Redazione – L’argomento che in questi giorni sta letteralmente tenendo banco sull’isola, è quello relativo ad una riflessione che lo scrittore e medico isolano Giacomo Retaggio, ha fatto sulla stampa locale e cioè il trattamento “conservativo” che subirebbero le alici.
Ovviamente sul fatto si sono accesi i riflettori della pubblica opinione che come sempre si è spaccata a metà, tra chi crede nella genuinità del pescato locale e chi ha letto nel pezzo del dottor Retaggio una denuncia su cui riflettere e sopratutto far riflettere.
Senza entrare nel merito di analisi che non ci competono, ci pare comunque importante evidenziare che da sempre il pescato procidano è un fiore all’occhiello della comunità e non. La storia dell’isola è impregnata da quella dei pescatori locali che nonostante le leggi, normative, e regolamentazioni a volte anche esagerate, ancora resistono e continuano a farci portare sulle tavole un prodotto genuino. Fresco, buono, rinomato da sempre per il suo sapore eccelso.
Vogliamo dunque pensare – cercando di dare una interpretazione non capziosa dell’articolo del dottor Retaggio – che dallo stesso si evince il grido di allarme ma anche il grido di dolore, di chi vuole provare a fare luce su quanto ascoltato e sentito dal chiacchiericcio locale, senza voler – per così dire – arrecare danno a qualcuno. Su questo siamo sicuri.
Nel frattempo il Consorzio Pescato Procidano, in questi giorni ha evaso una nota che va nella direzione di far chiarezza e sgombra il campo da qualsiasi fraintendimenti di sorta.
“Un recente articolo, apparso in una testata giornalistica on line con la pretesa di fare opera di informazione, lascerebbe intendere che prodotti della pesca procidana (nella specie alici) sarebbero sottoposti a un trattamento nocivo per la salute: e ciò senza specificare né soggetti autori della presunta manipolazione, né luoghi o modalità di essa, ma con affermazioni che in forma insinuante e per di più attribuite a terzi ignoti, avanzano dubbi sulla qualità e salubrità di quei prodotti, invocando controlli delle Autorità competenti.
A illazioni presentate con tanta leggerezza, e senza rendersi conto delle ricadute su uno dei pochi settori rimasti immuni da inquinamenti, non servirebbe neanche replicare, se non fosse per rassicurare la grande platea dei consumatori sul fatto che uno degli aspetti fondamentali del prodotto della pesca procidana è la qualità del materiale da cui ha origine. Per potersi esprimere al meglio, essa necessita di una materia prima di alto livello qualitativo. Succede in qualunque settore, ma ancor di più nell’ambito della pesca locale, dove in gioco ci sono molteplici fattori: lo sviluppo imprenditoriale, la tutela del territorio, la salvaguardia della tradizione e, soprattutto, la salute dei consumatori.
Le imprese di pesca procidane da sempre puntano sulla qualità, potendo contare su una tradizione marinara secolare che si vale di materie prime genuine e garantite che profumano di mare, acque cristalline limitrofe che riportano il sapore della pesca selvaggia dei nostri avi, controllate secondo norme rigorosissime. Sotto l’effetto globalizzazione dei mercati non bisogna perdere di vista la qualità delle produzioni, elemento che più caratterizza la nostra isola e le sue imprese. Oggi produrre qualità può anche costare un po’ di più, ma i vantaggi per l’intera filiera produttiva alla fine sono molteplici.
Sul fronte della tutela della qualità del prodotto locale, il Consorzio Pescato Procidano è da tempo in prima linea nel sollecitare dall’Unione Europea l’obbligatorietà del marchio “made in” per garantire l’origine certa e rintracciabile del nostro pescato.
I nostri pescherecci sono garanzia di qualità e salubrità del prodotto pescato, immune, secondo le tradizioni dei nostri avi, da qualsivoglia forma di adulterazione, come potrebbe verificare qualsiasi controllo. E il prodotto costituisce un’eccellenza che va difesa con il massimo impegno, nella coscienza che è il frutto di sacrifici e rigorosa osservanza delle norme in vigore.
Nell’assicurare l’utenza sulla genuinità del pesce che si vende a Procida, formuliamo l’auspicio che a un tema così delicato ci si avvicini con minore approssimazione e si dedichi quell’attenzione e quella passione che i pescatori di Procida da sempre hanno portato al loro lavoro”.
Un gran bel giro di parole per non chiarire il punto cruciale: le alici, a bordo dei pescherecci (o solo di alcuni o nella maggioranza di essi) vengono “trattate” o no ?
Fare poi appello alle nobili tradizioni dei padri può, in caso di ignominia degli eredi, turbarne il riposo. L’interesse di tutti dovrebbe essere l’attuazione di un codice di comportamento delle associazioni di comportamento ben definito e controllato dalle autorità competenti. Dire che la qualità del pescato è fuori discussione, non mi sembra, a questo punto, che basti.
Non me ne vogliate….ma voce di popolo voce di dio…..le ASL dovrebbero eseguire delle analisi appropriate al fine di sgomberare il campo dai dubbi, che sono pur leciti…..l’accorato articolo,perdonatemi, ma non serve a molto.slt
Ma perche’ le pescheria dall”indomani non avevano più alici e gli altri pesci erano meno lucidi?
una severa quanto opportuna commissione sanitaria dovrebbe, sancire ogni necessità e, senza corrompenti compromessi ! So che chiedo la luna ma, voi isolani non l’avete sempre promessa nelle vostre relazioni pubblicitarie ?
Io penso che lo scritto del
Dott.Retaggio,come giustamente detto dal Consorzio,è talmente fuorviante,superficiale,insinuante,che non abbisognerebbe neanche di essere commentato, nè temuto.
Per il semplice motivo che quello che asserisce non è comprovato da nessun analisi di laboratorio,che ne attesti la pericolosità. Oltretutto,fa pura disinformazione,e le accuse fatte al comparto dei pescatori nostrani sono assolutamente generiche e non documentate. Criminalizzando un intero settore, e creando nell’immaginario popolare un ingiustificato allarmismo. Con questo,non voglio, certamente,dire che l’uso di formalina è consentito.anche se si tollera la presenza di questo conservante in centinaia di prodotti,anche alimentari,nelle dosi lecite.Prima di fare accuse specifiche,il Dott.Retaggio,persona colta e preparata, doveva accertare che quello che ha asserito ha basi scientifiche,di analisi sanitarie.
In formalina si mettono le vecchie mummie, non i pesci venduti come freschi.