Sebastiano Cultrera – Ci volevano togliere l’Ospedale ed invece la lotta dei procidani ha fermato le mani sacrileghe! L’Ospedale non si è toccato e sta sempre lì. Ciò è stato confermato dal fatto che anche l’atto aziendale dell’ASL Na2 ha recepito (dopo il piano ospedaliero regionale) ciò che i procidani chiedevano sia con le manifestazioni di piazza, sia con i comitati (ce n’erano due, in campo), sia con i ricorsi al Tar (ce n’erano due in campo).
Ma le cose stanno davvero così? Sulla carta sì, anche perché la battaglia condotta dai liberi e forti (?) protagonisti della stagione delle lotte aveva l’obiettivo (pubblicamente dichiarato) che NON SI MODIFICASSE l’organizzazione e il livello di servizi del presidio ospedaliero locale.
In tutte le manifestazioni, in tante trasmissioni televisive si sono proposte, infatti, testimonianze sul buon funzionamento dell’ospedale, dove accadevano –si raccontava- quotidiani casi di eccellenze sanitarie. Quell’ospedale ce l’hanno lasciato: carta canta. Si tratta di capire esso a cosa serve e, soprattutto, cosa si intende, oggi (anche alla luce di normative e metodiche sempre in divenire) per Pronto Soccorso. Perché qui sta il punto.
A chi suggeriva di andare oltre le questioni nominalistiche e di articolare una proposta di funzionamento dimensionato SULLE ESIGENZE REALI si è sempre ottusamente risposto: devono cambiare le carte, devono scrivere sui documenti la parola Pronto Soccorso. Ora è accaduto. E allora?
Abbiamo vinto “quaccheccosa”? O, siamo tornati, più realisticamente, alla casella di partenza di un infinito Gioco dell’Oca della SANITA’, dove la classe dirigente di quest’isola si distingue da anni per ipocrisia e per demagogia (nei migliori dei casi)?
Temo che l’eccesso di avvocati disponibili sia nelle fila della maggioranza sia nell’opposizione abbia trasformato la battaglia sociale e civile per una migliore sanità, in una pratica leguleia; dimenticando il vero obiettivo: migliorare i livelli di assistenza sanitaria dei cittadini. Gli avvocati hanno vinto. Ma la Sanità procidana ha vinto anch’essa?
Purtroppo molti addetti ai lavori, e la classe dirigente dell’isola, per vari motivi (non sempre nobili) hanno sposato la tesi dello scontro radicale e giudiziario, al fine di avere una strada aperta per rivendicare una serie di diritti. Definire i dettagli ed i confini dei servizi sanitari (realmente) utili ai cittadini avrebbe comportato un quadro di certezze di diritti e di doveri per i cittadini e per tutti gli operatori del settore. Ma non sono tempi in cui i doveri vanno di moda e (giustamente?) non si capisce perché medici, paramedici e paraculi coinvolti nella sanità isolana dovrebbero essere tra i pochi in Italia ad accettare un quadro stringente di doveri predefiniti.
L’aspettativa è, quindi, esclusivamente sul piano dei diritti. Ma temo che l’intera classe dirigente abbia fatto i conti senza l’oste. Perché adesso sono di nuovo attestati su una mitologica “osservanza della legge”; ciò che però, operativamente, non significa nulla. Basta, infatti, leggere il decreto Balduzzi (cavallo di battaglia degli sbandieratori dei “diritti”) per comprendere che le ipotesi cui aspirano sono solo “indicative” (come recita il punto 9.2.2 di detto provvedimento) e finalizzate, sempre indicativamente, a garantire solo l’emergenza-urgenza in medicina e chirurgia d’accettazione. E garantendo la trasmissione in telemedicina degli esami (specialmente quelli radiologici).
Anche un profano capisce, a questo punto, che il margine di discrezionalità è molto ampio. Anche chi ha poca dimestichezza con l’italiano comprende, per fare un esempio, che la Ginecologia è totalmente esclusa (e la sentenza del TAR, in ossequio alla legge, l’ha parimenti esclusa). Insomma tutte queste circostanze mi confermano l’impressione che, anche in questo campo, la strada dello scontro non sia servita a molto, se non a fare un po’ di “ammuina” politica.
Ma, ahimè, in tempi in cui conta “battere i pugni sul tavolo” (indipendentemente dai risultati) gli agitatori di piazza (anche se interessati) sembrano avere la meglio. Nel frattempo, abbiamo, purtroppo una struttura ospedaliera che non ha mai funzionato bene, un 118 scollegato da essa (è un caso più unico che raro che non siano nello stesso luogo,) una rete di assistenza al cittadino di resa molto bassa, soprattutto se confrontata coi costi pro-capite.
Perciò se un cittadino dovesse rimanere, nel futuro, coinvolto in un ennesimo caso di disfunzione o di malasanità dovrà consolarsi (soltanto) con alcune righe inserite nell’atto aziendale dell’ASL.