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Raccontare il presente, capire il futuro

L’editoriale di Gino Finelli: «SONO SOLO CANZONETTE»

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Gen 17, 2018

Gino Finelli | Di canzonette si tratta quando si parla di progetti e di programmi.  E’ ora di dire che nessuno è stato in grado di amministrare progettando un futuro del territorio, che tenesse in considerazione il suo passato, il suo presente e sapesse indicare una linea guida per il futuro. Disordinate e mal gestite proposte, quando ci sono state, alla fine hanno finito con il creare disordine e, a volte, danni configurando l’unica capacità che in tutti questi ultimi anni hanno avuto i nostri amministratori: la confusione di idee e di progettualità.

E ci siamo trovati con la responsabilità di tutti, compresa la mia, nella pessima condizione di amministrare sempre l’emergenza, un’emergenza che, come accade nei grandi pronto soccorsi, diventa impossibile da gestire e che finisce con il toppare qua e là buchi nei quali si riforma, con il tempo, inevitabilmente una pozzanghera.

Sono trascorsi quasi venti anni da quando entrai a far parte del Consiglio Comunale e i problemi non solo sono sempre gli stessi, ma si sono aggravati per il subentrare di nuove situazioni critiche che hanno necessitato delle dovute attenzioni, trascurando così, come sempre, un progetto politico di sviluppo del territorio.

In tutti questi anni, pur seguendo con attenzione gli accadimenti, non sono stato capace di identificare una linea guida, non ho ancora capito se si deve continuare ad inseguire i desiderata, spesso esclusivamente egoistici dei cittadini, o tenere in considerazione una strategia da seguire che scorra su una strada autonoma indipendentemente dalle considerazioni e dalle lamentele.

Ogni volta che si affronta un tema, cosiddetto sensibile per il Procidano, si apre una discussione interminabile che affronta solo esigenze specifiche e che, quasi sempre, non tiene in considerazione il corretto, quanto cioè si deve e si può fare per il bene sociale anche con qualche sacrificio individuale. Non si è mai affrontato in modo concreto il problema del traffico, ad esempio, perché nessuno vuole sottostare all’inevitabile disappunto e con esso alle manifestazioni di protesta della cittadinanza, abituata ad usare i mezzi a motori anche per andare a comprare il pane. Non si vogliono creare aree pedonali presenti in tutti i posti civili del mondo, per non favorire alcuni a discapito di altri. Non si vuole ordinare lo spazio pubblico dato in concessione con un organico piano, anche di immagine, per non contrastare gli interessi degli operatori del settore. Non si vuole mettere mano agli sbarchi di mezzi di trasporti assolutamente sproporzionati per le piccole strade per non scoraggiare la piccola imprenditoria prevalentemente edilizia, e così via. Potrei elencare un numero considerevole di “non si vuole” per far capire che oramai è tempo di dire basta.

E’ tempo di disegnare una linea guida che dia al territorio un organizzazione valida per almeno dieci anni, che progetti l’assetto urbanistico e con esso la sua immagine, la sua vocazione storica culturale marinara, la sua collocazione turistica.

Utopie, parole, soltanto pensieri di un vecchio conoscitore dei problemi del posto o forse solo un sogno ad occhi aperti  di chi si illude ancora che qualcosa di propositivo e di utile per le nuove generazioni possa essere  fatto?

Il tempo passa e, in natura, tutto invecchia e si logora, per cui le cose che diciamo e pensiamo oggi, quando non sono sviluppate su una linea progettuale, sono solo parole al vento che svaniscono, nel tempo, inevitabilmente. Per lasciare qualcosa di sostenibile e di duraturo bisogna perciò pensare al domani, formulare un percorso di crescita negli anni a venire che sia sostenibile e che, se anche allo stato non condiviso  unanimamente,  abbia un contenuto di equilibrio e di buon senso e che operi per il bene della collettività

Chi sarà mai capace di fare tutto questo?

Come diceva Manzoni: “ ai posteri l’ardua sentenza. Noi chinian la fronte al massimo fattor”  e possiamo solo sperare nella “procellosa e trepida gioia di un gran disegno”

Con questo non voglio certo dire che ci vuole un novello Napoleone, che peraltro di errori ne fece davvero tanti, ma che di certo ci vuole qualcuno che, al di là della sua personale ambizione, sia in grado di traghettarci verso un percorso che apra la strada ad un nuovo risorgimento del territorio, come avvenne quando dopo la sofferta Unità di Italia, un nostro concittadino Antonio Scialoja seppe ridare all’Isola un progetto per il suo futuro. Allora dopo gli splendori del settecento con all’attivo una poderosa flotta mercantile, Procida sopportò molti anni di difficoltà e decadimento non sapendosi adeguare alla crescente evoluzione dei tempi. Ma le capacità e la conoscenza profonda del mare rimasero solo sopite e temporaneamente non utilizzate fino a quando, appunto un progetto di rinnovamento sostenibile fece ritornare prosperità e benessere.

Questo ricordo a testimonianza che per fare diventare realtà un’idea, oltre che  svilupparla, bisogna avere la forza della perseveranza che ci guida sul percorso progettato ed identificato come primario.

Io sono convinto che oggi tutti abbiamo bisogno di identificare i percorsi che possano costruire uno sviluppo sostenibile e duraturo nel tempo, abbiamo bisogno di credere che domani sarà meglio di ieri e che quello che lasceremo sia vivibile meglio di come l’abbiamo vissuto noi.

Dovremmo essere ricordati non cancellati dalla memoria perché incapaci o colpevoli di non aver lasciato nulla.

Siamo ancora in tempo per costruire tutti insiemi, al di là di posizioni opportunistiche, di fazioni o di false ideologie politiche, un percorso di salvaguardia del territorio e delle linee guida per lo sviluppo ed il benessere della nostra Isola e dei suoi abitanti

Un mio grande maestro, Gastone Lambertini, al termine del suo meraviglioso testo di Anatomia umana scriveva: “L’intelligenza è la maniera umana di pensare. Essa ci è data come l’istinto alle api per dirigere la nostra condotta”

Non saremo, dunque intelligenti, se non sapremo dirigere al meglio la nostra condotta.

3 commenti su “L’editoriale di Gino Finelli: «SONO SOLO CANZONETTE»”
  1. Message

    Per piacere destra o sinistra qualcuno lo chiami a fare qualcosa .
    Si legge chiaramente che si è incazzato che nessuno a due anni dalle prossime elezioni lo ha ancora chiamato .

  2. Ma che dice.
    Non solo non voglio essere chiamato da nesuno di qialsiasi schieramento, ma non è ne il tempo ne più il luogo per me di partecipare in qualche misura all’amministrazione dell’Isola. Ho solo il compito di sollecitare le coscienze e forse molti non l’hanno, a un dibattito e riflessioni. Mi dispiace davvero ascoltare critiche di scarso valore

  3. A noi popolazione, Gino Finelli lo vogliamo così. Che approfondisca alcune tematiche e poi chissà..
    Devo essere sincero, magari si candidasse, abbiamo bisogno di gente preparata e non di gente che non sa che fare.
    b serata

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