Procida – Con una cerimonia molto partecipata, ieri l’altro, è stato intitolato il plesso scolastico di Marina Chaiolella a Don Michele Ambrosino. Alla presenza degli alunni, delle autorità locali e delle maestranze scolastiche, il ricordo del parroco di San giuseppe che tanto bene ha profuso nella sua grancia ma più in generale per tutta l’isola, è stato il liet motiv della mattinata. Del resto, Don Michele, è stata una figura sacerdotale che ha inciso non poco nella vita religiosa e non solo della comunità Basta pensare solo alle dieci vocazioni che sono nate e cresciute sotto il suo dicastero sacerdotale.
Interessante a tal proposito quanto espresso dal vice decano della curia napoletana Don Lello Ponticelli:
“Trovo significativo che sia già il secondo luogo pubblico e importante dell’Isola che custodirà e tramanderà la memoria di un uomo e di un prete cui tutti dobbiamo proprio tanto. Entrambi i luoghi, la Biblioteca Comunale prima e la Scuola ora, ricordano e richiamano il forte influsso culturale che Don Michele ha avuto sia sul versante della memoria, sia sul versante della formazione delle giovani generazioni e quindi del futuro.
Nella sua vita lunga e ricca, è stato da più parti indicato tra coloro che maggiormente hanno inciso nella storia della Procida degli ultimi 50 anni e forse anche oltre; riconosciuto da tutti come vera autorità morale e spirituale, con lui era impossibile non confrontarsi anche perché lui stesso cercava il confronto, con grandi e piccoli. In questo luogo, dove si formano le nuove generazioni, desidero, ricordarlo principalmente come educatore e uomo di cultura.
Don Michele sin da giovane era soprannominato “Don Bosco”, tale era il carisma dell’educatore, soprattutto di ragazzi e giovani . Come Don Bosco spingeva, incoraggiava ciascun ragazzo e ciascun giovane ad esprimere e dare il meglio di sé per essere “un buon cristiano e un onesto cittadino”. Uomo intelligente e colto, ha dato esempio di formazione permanente a tutti i livelli, continuando a studiare fino agli ultimi mesi della sua vita, senza mai smettere di cercare, capire, leggere, scrivere, preoccupato di incoraggiare e promuovere la maturità spirituale e culturale di tutti. Lettore e scrittore, curioso attento e intelligente: leggeva e scriveva tutto quanto lo tenesse ben radicato al presente, all’attualità della vita della Chiesa, della riflessione teologica, di quanto potesse riguardare la vita dell’isola e degli isolani, come a quanto gli permettesse costantemente di capire il tempo presente, senza mai perdere di vista le orme del passato e gli squarci che apriva il futuro.
Ha letto e scritto tanto, poi, in particolare intorno ai suoi grandi amori: Gesù e questi crocifisso, interessandosi di esplorare soprattutto il tema del dolore; e poi la Madonna e San Giuseppe. Vorrei terminare riportando alcune cose che il Cardinale Sepe disse di lui venendo a Procida pochi giorni dopo la sua morte:
“Incontrando diverse volte Don Michele l’impressione sempre avuta è stata quella di un sacerdozio incarnato fortemente in tutta la realtà, non solo isolana, ma in tutte quelle espressioni che sono tipiche della realtà nella quale si vive e che esprimono non solo l’autorevolezza dell’uomo, ma anche di un maestro che ha saputo comunicare con semplicità, con umiltà il Cristo incarnato, il messaggio, il Vangelo, la Parola di Dio incarnata… L’autorevolezza sacerdotale, umana, culturale di questo nostro sacerdote diventa anche per tutta la Diocesi un punto di riferimento per imparare come lui ha saputo vivere e incarnare il sacerdozio di Cristo in mezzo a noi. Abbiamo bisogno di esempi e non bisogna disperdere questa eredità spirituale che ci ha lasciato questo grande sacerdote perché è dall’insegnamento che noi abbiamo ricevuto che possiamo migliorare e quindi vivere anche noi il nostro sacerdozio e la nostra fede cristiana.”