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L’EDITORIALE DI GINO FINELLI: «Ha ancora senso Graziella?»

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Ago 11, 2018

Gino Finelli – Siamo giunti oramai alla 68 edizione della Sagra del mare. Un appuntamento che rappresenta il momento più importante dell’ estate. Una manifestazione ideata negli anni trenta ed interrotta solo durante il periodo fascista, dall’intuizione di un comandante di lungo corso che pensò di costruire intorno al romanzo di Lamartine un evento che celebrava contemporaneamente il mare, risorsa da sempre fondamentale nell’economia isolana e la bellezza delle ragazze procidane che, indossando lo storico vestito, si presentavano al pubblico coniugando, leggenda, storia e tradizioni locali.

Nella manifestazione c’era però molto mare: la traversata a nuoto Procida -Monte di Procida, il palo di sapone, le gare di pesca, di sandalini, piccole imbarcazione dell’epoca simili alle attuali canoe ecc. ecc, oltre alla messa sul mare con la deposizione della corona di fiori in onore dei marittimi.

In quell’epoca e per lunghi anni la festa dell’estate isolana era la Sagra del mare, le tre giornate  impegnavano amministratori e cittadini in una sorta di momento collettivo di unità e di ricreazione.

Erano gli anni in cui l’Italia del dopoguerra costruiva il suo futuro avviandosi a quella trasformazione sociale che avrebbe portato benessere e dignità.

Poi l’evoluzione dei tempi, le nuove frontiere tecnologiche, i media hanno finito con il trasformare l’evento in una delle tante feste estive a cui oggi, a mio parere è difficile dare un significato.

Graziella, personaggio venuto fuori dalla penna di un giovane scrittore Francese, un po’ favola un pò realtà, non era certo il prototipo della donna isolana, ma la giovane ragazza innamorata. E nulla ha a che vedere detto personaggio con la storia delle donne procidane con il loro coraggio, la determinazione e la capacità di essere protagoniste assolute della famiglia. Quindi Graziella e, con essa la Sagra del mare, di storico non ha nulla se non il ricordo del costume e del mare, mare peraltro che da moltissimi anni è completamente scomparso nelle tre giornate di manifestazione.

Allora ha ancora senso riproporre Graziella?

Pensatori, poeti e scrittori famosi e, di certo migliori del giovane Lamartine, hanno scritto di Procida e, alcuni di essi come ad esempio Elsa Morante, hanno raccontato la vera storia dell’Isola descrivendo in modo magistrale luoghi, abitudini ed aspetti tipici del popolo e della vita Procidana. E ancora, la storia dello sbarco dei saraceni con protagoniste sempre le donne, rappresenta  un autentico  riferimento culturale del percorso evolutivo della popolazione descrivendo sempre  il mare come  risorsa e ricchezza, protagonista indiscusso per qualsiasi evento celebrativo.

Mi si dirà il popolo la vuole, attende l’elezione della Graziella, peraltro sempre più complessa per l’assenza di candidate  e per la mancanza degli storici abiti della tradizione isolana.  Vuole tifare per la propria concorrente rappresentativa della contrada; vuole scendere in piazza e assistere allo spettacolo sempre più misero; vuole occupare la piazza e vivere il momento di ludicità collettiva.

Ma il popolo vuole anche qualità, osserva, percepisce, oramai educato dalla televisione e dalla rete, l’assoluta improvvisazione e spesso la mancanza di una regia collante di qualsiasi manifestazione.

E finisce così con il vivere quel momento atteso annoiandosi, percependo l’assoluta assenza di quel senso di spettacolo a cui è oramai abituato. E mancando peraltro anche il mare come elemento di richiamo, finisce con l’essere la solita Sagra dove tra gelato, panini e confusione si passa una delle tante giornate estive.

E non basta più la buona volontà e l’impegno di chi organizza, perché svanito l’incanto finisce il sogno.

Ma chi avrà mai il coraggio di cambiare rotta, interrompere una consuetudine?  Credo nessuno, ma qualcuno prima o poi dovrà avere la forza almeno di modificarla, ritornando al mare come protagonista e alla storia vera, antica e splendida della nostra Isola e magari lascerà anche Graziella come simbolo di una bellezza e di una eleganza di un tempo che fu.

Quella di quest’anno, come anche quelle passate sono oramai un prodotto di una obbligata manifestazione estiva che non rappresenta più nulla, ma che anzi rattrista e rende paesana l’immagine di un luogo che è sulle copertine del mondo.

Anche se l’avessi organizzata io, forse non sarei più stato in grado di riprodurre quello che un tempo rappresentava la Sagra del mare, e mi sarei violentato per doverla fare per forza, per evitare quelle critiche ingiuste e per nulla significative che, spesso il Procidano, elargisce nei confronti degli organizzatori.

Non bastano più i comici, i cantanti, i presentatori a mantenere viva una tradizione che è oramai decaduta nel ruolo, nel significato e nella tradizione.

Ecco perché non esprimo un giudizio su ciò che è stata la Sagra del 2018, perché, a mio avviso, non avendo più appeal non ha quella forza di aggregazione e collegialità che sono state da sempre il suo vero collante.

Allora spazio al mare, alle sue infinite possibilità, spazio alla nostra storia, magari con le rappresentazioni storiche della cultura isolana, spazio alla tradizione musicale mediterranea e napoletana, spazio alla rappresentazione del nostro territorio nella cinematografia mondiale, premi a chi ha fatto del mare la sua vita e ha saputo rappresentare quell’equilibrio tra la sua forza e la nostra debolezza.

Sono solo parole, ma a volte le illusioni destano più interesse delle cose vere.

1 commento su “L’EDITORIALE DI GINO FINELLI: «Ha ancora senso Graziella?»”
  1. Le tradizioni si sa, rappresentano un richiamo sui luoghi geografici di certo rilievo ma devono, per essere seguite ed apprezzate, mantenere aderenza al territorio ed al significato attualizzato dei suoi miti . Ptocida in questi decenni si è evoluta, anche se in modo graduale e contenuto, riproporla con soggetti desueti rattrista l’animo di chi la rappresentava e scoraggia le giovani generazioni . Un Restyling, non solo esteriore, di ogni manifestazione locale, sarebbe auspicabile, per rilanciare in chiave moderna soggetti dequalificati dall’usura del tempo .

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