Procida – Il futuro dell’ex carcere da decenni occupa la vita pubblica procidana e dal 2015 l’Amministrazione Ambrosino vi ha finanche istituito una delega specifica, a conferma del massimo impegno politico per il suo sviluppo. Questo eccezionale complesso è ovviamente una punta di diamante anche nel percorso avviato con la candidatura di Procida a Capitale Italiana della Cultura 2022. Infatti, con le diverse e rilevanti attività culturali previste nel processo avviato con la suddetta candidatura, il Palazzo d’Avalos è il perno centrale, insieme alle attività ambientale, del piano di sviluppo dell’isola, anche in relazione a tutti i Campi Flegrei. Ieri vi è stato un talk show dedicato proprio a questo tema.
Ne parliamo con l’Assessore delegato, l’Avv. Antonio Carannante.
Da dove iniziamo?
«Dall’inizio appunto: lo abbiamo trovato sostanzialmente chiuso al pubblico e abbandonato. Abbiamo completato un percorso in sicurezza grazie all’arch. Larato, lo abbiamo recuperato grazie a tanti procidani volontari, per aprirlo in pianta stabile affidando alle Associazioni procidani di accompagnare i visitatori. Oggi rappresenta un grande attrattore turistico-culturale per tutta Italia. Questo Bene è tornato alla Comunità dopo anni di oblio.»
Grande attenzione al territorio.
«Certamente. Il pericolo che abbiamo e che vogliamo scongiurare è quello di realizzare un “corpo” estraneo all’isola, con effetti devastanti sotto tanti profili. Così come quello di respingere ogni tentativo di speculazione. E in questi anni abbiamo posto basi sociali importanti affinché non avvenga tutto questo. Siamo partiti dal territorio, coinvolgendo la Comunità che ha risposto alla grande. Basti pensare ai ragazzi delle Associazioni che accompagnano i visitatori, hanno anche realizzato una bellissima Guida.»
Poi vi è la parte economica, molto complessa.
«Si tratta di un investimento intorno ai 90 milioni di Euro, di cui 20-25 milioni di parte pubblica. Abbiamo approvato il Piano particolareggiato a cura dell’architetto Rosalba Iodice, previsto dal PRG: sarà un meraviglioso contenitore polifunzionale di riferimento per tutto il Sud Italia. Vi sarà una parte “ricettiva”, non necessariamente alberghiera, una restante che resterà zona museale e/o per eventi culturali ed artistici ad ampio raggio, e un’altra ancora destinata anche ad attività produttive.»
Quale è la visione politica in tal senso?
«Abbiamo invertito la prospettiva: non la parte ricettiva che deve essere quella trainante, ma tutto ciò che non è ricettivo deve attrarre investitori ed essere produttivo. In pratica i posti letto previsti saranno a sostegno delle attività all’interno del Palazzo: niente albergone che peraltro non sarebbe in armonia col nostro territorio, oltre a subire una inevitabile concorrenza con vicine località che hanno lunga e prospera tradizione in tale settore».
Cosa si è fatto?
«Dopo il Piano Particolareggiato, per verificare se questo progetto è sostenibile economicamente, abbiamo lavorato a gomito a gomito con l’Agenzia del Demanio per la redazione di uno studio di prefattibilità economico-finanziario. Il Comune di Procida per la prima volta ha uno strumento concreto, che indica le cifre occorrenti per riqualificare e quanto eventualmente ci si potrà ricavare economicamente».
Adesso?
«Per la parte pubblica abbiamo avviato diverse richieste. Inoltre abbiamo ritenuto necessario indagare presso il mercato internazionale quali attività potranno essere interessanti per i potenziali investitori e imprenditori, specie per la parte non ricettiva. L’ex carcere sarà prospettato come opportunità d’investimento che ne valorizzi al meglio tutte le sue parti, senza necessaria distinzione tra parti ricettive e non ricettive».
Il Palazzo d’Avalos sarà centrale anche in Capitale della Cultura, se ne è parlato ieri.
«Non poteva essere diversamente. La riqualificazione di Palazzo Avalos rientra appieno in una sezione del Dossier che abbiamo presentato al Ministero denominata ̋Procida inventa̋ proprio perché rientra in un’attività anche creativa. Ieri abbiamo avuto la prova che investendo nella cultura e nella creatività si aprono scenari impensabili. L’importante è avere le idee chiare. Questa è la strada per non creare dei “mostri” sul territorio che significherebbe la fine sociale della nostra isola».
Il futuro è dunque tracciato.
«Penso proprio di si, abbiamo posto base importanti per evitare scempi. Il processo è avviato: capiremo dall’indagine di mercato quali sono i settori non ricettivi che possono investire in questo Bene, e se sono in armonia con la nostra identità sociale e culturale. Successivamente, anche in base ai risultati di questa indagine di mercato si valuterà un Bando internazionale per gli investitori interessati».