Sebastiano Cultrera – Oggi scorre per l’isola di Procida la suggestiva processione del Venerdì Santo. È un momento di emozione e di commozione per molti, ma è una occasione che coinvolge, nella sua completezza, l’intera popolazione procidana. Dagli angioletti di pochi mesi alle persone sagge ed anziane tutti i procidani sono coinvolti, in qualche modo, nella preparazione o nello svolgimento di questo evento.
Una delle particolarità, infatti, della processione procidana è il coinvolgimento diretto dei ragazzi dell’isola nella predisposizione di tavole allegoriche riguardanti delle fasi della vita di Cristo o, comunque episodi biblici. Queste tavole, trasportate a mano, lungo il percorso nel centro storico dell’isola, vengono tradizionalmente denominati “misteri”, tanto che, talvolta, la stessa processione viene chiamata “la processione dei misteri”.
In realtà con il nome “Misteri” si intendevano originariamente altri elementi della processione. A similitudine di quanto accade, infatti, in altre località del Sud Italia e dell’Andalucia, i misteri sono sculture a soggetto biblico confezionate da artisti locali, quasi sempre in legno. Così era anche a Procida, dove continuano a convivere entrambe le forme di espressione: quella degli “antichi” misteri lignei portati a spalla e quella dei “misteri dei ragazzi”, densi di inventiva artistica e di grande impatto espressivo.
Il termine Mistero rimanda all’idea di segretezza, di verità nascosta o, almeno rilevata solo per alcuni. Nel nostro caso non si tratta di rintracciare una verità qualunque per risolvere un mistero di poco conto, o di valore importante solo per un gruppo di persone, magari come in un giallo qualsiasi.
Il Mistero in questione riguarda quello, decisivo, del nostro rapporto con la Fine e quindi il rapporto con l’al di là, con il nostro destino finale, con la parusia e con la vita dopo la morte.
Già i Misteri eleusini intendevano elevare l’uomo al di sopra della sfera umana nel divino e assicurare la sua redenzione rendendolo un dio e conferendogli così l’immortalità. Si svolgevano ad Eleusi, vicino ad Atene, già prima dell’invasione ellenica (periodo miceneo, circa 1600-1100 a.C.). La presenza micenea a Procida (accertata nell’isola di Vivara), magari non significa collegamento diretto con quei riti, ma sicuro è il segno che, anche in questo lembo di Magna Grecia, si sono succedute sovrapposizioni di usi, costumi, credenze, riti e religioni. Quei riti, antichissimi, avevano altri dei di riferimento e segnatamente il culto di Demetra, che secondo accreditati studi fu fondato attorno al 1550 a c. La processione penitenziale, in pieno spirito della Controriforma, di cui, invece si hanno, a Procida, notizie storiche è di oltre tremila anni più tardi. Infatti i gesuiti spagnoli introdussero tale rito sulla nostra isola durante il 17simo secolo. Ma anche negli ultimi secoli ha subito delle trasformazioni. Non è tuttavia, ne è mai stata, la celebrazione della morte di Cristo, se non per alcuni aspetti iconografici e alcune valenze emozionali, frutto, talvolta di predominio della tendenza, o moda, alle passioni tristi. Gli stessi “Misteri” originali (e oggi anche le “Tavole” dei giovani procidani) non rappresentano soltanto i momenti drammatici della passione. Non è, quindi, una Via Crucis, per capirci. Sono rappresentate anche (in varie forme) Misteri Gaudiosi e Gloriosi, che riguardano direttamente la Resurrezione o fatti biblici riguardanti concetti importanti nel rapporto tra l’Uomo e Dio.
È legittima, quindi, la commozione e, magari, un momento di raccoglimento davanti alla splendida statua del Cristo Morto del 1728 dello scultore Carmine Lantriceni (successiva di quasi un secolo alla istituzione della processione). Ma è anche legittimo un bell’applauso davanti aa altre opere ispirate dei ragazzi che dedicano mesi di lavoro alla costruzione dei misteri. L’eccessivo conservatorismo (tra l’altro destituito da ogni corretta ricostruzione filologica) non reca un buon servigio a questo evento che, ha peraltro assunto un valore culturale, antropologico e turistico di primaria importanza. Dolce e Gabbana hanno realizzato un filmato di una grandissima qualità e ciò ha veicolato moltissimo la conoscenza dell’isola. Il crescente successo dell’isola di Procida, quindi, sui mercati turistici mondiali (oramai vengono turisti da tutti i continenti) è strettamente legato alla corretta promozione di una autenticità; e nei contenuti culturali strettamente legati all’isola ma di obiettivo significato e comprensione internazionale.
Tuttavia il messaggio universale più grande e immediatamente comprensibile, per tutti, residenti, turisti e spettatori occasionali è sempre e soltanto quello dell’Amore Universale, nella predisposizione del grande evento di Rinnovamento che è la Pasqua di Nostro Signore!