Gino Finelli – Sul fenomeno del gioco compulsivo, si è scritto e si è detto moltissimo. Dal punto di vista strettamente scientifico, non si conoscono le cause della ludopatia, che molto spesso si identifica in fattori genetici e soprattutto ambientali.
La depressione, la noia, l’uso o l’abuso di sostanze stimolanti compreso l’alcol, farmaci come i dopamino-agonisti, droghe, le sindromi legate ad una deficienza di concentrazione, quelle bipolari sono tra le cause più frequenti descritte in letteratura.
Tuttavia, per la elevata eterogenicità dei soggetti affetti da ludopatia, è quasi impossibile stabilire un cariotipo ed identificare in modo scientifico il soggetto ludopatico.
Di certo una elevata sensibilità alla noia, unita alla ricerca di sensazioni nuove e forti, con il desiderio di rischiare connesso sempre ad un alto grado d impulsività, sono tra le ragioni più frequenti nella definizione del soggetto fortemente dipendente dal gioco.
Dal punto di vista più strettamente psicologico una particolare rilevanza va attribuita a quei soggetti, sotto l’aspetto psichiatrico, identificati come affetti da alessitimia.
Una sorta di analfabetismo emotivo che letteralmente dal greco vuol dire mancanza di emozioni o meglio di espressioni per esprimere emozioni. E’ di fatto un disturbo che consiste in un deficit della consapevolezza emotiva. Una incapacità a identificare e descrivere i propri sentimenti, nel distinguere gli stati emotivi. Ecco dunque la necessità di simbolizzare l’emozione anche con atteggiamenti ossessivi.
In Italia sono circa 18 milioni i giocatori e una larga fetta di questi, al di sotto di poco del milione, sono minorenni, il che vuol dire che vi è una vera e propria emergenza sociale. A giocare di più sono i ragazzi del sud, a seguire quelli residenti nelle isole e poi quelli del centro. La ricerca dell Iss dimostra che :”gli studenti che assumono superalcolici o cocktail, birra, energy drink o vino più di 2 volte a settimana, fumano 10 o più sigarette al giorno, consumano smart drug, praticano il bingo dribbling, consumano cannabis, si espongono circa il doppio al rischio di sviluppare un comportamento di gioco problematico rispetto a chi consuma queste sostanze con frequenza minore”.“
Difronte dunque a questo fenomeno in crescita, con questi dati e con il coinvolgimento dei giovani in età minorile, la problematica va non solo affrontata, ma chiarita nelle cause, nelle ragioni e nelle motivazioni per finalizzare un intervento sociale che coinvolga famiglie e istituzioni.
Nella nostra piccola realtà l’elevato numero di giocatori deve lasciarci riflettere soprattutto quando ad esso si aggiunge l’uso di alcol e/o di altro. Le cause, quale la noia, la mancanza di motivazioni esistenziali, l’assenza di prospettive di lavoro, l’idea che il danaro rappresenti l’unica vera ricchezza dell’uomo, l’assenza di valori etico-morali, compromessi da un sistema educativo in caduta libera da anni, la mancanza di autorevolezza di chi insegna e di chi governa ed infine il ruolo non secondario della famiglia, spesso conflittuale e diseducativo, largamente permissivo e giustificativo, rappresentano tutti quei fattori che sono alla base di comportamenti deplorevoli e di inclinazione a patologie comportamentali.
Solo per ricordare “Eleonora Duse smise dopo aver visto una giovane amica suicidarsi. Sarah Bernard lo fece non prima di essere stata strappata alla morte per aver mandato giù una potente dose di veleno. Frank Sinatra, Omar Sharif, Vittorio De Sica, Adnan Kashoggi accomunati dalla febbre del gioco, amanti del rischio, inguaribili sfidanti della fortuna” si sono sempre ritenuti ammalati e avrebbero voluto liberarsi dalla loro patologia.
Erasmo da Rotterdam parlando della difficoltà della vita e del vivere scriveva: “La vita umana nel suo insieme non è che un gioco, il gioco delle pazzie”
E poiché giochiamo già troppo per vivere ed affrontare le difficoltà del nostro percorso umano, sostenendo costantemente sfide e ostacoli che rappresentano il gioco di azzardo più arduo della nostra esistenza; poiché ogni giorno la nostra vita è sottesa su di un filo sottilissimo ed invisibile che è il rischio più grande, basta soffermarsi a riflettere per capire che qualsiasi altro azzardo non può creare nessuna emozione più grande, né dare nessun senso alla nostra esistenza.
E dunque giunto il momento che la collettività e le Istituzioni tutte, ciascuna con le sue specificità e professionalità, aprano gli occhi su un fenomeno così dilagante ed in crescita, ed inizino quel percorso lento, ricco di ostacoli, di conoscenza ed educazione ponendo così le basi per una sana prevenzione. Perché per evitare che insorga una malattia bisogna prevenirla. La ludopatia è una malattia e abbiamo il dovere prima che curarla di evitare che essa insorga.