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Si vive oggi per la politica non di politica

DiRedazione Procida

Ott 8, 2020

Gino Finelli – In democrazia, soprattutto quando è in vigore una legge elettorale maggioritaria, vince chi ha più voti. E questo vuol dire che anche con pochissimo scarto, addirittura con un solo voto, si acquisisce il diritto dovere di governare. Una regola elettorale fortemente voluta per evitare quelle situazioni che nel passato portavano a cambi di maggioranza e, nei comuni, ad un continuo ricatto per la elezione del sindaco.

Vince dunque in democrazia maggioritaria chi ha saputo convogliare più voti, ma che una volta eletto, dovrebbe saper mettere da parte la considerazione su chi ha espresso il consenso e chi no e divenire così il sindaco o l’amministratore di tutta la collettività, soprattutto di chi non ha ritenuto di affidargli il mandato.

Così facevano i nostri padri quando la politica era fatta di valori, idee e correttezza istituzionale, quando al perdente veniva affidato il ruolo di garante dell’Istituzione. In quell’epoca, ed era l’epoca del proporzionale puro con le preferenze, ad esempio le presidenze di camera e senato o dei consigli comunali, regionali ecc, venivano affidate all’opposizione garantendo così un equilibrio democratico e il rispetto della scelta popolare che mai era stata e, non lo è ancora oggi, un plebiscito verso uno schieramento.

Altri tempi, altri uomini, altro rispetto della democrazia e dei valori istituzionali.

Poi il Berlusconismo cambiò le regole del gioco e si finì così con l’applicare quella del vincitore che otteneva tutto, dimenticando che una larga parte del popolo non solo non lo aveva scelto, ma che il consenso datogli era una piccola parte rispetto all’elettorato. E ancor di più si pensò anche di cancellare le preferenze dando così ampio mandato al vincitore di scegliersi la classe dirigente e di esercitare su di essa pieno controllo.

Da una democrazia ampia partecipativa e corretta sotto il profilo costituzionale, si è passati così ad una democrazia maggioritaria senza una vera maturità del popolo che, a mio avviso, non solo non ha compreso, ma come sempre ha seguito il carro senza guardare avanti. Eravamo davvero maturi per una democrazia maggioritaria?  E se si perché ci si continua a dividere costituendosi piccoli raggruppamenti politici che ottengono anche consenso?

Anche l’ultima scelta referendaria della riduzione del numero dei parlamentari, avvenuta sull’onda di un sentimento popolare avverso alla classe politica, senza una riforma complessiva del sistema elettorale e del bicameralismo, è stata di fatto una ennesima truffa, un ulteriore colpo alla nostra costituzione e al sistema di equilibrio democratico che era e resta alla base di una vera democrazia.

Dunque in ragione di queste considerazioni, pur condividendo la proposta di Cultrera e comprendendo profondamente le motivazioni politiche e di buon senso, credo e, sono sicuro di non sbagliare, che in virtù della legge di tutto o niente applicata in questi ultimi trent’anni di apparente democrazia, si continuerà a mantenere in piedi il concetto che chi vince prende tutto, qualsiasi sia il risultato ottenuto e qualsiasi siano le ragioni di una vittoria elettorale, dopo aver governato, così modesta sotto il profilo del consenso.

Un grande politico Alcide De Gasperi diceva: “Ci sono molti che nella politica fanno solo una piccola escursione, come dilettanti, ed altri che la considerano e tale è per loro, come un accessorio di secondarissima importanza”.

Oggi si vive per la politica e non di politica. Una realtà in cui gli amici diventano nemici e viceversa in un mondo senza riferimenti e soprattutto senza idee.

Mi auguro davvero di poter scrivere un giorno che mi ero sbagliato nella mia analisi. E se avverrà chiederò scusa. Ma il tempo mi ha dato ragione più volte e credo che non solo non dovrò scusarmi, ma continuare la mia battaglia per salvaguardare valori, idee e cultura.

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