Sebastiano Cultrera – Per i prossimi 5 anni per il Sindaco, la maggioranza e la amministrazione non ci saranno più alibi e mi sembra che i primi ad averne consapevolezza siano proprio loro.
I fantasmi di “quelli di prima” (più volte evocati nei 5 anni passati) si sono materializzati, con tutta la loro (indubbia) consistenza, in una dura campagna elettorale, e sono stati sconfitti. Ma con essi sono stati sconfitti tutti gli alibi legati a quella stagione “di transizione”. Ora Dino Ambrosino e i suoi si confrontano con la storia di questa isola (piccola e modesta storia, magari, ma pur sempre significativa memoria di una epoca) e dovranno mostrare di che pasta sono fatti i loro progetti e quale sarà la loro reale capacità di incidere nel corpo reale della società isolana.
Nei 5 anni passati è stata garantita una onorevole ordinaria amministrazione (tranne qualche sbavatura), ma i problemi dell’isola sono rimasti tutti lì. I problemi di vivibilità e di sviluppo, i problemi infrastrutturali e i problemi di ottimizzazione dei vari servizi, sono rimasti tutti sul tappeto.
Probabilmente era difficile (e pericoloso dal punto di vista del consenso) scalfire le (cattive?) abitudini consolidate dei procidani sul traffico, sull’ospitalità turistica, sulla tutela ambientale e su altri temi. E la “prudenza” di questi 5 anni ha pagato elettoralmente, anche se il vero collante della “riscossa” della Procida che Vorrei (che aveva dato segni di declino) è stato la paura di “ANNIBALE alle porte”. In definitiva il migliore alleato alla conferma di Dino è stato Luigi Muro (con il “gruppo TNT” da lui reclutato).
Ma, tornando al tema, Ambrosino è stato attento a non scontentare gli “umori” della pancia conservatrice dei procidani. E anche alcuni segmenti tradizionalmente conservatori della società sono stati al suo fianco (la maggioranza del mondo della chiesa e della scuola, ad esempio). Ci sarebbero, quindi, tutte le premesse per una “normalizzazione” del sistema che potrebbe ripercorrere parabole politiche del passato. Guido Cennamo fu, per un ventennio e più, il garante della “tranquillità” (nell’immobilismo) di una società che negli altri luoghi cresceva e si evolveva (erano gli anni 60 e 70). Ma Procida di oggi non ha le risorse (marittime soprattutto) di allora. E l’isola non può essere solo intesa come dormitorio e buen ritiro dei marittimi in fase di riposo. Troppe cose sono cambiate e il cambiamento è ancora in atto.
L’altra differenza, istituzionale, è che Dino Ambrosino va verso la fine del suo mandato da sindaco, non essendo più ricandidabile. Allo stato la successione sembrerebbe agile e, prevedibilmente, vincente, a vantaggio della attuale vice sindaca Titta Lubrano, beneficiaria di una larga messe di voti. Ma sarà, comunque, una pratica in più da sbrigare.
Il bivio cui si trova di fronte Dino Ambrosino è quindi questo: puntare a perseguire una tranquilla ordinaria amministrazione puntando a non fare, quindi, troppi errori e non provocare troppi scontenti (anche puntando a una serena “successione”) oppure rischiare e mettersi in gioco puntando a mettere in atto trasformazioni e scelte coraggiose?
Nel secondo caso, per temi come la mobilità, lo sviluppo, nuove infrastrutture e un uso più strategico delle risorse bisognerebbe, partire DA SUBITO. Indico alcune delle priorità che potrebbero indicare un senso di marcia di 5 anni di necessaria trasformazione attiva dell’isola.
Un piano mobilità dovrebbe essere definito ENTRO QUESTO INVERNO (e approvato in consiglio comunale) con alcune chiare indicazioni: 1) in dieci anni azzerati i veicoli a motore privati 2) privilegiare i mezzi elettrici (in sicurezza per le bici ai minorenni) 3) costruire un protocollo d’intesa con la Regione e le società (pubbliche e private) di trasporto terrestre e marittimo 4) integrare il nostro sistema di mobilità con quello dell’area metropolitana di Napoli (sia per il versante flegreo, sia per quello del centro città di Napoli).
Rompere gli indugi su Terra Murata: siamo a circa metà del cammino del piano di valorizzazione e non si è valorizzato un bel nulla. Convocare da subito tutti gli attori PER UNA REVISIONE PROFONDA di quel piano, che va AGGIORNATO alle necessità di oggi. Faccio notare solo un anacronismo su tutti: in fase di RICOSTRUZIONE dell’economia europea è pensabile che la prima cosa da fare sia ABBATTERE circa 5mila metri cubi dell’ex carcere? Credo che proponendo idee e percorsi chiari gli enti coinvolti (a partire dal MIBAC) saranno d’accordo a trovare soluzioni compatibili e economicamente valide.
Chiedere al Governo di ACQUISIRE VIVARA al patrimonio dello stato, gestendola, di conseguenza, come riserva dello stato a pieno titolo. E, collateralmente, fare cessare l’altra ipocrisia di un ente come l’Albano Francescano che vuole essere indipendente e privato nella gestione (anzi ente ecclesiastico) ma che si è dimostrato, nei decenni, incapace di gestire e di difendere i propri beni, finendo per stare sempre col cappello in mano nei riguardi degli enti pubblici. Credo sia bene che la Regione intervenga per una gestione DIRETTA dell’Ente, al fine di assicurare gli assistiti e gli operatori che meritano una sicurezza e delle certezze.
Insomma ci sono cinque anni di cammino importante per l’isola da fare. Il primo miglio cominciamo a farlo subito. Da questo “mattino” si vedrà lo sviluppo della giornata.