Rappresentanti delle delegazioni di Piacenza, Bucciano, Procida, Treviso, Urbino e Apsella
Procida – Quarantasette anni fa hanno iniziato costruendo pozzi. Oggi si occupano anche dell’accoglienza dei profughi. In quasi cinquant’anni di attività in Uganda Africa Mission Cooperation and Development è cresciuta: lo si è visto anche durante la tre giorni di celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della morte del suo fondatore, don Vittorio Pastori, che il movimento ha voluto organizzare anche a Moroto.
Proprio lì, dove Africa Mission ha da sempre il suo centro, oltre mille fra ugandesi e rappresentanti delle delegazioni di Piacenza, Bucciano, Procida, Treviso, Urbino e Apsella si sono ritrovati per ricordare don Vittorione e mostrare le attività portate avanti dai volontari dell’associazione.
«Quando abbiamo iniziato, l’emergenza in Uganda riguardava soprattutto la fame delle popolazioni karimojon e l’assenza di acqua – spiega il direttore Carlo Ruspantini insieme al responsabile del Paese per Cooperation and Development Pier Giorgio Lappo – per questo ci siamo impegnati a costruire oltre mille pozzi e a riabilitare quelli esistenti, garantendo anche la loro manutenzione. Negli anni però le sfide con cui ci siamo misurati sono cambiate: oggi c’è il discorso della formazione e dell’educazione degli abitanti del Karamoja, sempre più alle prese con la globalizzazione e la modernità».
In quest’ottica vanno i progetti come quello avviato alla scuola di Agribusiness di Alito e al centro di formazione professionale di Kobulin, visitati dalle delegazioni in questi giorni insieme al dispensario di Loputuk e al campo profughi di Nyumanzi. L’accoglienza, insieme alla formazione, è infatti l’ultima sfida con cui Africa Mission Cooperation and Development si sta misurando in un campo che, con i suoi oltre 39 mila rifugiati, è il più grande del distretto di Adjumani, a pochi chilometri dal confine con il Sud Sudan.
In questo distretto gli operatori del movimento, in collaborazione con ACAP Sant’Egidio, stanno realizzando un programma, partito nel marzo di quest’anno e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha l’obiettivo generale di ridurre la povertà più estrema e la marginalizzazione sia della popolazione rifugiata dal Sud Sudan sia di quella locale per migliorare l’integrazione e favorire lo sviluppo socio-culturale ed economico.
«È un lavoro lungo e delicato – fa notare Ruspantini – basato su fondamenta molto concrete: quelle di un mondo contrassegnato da privazione e povertà in grado di sviluppare la capacità di saper aiutare chi è ancora più sfortunato».
Tornando alle celebrazioni per don Vittorio, la prima giornata ha visto partecipare 450 persone accorse a vedere i canti e i balli tradizionali e non solo proposti dagli studenti delle scuole di Kasimery, Lopotuk e della primaria di Kangole. Nella seconda giornata il palco è stato per le autorità, i rappresentanti del distretto di Moroto e i missionari che hanno lavorato gomito a gomito con il fondatore di Africa Mission: in questa occasione al parroco piacentino don Maurizio Noberini, che è anche presidente di Africa Mission, è stato donato un montone che resterà nel Centro di Moroto. Il terzo giorno infine si è concluso con una messa karimojon celebrata dal vescovo di Moroto Damiano Guzzetti e da don Noberini davanti a 700 persone.
«È stata una festa magnifica – ha concluso il direttore Ruspantini insieme al presidente di Cooperation and Development Carlo Antonello – ma soprattutto è stata l’occasione per dimostrare l’attualità del messaggio del nostro fondatore: don Vittorio è una presenza viva ancora oggi nello spirito e nelle attività che noi e i nostri giovani volontari realizzano».