Gino Finelli – Eccoci di nuovo a dover leggere di indagini e di controlli della magistratura su inadempienze e comportamenti scorretti di dipendenti pubblici. In una piccola realtà come il comune di Procida, già decimato dai numerosi pensionamenti per raggiunti limiti di età, cade anche la scure di assenteisti che oltre a danneggiare l’apparato gestionale della macchina comunale, arrecano un danno di immagine e spingono ancora di più il cittadino ad allontanarsi dalla politica e a perdere la fiducia nelle istituzioni. Quella fiducia nelle istituzioni che, oggi più che mai, non solo è necessaria, ma assolutamente indispensabile per evitare la decadenza di quel che resta di una democrazia costruita in lunghi anni di percorso e di dare spazio a populismi che nulla hanno a che vedere con il progetto costituente della nostra Nazione.
La politica, ancora una volta, ha il diritto dovere di affrontare a viso aperto le problematiche, ammettere le responsabilità e divenire accusatore di quel sistema di sotterfugi e di malcostume a cui ci ha abituati soprattutto negli ultimi 20 anni.
Serva sciocca del consenso ha consentito che le istituzioni perdessero quel dovuto rispetto, garanzia della nostra vita democratica; ha consentito, spesso coprendole, attività e comportamenti illeciti ed, in particolare nella pubblica amministrazione , ha costruito garanzie che hanno fortemente dato spazio ai furbetti di turno o agli immeritevoli che, forti di protezioni anche sindacali, hanno immaginato il lavoro nella pubblica amministrazione intoccabile . Per lo più, tutti o quasi tutti al corrente di ciò che accedeva, hanno finto di non vedere e chi doveva controllare ha trovato sistemi per non intervenire per evitare di affrontare problematiche giuridiche, sindacali e qualche volta anche velate minacce.
Chi, come me ha diretto una attività pubblica sa cosa significa avere a che fare ogni giorno con i furbetti o con i nullafacenti, ma sa anche che esiste una maggioranza di lavoratori che silenziosamente svolgono con dignità il loro lavoro e, spesso sopperiscono alle lacune dei pochi che inquinano il sistema. Difronte a ciò non si può e non si deve far finta di niente, esistono delle responsabilità di chi ha il compito di dirigere e controllare e queste responsabilità sono alla base del rispetto e del buon comportamento del lavoratore in qualsiasi attività. Quando il vertice gira la testa ed abbassa gli occhi accade che si apre quello spazio di opportunità perché episodi di irregolarità si verifichino e non basta dire non ne ero a conoscenza. J. Paul Sartre scriveva “un solo momento di distrazione è un momento di complicità” e dunque significa che quando ci si distrae o si finge di non sapere si è allo stesso modo colpevole e forse ancor di più giudicabili.
Per questo si dice nel nostro dialetto: “Il pesce puzza dalla testa” perché è dovere di chi controlla far rispettare leggi e regole e quando non ne è capace è sempre dovere di chi dirige gettare la spugna. Troppi dirigenti, divenuti tali per l’influenza della politica e non per merito, hanno finito con il minare le basi delle nostre istituzioni e, spesso con i loro comportamenti, far perdere al cittadino volenteroso e meritevole quel giusto ruolo e riconoscimento che gli era dovuto.
E’ successo dovunque, in quasi tutti i settori della pubblica amministrazione, fino alle stanze della politica dove si sono occupati posti e posizioni senza alcun merito e senza alcuna competenza.
“Oggi di tanta speme questo ci resta” L’idea che apparteniamo ad una società malata nelle sue istituzioni, che oramai è tempo di ritornare al comando del singolo, che la nostra democrazia rappresentativa è giunta al tramonto.
Ma per fare diventare realtà un grande sogno il primo requisito è sognare, il secondo la fede nel sogno e noi, oltre che sognare, dobbiamo avere fede e perseverare perchè il nostro sogno divenga realtà. Dobbiamo perseverare con impegno affinché questo modo di pensare venga sostituito da quei valori rappresentativi del nostro passato e della nostra libertà, affinché la partecipazione alla vita sociale sia non solo concessa, ma stimolo indispensabile per la crescita del nostro pensiero e per il futuro sostenibile dei nostri figli; affinché si possa alzare la testa in quell’Europa, tanto denigrata dai populisti di turno e, dire con forza, che apparteniamo una grande nazione e siamo un grande popolo.
Allora la nostra democrazia sarà al sicuro e con essa la nostra libertà, frutto di un pensiero in continua evoluzione e ricco di idee progettuali.
Fuori le porte delle nostre istituzioni dove oggi aleggia prepotente la frase del terzo canto dell’inferno Dantesco: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate” troveremo scritto, tratto dal 26 canto dell’inferno: “fatti non fummo a vivere come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”