Redazione – Un parassita sta “spaventando” anche gli agricoltori procidani perché sembra stia infestando diversi alberi da frutto. Prugne, albicocche, susine, melograno, rischiano di scomparire dall’isola. L’insetto in questione è il coleottero cerambicide Aromia bungii (Faldermann), originario della Corea e della Cina. La prima segnalazione in Europa dell’animale è del 2011, in Germania, dove però venne subito debellato. In Italia, invece, a tremare ora sono le zone del Vesuviano, dei Camaldoli, la costa flegrea e le isole del golfo di Napoli.
Tra quest’ultime, quella a preoccupare di più è Procida dove negli ultimi tempi sono stati registrati ben sette casi sospetti, ora all’esame degli esperti della Regione Campania. Quali piante colpisce il coelottero cereambicide? Che attività svolge? A rispondere a queste domande ci pensa il Servizio Fitosanitario Regionale, dal proprio sito.
L’insetto è ospitato dalle seguenti piante: il genere Prunus (in particolare Prunus armeniaca – albicocco – e Prunus domestica – susino), Azadirachta indica, Bambusa textilis, Diospyros virginiana (stesso genere del cachi), Olea europea (olivo), Populus alba (pioppo bianco), Pterocarya stenoptera (stessa famiglia del noce), Punica granatum (melograno), Schima superba (Theaceae).
L’agronomo Franco Mattera dice: «La Regione si è mossa da tempo per contrastare il fenomeno. Lo scorso anno ha emanato un apposito decreto in cui sono contenute tutte le norme e le iniziative da seguire. Sono previste anche pesanti norme sanzionatorie per chi non si attiene alla normativa.
In merito alla sua attività, invece, gli esperti regionali spiegano che “compie una generazione ogni due anni e sverna come larva all’interno delle profonde gallerie scavate all’interno dei tronchi dopo la schiusura delle uova; la loro presenza è segnalata dall’accumulo di mucchietti di segatura, prodotta dalle stesse larve, alla base del tronco o sulle branche. E’ stato osservato che in un solo tronco possono convivere diverse generazioni di larve“.
“In tarda primavera avviene lo sfarfallamento dell’adulto – spiegano ancora – attraverso grossi fori dal diametro di alcuni cm, il quale è in grado di volare per piccole distanze; è facilmente riconoscibile per le grosse dimensioni e per la presenza del ‘collare rosso’ che è un carattere distintivo come il colore nero del corpo che lo fa distinguere dall’Aromia moschata che invece è di colore verde ed è normalmente presente in Italia. In caso di necessità emette un particolare odore per allontanare i nemici; si nutre scortecciando delle piccole porzioni di giovani rami e normalmente lo si può osservare nei giorni soleggiati appoggiato ad un ramo, ma, appena si sente in pericolo, si lascia cadere a terra. Depone le uova alla base dei tronchi“.
La Regione fa sapere che per individuare il parassita c’è bisogno di una costante fase di monitoraggio delle piante, costruendo, dove possibile, anche delle vere e proprie trappole per gli adulti.
Queste trappole si possono costruire “usando una bottiglia di plastica da 2 litri tagliata a metà e capovolta la parte superiore in modo da formare un imbuto per evitare la risalita dell’insetto. Dopo aver unito le due parti, si versa all’interno dell’aceto di mele o della birra. Le trappole vanno poste sulla pianta ed ispezionate periodicamente (in linea generale ogni settimana)“. Le piante colpite, però, sono destinate all’abbattimento immediato(anche solo in presenza di sintomi), compreso asportazione e distruzione delle radici. L’abbattimento si rende necessario se solo si pensa a quanti esemplari possono convivere in un solo albero e distruggerlo, uccidendolo, con la loro attività di scavo.