Procida – Riapre uno dei gioielli storici dell’isola di Arturo. Palazzo D’Avalos, infatti, dalla settimana prossima sarà di nuovo aperto al pubblico. A darne contezza il consigliere comunale Giovanni Villani, con un lungo post su suo profilo social:
“Il 1 giugno prossimo riapre a Procida il Palazzo D’Avalos: ingresso gratuito dalle ore 10 alle ore 13. Ed ecco “tornare utile” la guida storica e fotografica del Palazzo D’Avalos: da Reggia a Carcere.
Il Palazzo D’Avalos fu ultimato nel 1594, come residenza del cardinale Innico D’Avalos, convertito in bagno penale nel 1830 e definitivamente chiuso nel 1988.
La guida, stampata su carta ecologica, è edita dalla libreria Nutrimenti con foto di Gabriele Scotto Di Fasano. È un’opera curata dall’associazione che gestisce il servizio delle visite: “Associazione Palazzo D’Avalos”.
Ripercorre, passo dopo passo, la visita che, oggi, è possibile effettuare dopo la riapertura al pubblico voluta da quest’ Amministrazione comunale, ed in particolare da Antonio Carannante, con l’aiuto di tanti cittadini volontari.
Con la riapertura del Palazzo D’Avalos “e’ iniziato un percorso di conoscenza e di maggiore consapevolezza del nostro territorio fino allo sviluppo di un senso di piena appartenenza di questo bene all’Isola.”
È doveroso ringraziare gli artefici di quest’opera: Luigi Primario, Loredana Papandrea, Maria Rosaria Trigilio, Raffaella Albero, Carla Vitiello, Erica Lubrano, Rossella Florentino, Vincenzo Giacca Serena Ambrosino.
Oggi il Palazzo D’Avalos non è più ” un’isola nell’isola” ovvero non e’ piu un bene pubblico caduto nell’oblio ma e’ sempre più un bene comune…che apre la strada verso il turismo culturale!
Il percorso di rinascita del Palazzo D’Avalos puo’ rievocare, nella nostra mente, il percorso di rinascita che abbiamo davanti…dopo l’emergenza sanitaria!”
STORIA DEL PALAZZO D’AVALOS
L’ex Carcere dell’isola di Procida è quell’ imponente edificio sul mare, che si vede quando si passa Capo Miseno e l’orizzonte disegna le coste procidane. Costruito sul finire del sec. XVI° per volere del Cardinale Innico d’Avalos dagli architetti Cavagna e Tortelli. Da li poi si sviluppò l’urbanizzazione di terra Murata, e del centro storico dell’isola con il borgo della Corricella, la realizzazione del Convento di Santa Margherita Nuova e abbazia di San Michele.
Il Palazzo Signorile fu dal 1734 confiscato dai regnanti borbonici istituirono a Procida il primo sito reale di caccia divenendo sia per Carlo III, ma in particolare per Ferdinando IV, residenza idelae prima della realizzazione di Capodimonte e la Reggia di Caserta.
Il complesso monumentale, dopo essere stato Palazzo Reale dei Borbone, tra i 22 beni allodiali della Corona, nel 1815 venne trasformato in scuola militare e poi nel 1830 in carcere del Regno con successivi ampliamenti che vennero realizzati dal 1840 per la nuova funzione di bagno penale, all’unità d’Italia carcere di massima sicurezza dello Stato italiano. Nel Carcere di Procida sono stati detenuti Cesare Rosaroll e Luigi Settembrini, e dopo la caduta della repubblica di Salò, dal ’45 al ’50, vale a dire fino all’indulto Togliatti, furono rinchiusi tutti i principali capi della “nomenclatura fascista”, da Graziani, a Teruzzi, a Cassinelli, nonchè Julio Valerio Borghese. Il complesso Monumentale è costituito dal Palazzo D’Avalos, il cortile, la Caserma delle guardie, l’Edificio delle Celle singole, il Padiglione delle Guardie, l’Edificio dei veterani, la Medicheria, la Casa del Direttore, il tenimento agricolo detto la Spianata di circa 18.000 mq. Il fatto che il Palazzo sia stato voluto dal colto Signore del Rinascimento, improntandolo a canoni di bellezza, e abitato da Carlo III di Borbone, re illuminato, fa contrasto con il luogo di pena che poi divenne: oggi una semplice visita lo rivela come un posto unico, un luogo dell’anima, in cui si avverte una forte tensione emotiva. Infatti nell’ex carcere tutto è ancora lì, tra le celle e gli androni rinascimentali, consunto e fermato dal tempo: le vecchie divise, le scarpe sul pavimento polveroso e poi le brande arrugginite, le balle di cotone un tempo lavorate nell’opificio, e finanche il lettino per gli interventi ambulatoriali. Tutto giace uguale a se stesso, ma in fondo no, sotto la bellezza mai davvero decaduta di ampie volte e capitelli. Nel 1978 venne chiuso il carcere vecchio (Palazzo d’Avalos) e nel 1988 definitivamente abbandonato anche il carcere nuovo.