Gino Finelli – Gent.mo Sindaco, mi è sembrato opportuno scrivere questa lettera aperta, non per fare le solite polemiche troppo spesso superficiali e prive di fondamenta culturali, ma per esprimere il mio parere su quanto sta accadendo e per tentare di esporre al meglio delle considerazioni, strettamente legate alla letteratura scientifica e a tutto ciò che si sta facendo per sconfiggere una malattia imprevedibile e imprevista.
Inizio dicendo che nessuno ha colpe concrete, nessuno infatti poteva immaginare e prevedere uno scenario come quello che ci si è trovati ad affrontare, per cui sia i vertici Nazionali che quelli Territoriali, ivi compresi i Sindaci di piccoli e grandi Comuni, si sono trovati coinvolti in una problematica le cui dimensioni erano e sono drammatiche, molto più di una calamità naturale o di una guerra. Ci siamo dovuti confrontare, oltre che con un nemico invisibile, anche con un nemico di cui conosciamo poco o addirittura niente e difronte al quale l’elevato livello tecnologico e le nostre grandi scoperte e conoscenze, si sono dovute inginocchiare. Abbiamo dovuto subire la sua forza deflagrante e la sua inarrestabile ascesa. L’umanità non è certo nuova a simili scenari, l’ultima pandemia che procurò milioni di morti, fu la cosiddetta Spagnola, che ha fatto emergere una serie di indicazioni sulle precauzioni che le autorità sanitarie Nazionali e Internazionali devono prendere in vista di possibili future pandemie virali. L’impressionante mortalità della Spagnola – ha detto Carolien E. van de Sandt,- “è stata il risultato di una complessa interazione tra fattori virali, ospiti e fattori sociali. La comprensione di questi fattori è vitale per prepararsi a una possibile futura pandemia influenzale”. Poneva dunque l’attenzione sulla interazione tra uomo e ambiente. Allora non vi erano le conoscenze di oggi e di certo non si poteva programmare un possibile controllo, ma il mondo scientifico era da tempo a conoscenza della possibilità di una nuova pandemia con caratteristiche simili e con possibili interazioni virali. Ma il mondo, quello dell’evoluzione, della globalizzazione, degli interessi economici, ha continuato a ignorare che la natura si prende sempre ciò che l’uomo ha violato indiscriminatamente sfidando di proposito, questa volta, le leggi dell’armonia che regolano il nostro cosmo. Dunque se colpe vi sono state, di certo esse vanno attribuite a quella politica scellerata che ha ignorato quell’equilibrio, che ha minato il pianeta per uno sviluppo che di sostenibile aveva ed ha solo l’arroganza del potere economico. Ritornando al coronavirus, è evidente che non si poteva fare e non si può fare null’altro che sostenere quel distanziamento sociale, parola peraltro scelta male che sta ad indicare una divisione di classe, se mai bisognava dire distanziamento interpersonale, che ci consente di evitare che il virus si diffonda perché, come oramai è noto, si tratta di un virus che ha necessità per replicarsi di avere una cellula ospite e dunque non è in grado di vivere in un ambiente diverso da quello cellulare. Anche in una piccola realtà come la nostra, peraltro allo stato e per fortuna, libera da contagio, non si poteva che attuare alla lettera un comportamento di civiltà a salvaguardia di tutti e nell’interesse della collettività. Non era e non è necessario fare di più né deliberare in modo inappropriato poiché la scarsa conoscenza del fenomeno a livello globale, non può certo essere interpretata in modo differente in una piccola comunità. Quindi comprendere, accettare e direi obbedire alle linee guida degli esperti non poteva che essere l’unica vera arma. Comprendo che la cittadinanza si è spaventata e spesso ha usato parole inappropriate, chiedendo cose insensate, ma difronte alla vita scattano inevitabilmente scenari apocalittici e prevale quel senso di egoismo tipico delle situazioni critiche. Non tutti sono eroi e non sarebbe d’altro canto giusto immaginare che lo fossero. Si sono create divergenze di atteggiamenti e di posizioni tra opposizione e maggioranza, assolutamente fuori luogo e controproducenti in un simile contesto, quando come si dice “l’unione fa la forza”. Ciascuno attribuisce colpe all’altro e ciascuno ignora quella regola di correttezza che si chiama cooperazione, quella utile per aiutare le popolazioni in difficoltà e per portare soccorso concreto e psicologico. Uno spettacolo che pervade l’intera classe politica a qualunque grado e che è devastante per chi ascolta e chi soffre.
Ho letto in questi giorni e ho ascoltato le sue parole finalizzate a tranquillizzare la popolazione e soprattutto a rendere chiara che l’istituzione svolge la sua parte.
Ma mi perdoni però dover constatare che ogni parola letta o usata non è mai riuscita a spiegare bene quello che la popolazione forse avrebbe voluto sentire. Sarebbe stato opportuno, a mio avviso, convocare tutti i medici del territorio e invitare un infettivologo e, a Procida abbiamo ospite fisso da oltre quarant’anni, il Prof Crescenzo Izzo che è stato Primario e direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Cotugno e che è stato in prima linea in tutte le condizioni critiche del nostro territorio. Avrebbe potuto, certamente senza alcun compenso, dare chiare informazioni, istruire in modo esaustivo i sanitari impegnati sul campo e spiegare, magari utilizzando finalmente in modo positivo, i social e FB, i comportamenti e le caratteristiche della malattia, evitando così confusioni, divergenze insensate di opinioni, facili allarmismi. Insomma costituire una sorta di comitato tecnico finalizzato alla comunicazione e alla conoscenza del fenomeno. Parole dunque dette da persone che hanno lavorato per anni nel campo e che sono i soli ad avere facoltà, in questo caso, di parlare. Invece come sempre tutti e, direi proprio tutti, si sono lasciati andare a opinioni, considerazioni e conoscenze a dir poco superficiali, ma sicuramente non comprensibili e anche pericolose. Mi permetta ancora una volta di rilevare che, quando si ricopre un ruolo istituzionale, bisogna servirsi degli esperti, possibilmente delle eccellenze, perché un paese si guida bene, solo quando si ha l’umiltà di affidare a chi sa le cose da fare, a maggior ragione in questo caso che è l’epifenomeno della necessità di una altissima professionalità e competenza. Da medico ho provato attraverso il canale di TG Procida di dare delle spiegazioni e dei suggerimenti, ma avrei certamente fatto molto di più e offerta la mia totale disponibilità se si fossero create delle condizioni di confronto. Una disponibilità non solo per il mio percorso di vita nel mondo della sanità, ma anche per quella conoscenza di ricercatori e operatori nel mondo dell’infettivologia, da mettere a disposizione dell’istituzione e della collettività. In ogni caso nulla si sarebbe potuto fare di più perché questa malattia terminerà solo quando sarà disponibile un vaccino ampiamente protettivo, un anticorpo specifico o un farmaco capace di impedire la replicazione virale.
E’ anche vero però che una risposta pubblica ben preparata può salvare molte vite umane.
Grazie per avermi letto