Gino Finelli – Non è mia abitudine dire bravo. Non lo è perché nessuno, almeno quelli di mia conoscenza, hanno osato raccontare la verità sulle problematiche della nostra Isola. Una verità spesso scomoda dietro alla quale vi sono, inevitabilmente, motivazioni discutibili ed operato spesso clientelare.
Bravo, dunque, a Sebastiano Cultrera che nel suo articolo ha messo a fuoco quella ipocrisia che accompagna quasi sempre azioni e contestazioni. Quell’ipocrisia che maschera atteggiamenti di incapacità o, quando va bene, di complicità; quella ipocrisia che fa apparire raggiunti risultati che sono solo fuochi di paglia e che non contribuiscono alla risoluzione reale di un problema; quella ipocrisia che definisce soltanto un atteggiamento politico spesso populista; quella ipocrisia che mortifica l’intelligenza di molti e le speranze della massa.
L’esempio più evidente di tutto ciò è la finta vittoria sull’Ospedale. L’atteggiamento di chi, attraverso proteste, ricorsi e quant’altro, crede o vuol far credere di aver risolto un problema che andava e va affrontato, come ho scritto più volte inutilmente, in modo totalmente diverso. Una problematica che non si risolve con la solita questione: Ospedale si- Ospedale no, ma con la necessità di capire ruolo e funzione dello stesso, a cosa serve e a chi e che cosa si vuole, per davvero, che sia e, ancora, cosa deve fare, che ruolo deve avere nel contesto delle necessità della sanità locale.
E ancora Vivara, che, come giustamente ricorda Cultrera, dopo il periodo vivace e glorioso del prof Punzo, non ha più nessuna utilità sia per la popolazione che per il turismo. In questi anni sotto la guida di Marinella non si è assistito a nessuna iniziativa per rendere fruibile un paradiso della nostra terra.
E potrei continuare all’infinito per elencare quello che si poteva e doveva fare e che non solo non si è fatto, ma non si è neanche pensato di farlo.
Nel 2015, alle soglie del voto per il rinnovo dell’amministrazione, feci stampare a mie spese un opuscolo. Il titolo: “Non lasciamoci ingannare” era stato scelto per ricordare a tutti gli elettori le cose che erano state fatte, quelle che erano state promesse e quelle che si sarebbero dovute fare. Chi lo ha avuto tra le mani e, lo conserva ancora, può leggere tutte quelle cose che, condivise da qualsiasi candidato, avrebbero dovuto almeno essere avviate, programmate. Era quello uno schema semplice da cui partire per ridare al nostro territorio un progetto politico di buona amministrazione, per ricostruire un rapporto di fiducia con gli elettori e per far rinascere nella cittadinanza la voglia di credere ancora in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Mi piacerebbe che il direttore lo pubblicasse, almeno nei titoli, per far capire che ancora oggi quello che era scritto quasi 5 anni fa è non solo attuale, ma necessario nella sua realizzazione e che quel progetto politico, in nessuna sua parte è stato realizzato, neppure in quegli aspetti ampiamente condivisi e condivisibili.
Forse è davvero difficile e, per vaie ragioni, impossibile governare la cosa pubblica, ma un tentativo è sempre doveroso e possibile.
E ancora una volta si ritorna alla necessità di una preparazione in termini culturali, sociali e politici. E’ la conoscenza e, quella parola magica che è la Cultura, che determina per davvero, oggi più che mai, una sostanziale differenza. Quella cultura politica costruita attraverso anni di esperienza, lavoro e concetti ideali. Ad essa dobbiamo appellarci per tentare di far rinascere uno spirito di progettualità lontano dal populismo, dalle ipocrisie dei politicanti di turno e da quelle illusioni, che destando più interesse delle cose vere, inebriano le menti e confondono i pensieri.
“Il segreto della umanità non è vivere ma sapere per che cosa viviamo. E molti non lo sanno perché nessuno gli lo ha insegnato”.
E oggi non avendo insegnamenti e non possedendo conoscenze culturali profonde non si sa per che cosa si vive poiché nessuno è in grado di insegnarcelo.
La colpa è della mia generazione che ha consentito che crescesse e si sviluppasse un sentimento di individualismo fino alla assoluta perdita di quei valori etico-morali che avevano resa grande la nostra Nazione trasformando così il percorso terreno nella ricerca del potere, del danaro, dell’apparire invece dell’essere. E complici abbiamo consentito che tutto ciò accadesse e si sviluppasse, per una sorta di incapacità alla ribellione che, pur avendola vissuta negli anni della nostra giovinezza, abbiamo ampiamente lasciata alle spalle dimenticando quei valori e quegli insegnamenti. Il benessere, il consumismo, la globalizzazione e i facili compromessi hanno fatto il resto costruendo questa realtà che appare solo per quello che dice di essere e mai per quello che è. Un vuoto di pensiero, di contenuti, di idee, ma soprattutto morale, nel quale si annida quel senso di egoismo innato alimentandolo e facendo crescere sempre più il personalismo a svantaggio di quella collettività sociale che da sempre è la fucina di progresso di idee, sviluppo.
Concludo con una frase di Tommaso Moro che è una sorta di preghiera per tutti.
Grazie. Ma, come spesso ti accade, temo che la tua amicizia abbia fatto premio sulla mia parva trattazione.
Devo dire che il tuo intervento, e la tua autorevole conferma sulla necessità di stigmatizzare le IPOCRISIE di certo modo di fare politica e di amministrare nostra isola, mi fa particolarmente piacere.
Anche perchè quello stile atavico e provinciale (DI PRIMA e di DOPO) che denunciamo ha trovato, recentemente, un AVVOCATO DIFENSORE! E’ vero che non ha pensato di meglio che lanciare una accusa di poca informazione. Il che può essere. Quindi comincio, certosinamente, a decodificare le (apparentemente arraffazzonate) sue informazioni e a farne tesoro. Come di certo lo faranno i procidani felici della prossima soluzione di tutti i problemi dell’isola. Se non risolti, almeno avviati a pronta soluzione. Questo l’ho capito. Non ho capito bene il COME. Ma, evidentemente è un problerma mio. Studierò di più!
Caro Gino, Ti Lascio con un grande abbraccio e con un grandissimo augurio per te e per i tuoi cari!
Sebastiano