– Vino? – fece il professore perplesso. – Io non so questo bambino come veda i colori: come se ancora non li conoscesse. A voi sembra colore di vino, questo mare?
– Non so: ma mi pare ci sia qualche vena rossastra – disse la ragazza.
– L’ho sentito dire, o l’ho letto da qualche parte: il mare colore del vino – disse l’ingegnere.
– Qualche poeta l’avrà magari scritto, ma io un mare colore del vino non l’ho mai visto – disse il professore, e a Nenè spiegò – Vedi: qui sotto, vicino agli scogli, il mare è verde, più lontano è azzurro, azzurro cupo.
– A me sembra vino – disse il bambino, con sicurezza.
Tanti, invece, sono i colori che nuotano nel mare di Mariella Ridda che rimane fondamentalmente blu; l’artista procidana espone, in questi giorni, nello spazio della ex Chiesa di Santa Margherita Nuova, a Terra Murata.
I soggetti sono le passioni stesse, legami, emozioni: amore, tristezza, gioia, lontananza, simbiosi tra uomo e donna, madre e bambino, coppie omosessuali. E poi il mare, dove tutto accade e che tutto fa accadere.
Ma sopra il blu del mare vivono figure fortemente colorate di soggetti diversi, tra cui le sue oramai famose SIRENE.
E se i colori struggenti sembrano accentuare la passione mortale della forza della seduzione, essi annunciano sentimenti di rabbia e distruzione. Ritorna, allora, il mito di Partenope, che comprende che Ulisse (con scaltro stratagemma) riesce a resistere al proprio fascino; e la sirena, con le altre compagne, decide di morire.
Mariella Ridda, vive a Berlino dal 1999 e lavora attualmente in qualità di grafico pubblicitario e artista. Ha studiato a Roma e a Napoli all‘ Accademia di Belle Arti (1991: Diploma di Pittura), e parallelamente ha eseguito studi nel settore grafico pubblicitario. La sua pittura ha un tratto deciso e lascia prevalere colori quasi originari, cui solo lo sguardo d’insieme restituisce sfumature e morbidezza.
Prevale, in definitiva l‘inconscio, avvolgente e totale come il mare. Il mare, un tema molto dominante nei suoi recenti dipinti, dove l‘acqua è essenza della vita. Ce l’immaginiamo, Mariella, nella “sua“ Berlino, guardare lontano e vedere, in un immaginario orizzonte, il mare, come i guerrieri di Ciro.
E il viaggio non è epico e reale come quello raccontato da Omero e ricordato nel racconto di Sciascia.
Non è più, quindi, il reale, eppure mitologico, “mare colore del vino”. È, piuttosto il viaggio onirico dell’altro Ulisse, quello di Joyce, che, allo stesso grido dell’Anabasi: “Thalatta, thalatta!”, lascia che le figure rivivano come embrioni in quel mare amniotico, avvolgente, innegabilmente e assolutamente blu. La mostra sarà aperta fino al 2 settembre.
Per capire il mare guardandolo con gli occhi interiori bisogna non lasciarsela scappare.