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L’editoriale di Gino Finelli: «Avevo ragione »

DiRedazione Procida

Dic 31, 2020

Gino Finelli – Dunque avevo ragione quando nel mese di agosto scrivevo al Sindaco e al Presidente della Regione Campania sollecitando un intervento su quella che avevo definita l’estate scellerata nei comportamenti della popolazione e nella inettitudine di chi gestisce la cosa pubblica nel far rispettare divieti ed applicare sanzioni. Nessun controllo anzi una assoluta anarchia di comportamenti nella totale assenza di disciplina ed ordine e nella assoluta mancanza di vigilanza da parte di chi avrebbe dovuto e potuto far applicare le regole di comportamento. E abbiamo dovuto assistere anche ad atteggiamenti arroganti da parte di chi credeva di essere depositario di conoscenza e di scienza, di chi con indifferenza rispetto alle sollecitazioni, alla prudenza del mondo scientifico, certamente più capace di comprendere situazioni epidemiologiche, ha anche deciso di fare sagre e manifestazioni con l’avallo della Regione che non ha fatto niente per impedirle.

E quando il virus ha di nuovo manifestata la sua presenza e la sua forza, addirittura più violentemente della prima ondata, hanno cercato di correre ai ripari in modo scoordinato, con una assoluta impreparazione e senza la capacità di sapere affrontare una nuova difficoltà sanitaria che, forse alla luce delle loro capacità culturali in campo scientifico, avevano immaginato terminata.

Ecco dunque nuovi morti, nuove scene di disperazione e paura davanti agli ospedali, nuove disorganizzazioni sul piano dell’assistenza ai malati con chiusura di ambulatori, reparti e così via.

E difronte a questo scenario, ancora una volta, proclami di efficienza, capacità, organizzazione.

Avevo dunque ragione quando scrivevo sulla necessità di contenere l’orgia estiva del divertimento, e quando insistevo sulla necessità di organizzare la nostra sanità che da anni è allo sfascio, per l’incapacità di gestione e per l’ingerenza della politica che ha trasformato un sistema unico al mondo, dotato di uomini di grande qualità, in un carrozzone che non riesce da tempo a camminare.

La mancanza di una programmazione ha determinato l’attuale situazione. Strutture fatiscenti e non in linea con i nuovi standard assistenziali, carenza di personale medico e paramedico, gestione non funzionale alla missione, con una idea malsana e assolutamente sbagliata per una sanità di massa, quella di costituire le cosiddette aziende sanitarie.

Ho sempre domandato come può un sistema sanitario pubblico, basato sulla necessità di assistere tutti e tutte le patologie, vivere all’interno di una organizzazione aziendale che per missione ed obiettivo ha quella del profitto. Come potrebbe mai essere possibile controllare una spesa assistenziale in ragione della produttività quando i costi di particolari patologie e la loro cura sono estremamente elevati.  E infine a chi bisognerebbe, in un sistema aziendale produttivo e per quali patologie, fornire i servizi di diagnosi e cura?

Non poteva come principio funzionare e di fatto non ha funzionato, anzi ha prodotto solo danni peraltro disincentivando la classe medica che ha dovuto lavorare in un contesto difficile e spesso arrangiarsi.

Una responsabilità la hanno anche i medici che, difronte a quello che stava accadendo, avrebbero dovuto protestare con fermezza, far valere le loro opinioni e imporre le condizioni.  Ma anche in questo caso la politica ha preso il sopravvento riuscendo a contenere la protesta attraverso false rassicurazioni e promesse mai mantenute, anche di carriera.

E oggi si proclama, si lascia ancora una volta credere che tutto va bene, che siamo i più bravi e che abbiamo strumenti, mezzi ed uomini per superare tutto e tutti.

Affabulazioni vuote di contenuto e lontane dalla verità, una verità che oggi più che mai è divenuta intollerabile per chi soffre di patologie e non ha il Covid,  per chi deve continuare ad essere curato e deve avere una diagnosi o, ancora di più deve essere sottoposto ad un intervento non urgente, per chi deve fare esami di laboratorio di controllo e si vede bloccate le convenzioni con i centri privati e vive la difficoltà di potersi recare in strutture pubbliche.

Un disservizio e una mancanza di organizzazione che richiederebbe le scuse di che gestisce il nostro sistema sanitario.

E non diversamente va nei piccoli comuni dove addirittura si è deciso, improvvisamente, senza avere mai avuta cura di organizzare e definire la medicina territoriale, di scaricare tutto sui medici di base che si sono trovati in una situazione inaspettata senza strumenti e senza personale.

Avevo dunque ragione nel denunciare cosa stava accadendo nella assoluta indifferenza di chi mi leggeva, nella assoluta mancanza di competenza e conoscenza e soprattutto nella arroganza di chi crede ancora di poter essere al disopra di chi conosce e sa.

Spero che non si ripetano più errori del genere e che questa possa essere intesa come una lezione per chi non ha voluto, per incompetenza, arroganza e disprezzo della conoscenza, ascoltare.

Un esempio significativo per comprendere bene dove stiamo andando, a chi abbiamo affidato la gestione della nostra società, quali prospettive e progettualità stiamo costruendo per il futuro delle nuove generazioni, quale il senso che stiamo dando alla nostra vita e al suo valore.

 

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