Gino Finelli – Leggo la notizia dell’arresto dell’Avv. Antonio Carannante, Assessore al Comune di Procida e persona che conosco personalmente e di cui ho apprezzato la sua capacità di scrittore.
Mi stupisce la notizia e mi addolora, ma non è mia abitudine commentare disavventure che spesso possono anche essere ingiuste, e non corrispondenti al vero. Mi auguro davvero che possa far valere le sue argomentazioni e uscire indenne da una situazione certamente rilevante per lui, e la comunità.
Mi farebbe piacere dunque che non vi fossero strumentalizzazioni né atteggiamenti ironici o di violenza verbale, poiché il principio di base della democrazia è innanzitutto il rispetto delle persone e la sua non colpevolezza fino a giudizio finale.
Quando cinque anni fa accadde a Luigi Muro di essere solo oggetto, in questo caso non di arresto, di un accertamento giudiziario, poi conclusosi con il non luogo a procedere per non aver commesso il fatto, molti gioirono dell’accaduto e ebbero anche a manifestare pubblicamente il loro entusiasmo con quel giustizialismo tipico dell’ignoranza e della carenza di educazione e senso civico. In quella circostanza, come in molte altre, ebbi a scrivere della inopportunità della strumentalizzazione, poiché gli avversari politici si affrontano solo a livello politico e mai nel personale. Ciò che capitò fu disgustoso, sia sotto il profilo politico- sociale, che sotto l’aspetto etico morale e fu la prova di una incapacità a non riuscire a differenziare lo scontro politico da quello umano. In quella circostanza la rabbia, la cattiveria frammista ad una insana opportunità, determinata anche dal risultato elettorale di distruggere l’avversario, che per anni non erano stati capaci di far decadere dal suo ruolo, presero il sopravvento e si assistette ad una pagina dequalificante, offensiva e vergognosa della politica procidana.
Fu un momento da dimenticare che avrebbe dovuto essere non solo analizzato, ma per il quale ci si sarebbe dovuto scusarsi e cercare di far comprendere l’enorme differenza che esiste tra uno scontro politico istituzionale e le vicende personali, anche se gravi delle singole persone. Non accadde, e oggi difronte ad una problematica con risvolti anche più gravi, voglio davvero sperare che non si ripetano episodi del genere e che ci si comporti nel rispetto della dignità dell’uomo.
A carte ribaltate invito per questo tutti ad evirare qualsiasi commento e ad attendere i tempi, anche se lenti della giustizia, prima di esprimere un parere sull’amministratore pubblico e soprattutto sull’uomo.
Dobbiamo imparare ad essere capaci di una dialettica non arrogante, offensiva o addirittura lesiva della dignità. Dobbiamo capire che la società in cui viviamo ci porta spesso a ricevere esempi di volgarità e di indifferenza verso l’essere umano, ma noi abbiamo il dovere morale di tentare di opporci a questo modo di dialogare e di far politica e cercare sempre di riportare il discorso sul piano del contraddittorio corretto e propositivo.
Anche in questa vicenda la sensibilità verso l’uomo, in un momento così difficile della sua vita, deve superare qualsiasi contrapposizione e bisogna essere capaci di evitare di scaricare i rancori, la rabbia attraverso una vendetta che oltre ad essere inutile è vergognosa.
Ad Antonio Carannante la mia sincera speranza di superare questo momento e di riuscire a dimostrare la sua estraneità