Redazione – L’isola si scopre molto fragile. Un weekend di metà novembre – quello appena trascorso – ha fatto emergere casualmente tutta una serie di problemi che comunque li si veda sono legato alla convivenza civile sul territorio. Nulla ovviamente paragonabile a quanto accade quotidianamente in terraferma, ma il tanto che basta per far riflettere chi di dovere.
Non è da oggi, purtroppo, ma da tempo – oseremo dire ormai da tanti anni –che sull’isola di Arturo è in atto un cortocircuito che sta finendo per scollare quanto di buono viene fatto nel quotidiano e tra enormi difficoltà. Settori della cittadinanza che vivono con grande difficoltà gli spazi comuni, il rapporto generazionale sempre più conflittuale, reati a tutti i livelli, altre situazioni ai limiti di legge e l’insularità del territorio, sono gli ingredienti con i quali confrontarsi.
E i primi a prendere contezza di quanto la deriva sia forte dovrebbe essere la classe dirigente di questo paese che deve mettere al centro dell’azione politica e amministrativa più che il “bene comune” il “buon vivere sull’isola.
Un’isola che è malata nelle sue radici può vivere per poco. Puo sopravvivere per tanto. Ma poi non ci meravigliamo se tutto di un tratto farà venire fuori tutte le sue difficoltà.
Di tutto questo e di tanto altro ha parlato ieri il capogruppo di Per Procida e commissario di forza Italia Menico Scala:
«Oggi l’isola di Procida vive un giorno di profondo sconforto. Parlare di un problema così da anticiparne ed attutirne i suoi possibili effetti nefasti, per molti, è visto come un atto di opportunismo così come, parlarne quando il problema si è manifestato, per i medesimi, diventa un atto di sciacallaggio, ragion per cui meglio non parlare di nulla tanto i problemi non esistono. Procida è un’isola felice ben oltre la narrazione del mulino bianco e, quando qualche cosa accade e diventa di dominio pubblico, si ha la sensazione che, al di là delle chiacchiere del giorno dopo e delle frasi fatte che affollano i social, il desiderio di tutti sia quello di dimenticare presto e subito per ritornare alla innaturale quotidianità da cartolina.
Da tempo, purtroppo, cerchiamo di porre l’attenzione sulle questioni che riguardano la sanità (in primis la questione ospedale), la mobilità, la circolazione veicolare che ha superato tutti i livelli di guardia, anche “grazie” ad una programmazione dei lavori pubblici inesistente. Così come da tempo si conoscono le questioni legate alle uscite del sabato notte, al bullismo nelle scuole, la droga, alle situazioni piccoli o grandi che ne conseguono, l’abuso di alcol, la pochezza dei controlli considerato anche l’esiguità delle Forze dell’Ordine in campo.
Di queste cose si dovrebbe parlare ogni giorno, coinvolgere le agenzie educative del territorio, porre in essere una progettualità di breve, medio e lungo termine che vada ben oltre convegni e protocolli d’intesa. L’intera classe politica e dirigente, da questo punto di vista, dovrebbe fare un notevole passo in avanti uscendo dal fortino in cui si è rinchiusa (non vedo, non sento, non parlo) facendo in modo di ascoltare tutti i portatori di interessi e poi decidere ma, soprattutto, far rispettare le decisioni prese.
La cosa peggiore che in questi casi si può fare è, da un lato, negare l’evidenza dei problemi che affliggono la nostra società malata che ogni giorno peggiora sempre più nel suo stato di salute, dall’altro, essere omertosi consolandosi del fatto che questa volta non è toccato a noi, a un nostro figlio o ad un nostro caro»