure determinate dalla natura “aspra selvaggia e forte” forse possiamo reimparare a conoscere ed amare la dimensione della nostra terra con le sue storie, la sua saggezza, a capire di più la fortuna che abbiamo, immergendoci nella sua natura e nel suo profondo significato. E concluse il suo pensiero al bar del porto dove erano rifugiati i suoi concittadini:

“L’isola è un paesaggio fuori dal tempo che è un insieme di realtà e sogno, paesaggio di poesia che rappresenta anche un’interpretazione metafisica della vita e dell’arte”

 

2 commenti su “L’editoriale di Gino Finelli: L’Isola: un paesaggio fuori dal tempo”
  1. Signor Gino Finelli Lei è un grande, come afferma il suo egregio amico Aldo Lubrano, e non per che Procidano di nascita ma per che poeta, creativo e propositivo, come tutti gli isolani dovrebbero esserlo e, quelli anche della terra ferma . L’amore e l’attaccamento alle sue origini, sono mescolate a saggezza e cultura di livello superiore, che la arricchiscono e sicuramente conferiscono dignitoso valore a tutti i suoi concittadini !

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