Sebastiano Cultrera – Per prima cosa vorrei fare un plauso agli organizzatori della Sagra de Mare per il coraggio nel cambiare la logistica. La disposizione del Palco e degli impianti è stata posizionata, finalmente, nel modo corretto.
E finalmente la serata ha avuto uno scenario degno della nostra isola: la Chiesa di Santa Maria della Pietà che è storicamente la Chiesa dei Marinai (anche perché fatta costruire proprio dal Pio Monte dei Marinai).
Magari due parole in più di descrizione della Chiesa non sarebbero guastate ma la sua rassicurante presenza spero che rimanga un punto fermo come scenario delle prossime Sagre.
Anche perché si gode, così, dell’incommensurabile vantaggio di poter disporre di uno scenario REALE (che trasuda di Storia e che esalta le riprese televisive) che è superiore a qualsivoglia scenografia (pure bellissima, come talvolta i giovani procidani la hanno realizzata); ma anche l’audio ritorna ad essere accettabile (l’altra sera era PERFETTO!), evitando il rimbombo (effetto feedback) delle onde sonore, altrimenti sparate sulla “palazzata” delle abitazioni della Marina.
Il supporto di schermi grandi e di chiarissima visione e l’abolizione dell’americana per le luci hanno completato l’effetto positivo. Peccato che la regia delle luci e quella video non siano state sempre all’altezza. Ma sono inconvenienti superabili, adattandosi meglio a questa location.
Non credo che i posti a sedere siano determinanti, ma, volendo, se ne sarebbero potuti recuperare altri in fondo, fin oltre le prime bancarelle (da dove si vedeva e sentiva benissimo) e, soprattutto ai lati (magari bloccando anche un angusto passeggio davanti ai locali).
Poi… la magia delle Grazielle ha prevalso su tutto ed il fascino del loro ingresso ha donato alla Festa il suo vero significato tradizionale. Vabbè, non c’era Lamartine, solo citato in un passo del libro, ma c’erano sette splendide figliole portatrici, nell’abito, nei gesti e nello sguardo, di secoli di tradizione e di IDENTITA’. E giustamente il Sindaco ha sottolineato proprio questo aspetto identitario della festa, ringraziando tutti (mal ricambiato dai tecnici delle luci che sono riusciti a trasformare il marroncino della sua giacca in un improbabile rosatino, almeno in TV). Ma il colore della giacca può cambiare, conta che si continuino a valorizzare le identità proprie di quest’isola, e magari, per gli anni a venire (a partire dal prossimo) ci si proponga in una dimensione più internazionale.
Perché anche sulla IDENTITA’ si possono avere idee diverse, ma quelle del noioso corollario alla festa sono state evidentemente fuori tema. Poi, mi chiedo, ma l’ha prescritto il medico che la serata debba durare per forza tre ore e passa?
Perché un’ora e mezza di buona qualità c’è stata. Fatima Trotta è partita troppo squillante, ma sempre da ottima professionista, ha condotto bene. Le Grazielle hanno offerto momenti piacevoli e di grande partecipazione emotiva. Opportuna la partecipazione, attiva, della Graziella 2017. Forse la barca (reduce da Sant’Anna) dell’isola dei Misteri poteva essere un poco più coinvolta nello spettacolo, ma era bello che fosse lì! L’omaggio a Pino Daniele ha sottolineato la professionalità e la bravura di alcuni giovani procidani coordinati da Andrea Germinario, in un’operazione artistica di pregio. Per quanto sembri (e lo sia) un filone musicale trito e ritrito, la musica di Pino Daniele era la base di sapienti arrangiamenti e di straordinarie interpretazioni e in primo piano emergeva l’attuale vero talento procidano d’oggi!
Tutto il resto? Un po’ di noia. Il Forum dei giovani potrebbe servire ad altro, considerato il buon livello di preparazione politica e sociale di alcuni giovani che conosco. Trasformato in compagnia teatrale si è attardato in percorsi un po’ scontati della tradizione napoletana. E non della Napoli d’oggi, che vede file ai musei ed è presa d’assalto per la sua cultura e per le sue bellezze storico artistiche ed archeologiche. Insomma, nonostante qualche punta di bravura e molto impegno, ha strappato, al massimo, qualche sbadiglio.
Ma il colpo mortale è arrivato da Caiazzo, il comico. Evidentemente regge solo i tre minuti dello sketch in Tv (a made in Sud nei panni di Cardamone). Si è trascinato mestamente per mezz’ora, durante la quale se passava un funerale il pubblico si sarebbe rinfrancato.
Poi tutta questa parte “aggiunta” di napoletanità predigerita restituisce alla festa molto di provinciale. Come dire? L’abito di Graziella (e tutto ciò che gira intorno) è un bene culturale che può essere (e lo è) valido internazionalmente, in una dimensione di crescita turistica dell’isola; la trita celebrazione di Napoli con luoghi comuni che non fanno più ridere nessuno, e con Pizza, Totò e i Mandolini fa strapaese, è scontata e annoia.
In definitiva una bella serata. Hanno vinto come sempre le giovani figliole procidane (a proposito andrebbe incentivata la loro partecipazione) e la Festa si è anche vista nel passeggio e negli abiti sfoggiati, in giro, da giovani e meno giovani donne. Ma molti sono gli spunti per migliorarsi nella direzione che la Storia e la Cultura dell’isola di Procida merita.